Può il rappresentante di un Paese periferico, di due milioni di abitanti, irrilevante economicamente e politicamente, in declino demografico commissariare l’esponente dell’Italia, seconda manifattura e terza economia d’Europa, Paese fondante dell’Unione, in seno alla nuova Commissione? Nell’Europa odierna può succedere anche questo. L’informazione italiana ha salutato troppo precocemente la scelta di Ursula von der Leyen di nominare l’ex premier Paolo Gentiloni al ruolo di Commissario agli Affari Economici occupato sinora da Pierre Moscovici, ritenendola una dimostrazione di fiducia per il nuovo corso italiano. C’è chi l’ha definito un premio per l’indubbio credito conquistato da Giuseppe Conte in campo europeo o, addirittura, una ricompensa a Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico per l’estromissione della Lega dal governo. Una doccia fredda è subito seguita quando la von der Leyen ha nominato vicepresidente il falco pro-austerità lettone Valdis Dombrovskis, affidandogli il coordinamento dei commissariati a indirizzo economico, compreso quello di Gentiloni.
L’ex presidente del Consiglio e presidente uscente del Partito Democratico sarà un commissario…commissariato. Supervisionato da un esponente che si è plasticamente adattato ai palazzi di potere di Bruxelles. Garantendo alla Lettonia un surplus di rappresentatività nei palazzi di potere per la leale approvazione dei principi economico-politici dell’austerità,basati sulla matrice teutonica e plasmati ideologicamente dalla Germania di Angela Merkel per poi avere nei Paesi del Nord e del Baltico, nella “Nuova Lega Anseatica” i più zelanti sostenitori. Il fervore pro-austerità, il rigore sui conti pubblici e l’ottuso adeguamento al conformismo eurista degli esponenti di Paesi come Paesi Bassi, Lussemburgo (paradisi fiscali occulti nell’Ue), Finlandia, Irlanda, Estonia, Lettonia e Lituania ha garantito loro margini nelle Commissioni Juncker e von der Leyen, ma potrebbe perfino causare problemi alla Germania a cui, ora, un minimo grado di flessibilità comincia a fare comodo.
E tra questi personaggi Dombrovskis è sicuramente uno di quelli col curriculum più controverso. In primo luogo, il suo peso politico nel suo stesso Paese è risultato fortemente ridimensionato: se nelle elezioni europee del 2014 il suo partito liberalconservatore Nuova Unità aveva superato il 46% delle preferenze (circa 205.000 voti), nel 2019 lo score ha fatto registrare un’emorragia di 20 punti percentuali. Col 26% e 120.000 voti, il partito di Dombrovskis ha un peso relativo cinquanta volte inferiore ai 6 milioni di voti raccolti dal Partito Democratico di Gentiloni nelle consultazioni continentali.
Ma non solo: come fa notare Italia Oggi, il supercommissario economico è stato colpito politicamente in patria da gravi scandali bancari che hanno toccato il governatore della banca centrale, Ilmar Rimsevics, molto legato a Dombrovskis, arrestato alcuni mesi fa dalle autorità di Riga. Questo non ha impedito a Dombrovskis di presentarsi all’Ecofin e all’Eurogruppo di fronte a Gentiloni e al neoministro dell’Economia Roberto Gualtieri per rilanciare il suo “niet” a qualsiasi revisione dei margini di flessibilità, a qualsiasi concessione di maggiori possibilità di deficit per le economie dell’Europa meridionale, a un aumento dello spazio di manovra per Roma. La nomina di Gentiloni, dunque, risulta dimezzata: e se Giuseppe Conte aveva in precedenza negoziato la strategica pedina alla Concorrenza, che appare potenziata dalle grandi deleghe date a Margrete Vestager sul tema del digitale, non è affatto errato affermare che l’Italia gialloverde avesse in prospettiva ottenuto ciò che poi è stato concesso alla più allineata Italia giallorossa.
E quando in autunno partirà la sessione di bilancio comunitaria, il depotenziamento di Gentiloni si farà sentire in tutta la sua durezza: sarà Dombrovskis a dettare la linea, a assommare sulla sua figura, per intenderci, tutte le responsabilità che aveva il disastroso predecessore francese di Gentiloni. L’eccesso di entusiasmo con cui la nomina di Gentiloni è stata salutata lascerà presto spazio a disillusioni e delusioni. Probabilmente non le uniche che subirà l’Italia giallorossa in Europa.