Salvatore Merlo fa questa bella intervista a Di Pietro.
Da avvocato contadino e da imputato dice cose non banali sulla giustizia e sui magistrati e sulla separazione delle carriere e sulla presunzione di innocenza. Ad una buona altezza.
Ma poi, interrogato con grande intelligenza da Merlo, dice cose di altezza bassissima su Craxi e Mani Pulite.
Capisco, e’ il suo “capitale sociale”.
Di una parte fondamentale della sua (e della nostra) vita.
Capisco ma non è accettabile. Per niente.
Su Craxi.
Dice che c’era corruzione, che c’erano i conti correnti in Svizzera, non del partito, dice, che era latitante, aggiunge, che aveva detto la verità sui finanziamenti alla politica in Parlamento, ma con ritardo.
E gli statisti arrivano prima non dopo, dice lo “statista molisano”.

Allora.
I conti correnti in Svizzera.
Craxi fu l’unico a dire la verità sul finanziamento illecito della politica. L’unico.
Disse la verità anche sui conti all’estero, intestati a fiduciari, del partito.
Craxi quando si dimise da Segretario li girò’ su un foglio di carta ai successori. Che li rifiutarono.
E poi qualcuno si fece un giro in Procura.
A Milano.
Quindi in quale orbita, non personale, fossero, si sapeva. Altroché.
So per certo che non sono mai arrivati alla famiglia Craxi. Mai.
Stefania ha ereditato solo debiti.
Bobo non è in grado di ereditare nemmeno i debiti.
Mi si torce lo stomaco.
Craxi denunciò non dopo, ma prima di Tangentopoli, la non sostenibilità del sistema di finanziamento della politica.
Nella sua relazione alla Conferenza Programmatica di Rimini del 90 lo disse chiaramente.
Ricordo che nell’89, un anno prima, il Parlamento votò all’unanimità l’amnistia sul finanziamento alla politica.
La differenza fra Craxi e gli altri sta nel fatto che Bettino ha sempre detto la verità, gli altri, quasi tutti, hanno sempre mentito. E mentono ancora.
Giovanni Pellegrino, allora Presidente della Commissione per le autorizzazioni a procedere, ha scritto in un libro, “10 anni di solitudine”, e poi detto in una intervista recente a Francesco Verderami sul Corriere, che la Procura di Milano trasformava le inchieste sul finanziamento illecito in corruzione. Perché era più comodo per Di Pietro e gli altri dichiarare la politica e i partiti tutti corrotti. Così hanno ucciso partiti e politica.
Con Borrelli che si dichiarò “disponibile” verso il Capo dello Stato, per riempire il vuoto che avevano creato.
Con Di Pietro che poi si rese disponibile per il seggio al Senato concesso da D’Alema.
D’Alema, che disse a Pellegrino, preoccupato per la fine dei partiti, che Violante gli aveva assicurato che la faccenda avrebbe riguardato Psi e Dc.
Che infatti sparirono.
Rimase in vita solo il partito di D’Alema che regalò il seggio a Di Pietro. E poi un ministero e poi un partito, Italia dei Valori, unico partito che il Pd di Veltroni accetto’ come alleato, al varo del “partito maggioritario”.
Di Pietro difende il suo “capitale sociale” non la verità.
E scarica tutti gli “eccessi”, sulle campagne mediatiche. Di cui fece grande uso.
Incredibile. E indecente.
Sergio Pizzolante