“If you are still awake at the end, and you still want to applaud… Thank you very much!” (“Se alla fine sei ancora sveglio, e hai ancora voglia di applaudire… Grazie mille!”)- di Don Gabriele Mangiarotti

Abbiamo ancora negli occhi e nel cuore l’immagine di Papa Leone che si presenta al mondo nell’inizio del suo pontificato. L’ho visto mentre in una piazzetta olandese con il cellulare mi preparavo a tornare in San Marino dopo una intensa partecipazione alla riunione della FAFCE, insieme a due amici maltesi, con cui condividevamo esperienza e, finalmente, lingua.

Già quell’inizio, quella umiltà coraggiosa nell’annunciare Cristo, aveva mostrato la capacità dello Spirito di sorprendere i cuori degli uomini, sconvolgendo le previsioni invadenti dei giorni precedenti al Conclave. Sembrava di udire l’eco delle parole del grande poeta convertito Clemente Rebora: «La Parola zittì chiacchiere mie»!

E questi primi giorni sono una straordinaria conferma di quella parola che resta e che risponde alle attese del cuore dell’uomo.

Ieri, 12 maggio 2025, l’incontro con gli operatori della comunicazione è stato un momento significativo di quel cammino che attende ora la Chiesa. Abbiamo sentito l’invito: «[chiamiamo] ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini…»

Queste parole ascoltate riecheggiano l’invito di s. Giovanni Paolo II nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale della pace: «Per giungere alla pace, educare alla Pace». «L’educazione alla pace può beneficiare di un rinnovato interesse per gli esempi quotidiani dei semplici operatori di pace a tutti i livelli: sono quegli individui e quelle famiglie che, mediante il dominio delle proprie passioni, l’accettazione e il rispetto vicendevoli, raggiungono la pace interiore e la irradiano; sono quei popoli, spesso poveri e provati, la cui saggezza millenaria s’è plasmata attorno al bene supremo della pace, popoli che hanno saputo resistere spesso alle ingannevoli seduzioni di progressi rapidi raggiunti con la violenza, convinti che simili guadagni avrebbero portato con sé i germi avvelenati di nuovi conflitti. [e non è questa proprio l’esperienza storica della nostra amata Repubblica?]

Sì, pur non ignorando il dramma delle violenze, apriamo gli occhi nostri e quelli delle giovani generazioni a queste visioni di pace: esse eserciteranno un’attrattiva decisiva. Soprattutto, esse libereranno l’aspirazione alla pace, che è costitutiva dell’uomo. Queste energie nuove faranno inventare un nuovo linguaggio di pace e nuovi gesti di pace».

Invito pertanto tutti coloro che sono appassionati alla comunicazione e al suo risvolto educativo a leggere con attenzione il messaggio di Papa Leone.

Proprio però mentre riprendevo queste parole illuminanti del magistero pontificio, commosso anche dalla cordialità umana di questo incontro, ho trovato sui social queste parole del papa prima che fosse papa, e mi sembrano di una attualità e bellezza da tenere in seria considerazione (e ringrazio Leonardo Lugaresi che le ha riproposte nel suo blog: (https://leonardolugaresi.wordpress.com/2025/05/11/padre-prevost-i-padri-della-chiesa-e-la-societa-dello-spettacolo/).

Egli diceva nel 2012: «I Padri della Chiesa offrirono una risposta formidabile alle correnti letterarie e retoriche non cristiane e anticristiane attive nell’Impero Romano e che definivano l’immaginario religioso ed etico dell’epoca.

Le Confessioni di Agostino, con la loro immagine cruciale del cor inquietum [cuore inquieto: «Ci hai creati per te, Signore, e il nostro cuore sarà inquieto finché non troverà riposo in te»], definirono il modo in cui cristiani e non cristiani in Occidente riconcepirono l’avventura della conversione religiosa.

Nella Città di Dio, Agostino sfruttò il racconto dell’incontro di Alessandro Magno con un pirata da lui catturato per ironizzare sulla presunta legittimità morale dell’Impero Romano.

I santi Padri, tra cui Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Leone Magno e Gregorio di Nissa, non furono grandi retori perché furono grandi predicatori: furono grandi predicatori perché furono prima di tutto grandi retori.

In altre parole, la loro evangelizzazione ebbe successo in gran parte perché comprendevano i fondamenti della comunicazione sociale adatti al mondo in cui vivevano. Di conseguenza, comprendevano nei dettagli le tecniche con cui i centri del potere secolare di quel mondo manipolavano le immagini religiose ed etiche popolari del loro tempo.

Inoltre, la Chiesa dovrebbe resistere alla tentazione di credere di poter competere con i moderni mass media trasformando la sacra liturgia in uno spettacolo.

A questo proposito, Padri della Chiesa come Tertulliano ci ricordano oggi che lo spettacolo visivo è il dominio del secolo e che la nostra missione è quella di introdurre le persone alla natura del mistero come antidoto allo spettacolo.

Di conseguenza, l’evangelizzazione nel mondo moderno deve trovare i mezzi adeguati per riorientare l’attenzione del pubblico, spostandola dallo spettacolo verso il mistero».

Non c’è che dire, si riapre il compito per tutti coloro che desiderano incontrare e vivere quella speranza affidabile che ci rende protagonisti nella costruzione della pace e di una realtà umana e civile degna dell’uomo. All’opera, dunque, in compagnia del nuovo pastore!

 

don Gabriele Mangiarotti