Oggi il Governatore del Veneto Giancarlo Galan visita la Repubblica di San Marino.
Il Governatore è stato ricevuto a Palazzo Begni da Antonella Mularoni, Segretario di Stato per gli Affari Esteri, e Gabriele Gatti, Segretario di Stato alle Finanze.
Lo scopo della visita è noto: rendere operativo l’accordo a suo tempo sottoscritto fra la Regione Veneto e la Repubblica di San Marino.
Ma chi è Giancarlo Galan?
Una curiosità, in veneziano “Galan” sta per “crostolo”, il tipico dolce carnevalesco.
Giancarlo Galan (Padova, 10 settembre 1956) è un politico italiano.
Si è laureato in giurisprudenza all’Università di Padova e ha ottenuto un master in Business administration alla Bocconi di Milano. Ha lavorato per Publitalia diventando direttore centrale.
Iscritto giovanissimo al Partito Liberale Italiano, nel 1993 viene chiamato da Silvio Berlusconi che vede in lui una pedina importante per la fondazione di Forza Italia a cui partecipa nel 1994. Nello stesso anno viene eletto alla Camera dei Deputati e nel 1995 entra a fare parte del Consiglio regionale del Veneto.
Diventa subito il leader del partito in Veneto, di cui viene eletto Presidente della Giunta Regionale, venendo confermato anche nelle elezioni amministrative per un secondo mandato nel 2000 e un terzo nel 2005.
Alle elezioni politiche del 2006 è stato eletto senatore per Forza Italia nel Veneto, ma il 12 luglio, dopo tre mesi, lascia l’incarico optando per il ruolo di presidente regionale (sostituito da Pierantonio Zanettin).
Viene rieletto in Senato alle elezioni del 2008, dimettendosi per per incompatibilità il 29 aprile 2008 (sostituito da Piero Longo).
E quel che segue è tratto da “L’Espresso” del 7 dicembre 2006
Sulla vetta dell’Olimpo c’è il governatore Giancarlo Galan, “GG”, il Doge. Sta lì piantato come un «colosso di Godi» (è alto un metro e 90) da quasi 12 anni. Da quando, cioè, Silvio Berlusconi lo trasformò da venditore di Publitalia nella punta di lancia di Forza Italia nel Nordest. Dicono i biografi che ormai si disinteressa o quasi delle terrene vicende, dedito com’è a inseguire le sue passioni: pesca d’altura al tonno, buen retiro nel cason in Laguna e ora nella reggia campestre di Cinto Euganeo, ozi sul litorale istriano nella casa sul mare della Serenissima Rovigno. Unico uomo, forse, a cui i veneti non rinfacciano la scarsa propensione al lavoro, tanto da avergli cucito il nomignolo quasi affettuoso di «fancazzista di successo». Ha 50 anni, la sua compagna Sandra Persegato 33, fra poco gli darà un figlio e ha promesso/minacciato di ritirarsi. Se si potrà dedicare ai suoi lussuosi hobby e alle gioie della paternità lo si deve a due motivi: può campare di rendita perché dall’esperienza politica esce più ricco (e lo vedremo) a scorno delle sue lamentazioni per le quali ci avrebbe rimesso; ha messo in piedi una macchina ben oliata che ormai funziona da sola. Poche persone fidate che compongono il sistema. I potenti del Veneto. Un gradino sotto la vetta dell’Olimpo stanno in tre. Enrico Marchi, coetaneo del governatore e come lui nato nel Partito liberale (corrente Altissimo, Galan stava con Biondi), amico di vecchia data, premi con la presidenza della Save, la società che controlla l’aeroporto di Tessera, il terzo d’Italia per volume di traffico. Uno che un giorno si era messo in testa l’idea meravigliosa di assaltare la Gemina, mettere sotto scacco Cesare Romiti, e impadronirsi degli Aeroporti di Roma salvo fallire e battere in ritirata. E poi due ex socialisti convertiti sulla via di Arcore, more solito, come la potentissima eurodeputata di Forza Italia ed ex presidente del Consiglio regionale Amalia Sartori detta Lia, 58 anni, già compagna di Vittorio Altieri, un ingegnere morto tre anni fa e che con Galan condivideva le scorribande in Adriatico, titolare dell’omonimo studio di progettazione. O come Renato Chisso, piazzato nello strategico assessorato alle Politiche della mobilità e infrastrutture. Traduzione: appalti. Ci sarebbe poi un altro uomo di fiducia, il portavoce, quel Franco Miracco, ex giornalista del “Manifesto”, che si occupa però di un settore impalpabile come la Cultura, tanto da essere indicato come l’assessore-ombra (Galan si è tenuto quella delega). Ma quella è un’altra storia. Il livello politico di chi conta, termina, più o meno, qui. Cerchia ristretta. Come ristretta, ristrettissima, è la cerchia delle aziende (livello economico) che fa man bassa degli appalti pubblici. Anche se non sempre presentano le offerte più vantaggiose, anche se variegati sono i campi d’azione. Dalla sanità alle strade, il risultato non cambia, vincono sempre loro. Perché, adesso, non basta ribassare l’offerta, il punteggio complessivo si basa su valori assai più discrezionali come l’affidabilità e la qualità, i veri cavalli di Troia per eventuali favoritismi. Studio Altieri, Mantovani costruzioni e Gemmo impianti, queste tre vincono sempre (sono, per inciso, le stesse tre che hanno acquistato ampie pagine pubblicitarie della pubblicazione monografica “Il Veneto ha cambiato strada” supplemento della rivista “Tempi” e agiografia della giunta). Spesso in cordata con le cooperative, a quote minime. Perché il sistema Veneto del nuovo Doge non è poi così dissimile a quello della vituperata Prima Repubblica e per la pace sociale si accontenta anche la tanto odiata sinistra.
Le aziende sempre vincenti bisogna vederle da vicino e congratularsi perché risultano sempre le migliori. Cominciamo dalla Gemmo impianti di Arcugnano (Vicenza), già devastata da Tangentopoli. Figura nell’elenco, guarda caso, dei finanziatori della prima campagna elettorale di Galan, quella del 1995 con la cifra più alta: 10 milioni, allora si ragionava in lire. Il capostipite è conoscente di vecchia data di Lia Sartori. La figlia, Irene, è invece buona amica del governatore che non ha esitato, qualche mese fa, a piazzarla a capo di Veneto Sviluppo, la Finanziaria regionale, nonostante la sua azienda concorra e come nelle gare della Regione. E se non c e una incompatibilità giuridica, ce n’è una morale. Ma qualunque richiamo al conflitto di interessi non trova orecchie nel partito azzurro. Dopo una storica vocazione negli impianti di illuminazione, la Gemmo è stata folgora dalla sanità, che significa due terzi del bilancio regionale. Da sola o associata con altri, fa la parte del leone per la fornitura di energia a Dolo-Mirano, Bassano, Arzignano, Cittadella, Verona Usl e Verona ospedale. Contratti milionari che durano, in alcuni casi fino al 2015. E aggiudicati con criteri che il nuovo assessore, il leghista Flavio Tosi, ha trovato quantomeno discutibili, tanto da proporre una delibera con la quale si istituisce l’obbligo di bandire gare al massimo ribasso ogni volta che è possibile e comunque di riconoscere al prezzo un peso di almeno il 60 per cento nel giudizio complessivo. In modo da evitare (è successo a Verona) che una ditta di pulizie vinca col 36 per cento di rialzo. Galan avrebbe commentato che era ora che i direttori generali fossero messi sotto controllo. E c’è da chiedersi dove stesse lui quando erano fuori controllo. Ma torniamo alla Gemmo. Gli ospedali, se è redditizio gestirli, immaginarsi cosa significa costruirli. A Schio e Thiene (Alto Vicentino) ce ne sono due a distanza di una manciata di chilometri. Stando a uno studio dell’ingegner Gianni Plicchi di Bologna, l’ammodernamento dell’esistente costerebbe 63 milioni di euro. La giunta Galan ha bocciato la soluzione per privilegiare un’altra via: un terzo ospedale da edificare ex novo a Santorso, località baricentrica, al costo di 143 milioni, più del doppio, 72 dati dal pubblico e il resto con un project financing promosso – c’erano dubbi? – dalla Gemmo, unitamente allo studio Altieri e alla Serenissima ristorazione. Il Doge in persona aveva tuonato in commissione durante uno dei vari passaggi burocratici: «Signori, chi vota contro io metto sulla lista nera». Meglio non mettersi contro l’invincibile armata degli amici del governatore che, del resto, avevano già sperimentato con successo la formula del project financing per l’ospedale di Mestre, affare da 220 milioni di euro di cui 80 a carico dello Stato e 10 della Usi competente. In cambio dello sforzo dei privati, la concessione dei servizi per una durata di 24 anni e un valore stimato in 1,26 miliardi di euro. Una concessione che comprende anche i servizi tecnico-amministrativi di supporto alle attività di radiologia, laboratorio e neuroradiologia. E poi parcheggi, servizi alberghieri, ristorazioni. Con tanti saluti al rischio d’impresa. C’è sempre da guadagnarci se di mezzo c’è il pubblico. Chi promuove un project financing difficilmente si vede sfuggire l’appalto durante una gara. Perché ha studiato la materia e perché agli eventuali concorrenti viene dato sempre meno tempo. Per la Pedemontana veneta, 64 chilometri da costruire tra l’interconnessione con la A13 Valdastico e la A27 Mestre-Belluno, affare quantificato in 2,3 miliardi di euro di cui 243 milioni a contributo pubblico, il bando è stato reso pubblico il 10 novembre scorso e scadrà il 12 dicembre alle ore 12. Poco più di un mese per studiarsi un’opera complessa. Logico che vincerà il gruppo del “project”. Ma da chi è composto? In origine furono le banche. Man mano che si avvicinava il momento di aprire i cantieri ecco che le quote sono passate di mano e compaiono i costruttori. Dall’Impregilo fino ai soliti noti Gemmo, studio Altieri e Mantovani costruzioni. Chi si prende i lavori avrà un contributo pubblico per i prossimi 30 anni col seguente meccanismo: se i pedaggi non garantiranno un introito congruo, se cioè transiteranno sull’arteria meno di 840 milioni di veicoli l’anno, la Regione verserà un contributo di 10,2 milioni di euro ogni sei mesi. Se ne passeranno di più, calerà il contributo in proporzione. Nella Pedemontana, come in tutte le grandi opere, è presente la Mantovani dell’ingegner Piergiorgio Baita, pure vecchia conoscenza di Tangentopoli (assolto, giusto precisarlo). Fa la parte del leone nel Mose, la mastodontica opera che dovrebbe salvaguardare Venezia dall’acqua alta, costo 4,3 miliardi di euro, quasi una Finanziaria da tempi normali. Naturalmente ha i suoi uomini impegnati sui cantieri del Passante di Mestre, l’opera più attesa del Nordest, 750 milioni di euro, 32 chilometri da inaugurare nel 2008 se tutto andrà bene. Dentro c’è anche la Gemmo, of course. Che pure era stata capofila, con grande arrabbiatura dei concorrenti, per la terza corsia dinamica della Tangenziale di Mestre quando non aveva alcuna esperienza in fatto di strade. Sarà utile far notare che, anche per il Passante, non è mai stato preso in considerazione un progetto meno oneroso di una società norvegese che prevedeva un tunnel. L’elenco potrebbe proseguire all’infinito. La Mantovani si è aggiudicata due lotti del nuovo Piano acquedotti (progetto Altieri), del valore complessivo di 300 milioni e la rete di distribuzione del degasificatore. Per non dire del piano integrato Fusina, un complesso sistema di depurazione (500 miliardi di vecchie lire). Attorno, naturalmente, una rete di aziende satellite che ci campano, mentre le altre sono perennemente escluse. E cominciano ad arrabbiarsi, fanno sapere che la misura è colma. Per ora fanno ammissioni a mezza bocca e lasciano trapelare qualche dato oggettivo su cui riflettere. C’è un’azienda che, svenandosi, aveva ribassato fino all’11 per cento l’offerta per ammodernare la linea ferroviaria Adria-Mestre (21.047.404,72 euro) e si è vista sorpassata da un gruppo concorrente (dentro c’è la Gemmo) che aveva ribassato molto meno (attorno al 2 per cento), ma aveva fatto razzia di tutti i punti qualità e affidabilità. C’è un grossista di frutta e verdura che ha perso l’appalto con l’Usl malgrado non abbia avuto alcuna contestazione negli anni di onorato servizio e fosse previsto un congruo punteggio per la vicinanza: è stato battuto da un concorrente milanese. E c’è la fila alla sua porta, giura Giorgio Carollo, ex coordinatore regionale di Forza Italia silurato dalla coppia Sartori-Galan e ora impegnato a rifondare il Grande Centro, «di imprenditori che non ne possono più». Aggiunge: «Solo che io mi sono stufato, invece di lamentarsi con me, andassero dai giudici se hanno qualcosa da denunciare». Carollo avrà anche il dente avvelenato, però esprime un disagio riscontrato e pensa gli tocchi un compito: «Cambiamo noi la classe dirigente prima che ci pensi la magistratura». Galan ha promesso che se ne andrà da solo. Del resto ora tiene famiglia e, prima, ha piazzato già amiche e segretarie, da signore sensibile al fascino femminile. Irene Gemmo alla finanziaria regionale il colpo più grosso. L’ex segretaria Lorena Milanato in Parlamento, l’ex segretaria Barbara Degani in consiglio regionale. Un’altra ex segretaria, Claudia Minutillo, è stata oggetto di un’interrogazione diessina perché a lei farebbe capo la BMC Broker di San Marino cui sono stati riconosciuti finanziamenti regionali. Per non dire della sorella della morosa, Carla Irene Persegato, giunta prima tra varie ironie a un concorso da tecnico comunale a Monselice dopo aver sbaragliato 80 concorrenti tra cui un geometra che da cinque anni lavorava in quell’ufficio con contratti a termine. A Galan stesso non è andata male. Nel modello 740 dell’anno precedente la prima elezione aveva dichiarato 202 milioni di vecchie lire e una proprietà a Milano. Da allora ha sempre denunciato solo lo stipendio da presidente, 140 mila euro lordi. Il che non gli ha impedito un tenore di vita esagerato e una serie di acquisti che vorrebbero ben altro reddito. La nuda proprietà di un appartamento a Milano; un’imbarcazione a motore Boston Whaler Walk Around anno 1991; una imbarcazione a motore Whaler 28 Conquest del 2001; 15.247 azioni ordinarie di reti bancarie. Risulta amministratore unico e titolare al 100 per cento di una società con sede a Rovigno (Croazia) con capitale sociale di 1.173.000 kune (al cambio attuale un euro è uguale a 7,3 kune). C’è da aggiungere la favolosa villa di Cinto Euganeo. A chi gli chiede conto di tanta sproporzione tra reddito e proprietà risponde sbrigativo di essere « ricco di famiglia». Il padre Nelson era uno stimato primario radiologo di ospedale pubblico a Padova e doveva mantenere moglie e tre figli.
Che idea: Veneto City – Il business del futuro si chiama Veneto City. Cos’è? Una sorta di Brasilia del Nordest, una città di 10 mila abitanti da creare dove adesso c’è solo campagna e dove mettere, nelle intenzioni, anche diversi uffici della Regione. Il presidente Giancarlo Galan l’ha già definita un’idea affascinante. Un’idea dell’ingegner Luigi Endrizzi e che ha avuto come primo, principale e convinto finanziatore, Giuseppe Stefanel, detto Bepi, imprenditore di rilievo nel campo dell’abbigliamento, compagno di caccia di Endrizzi e buon amico del governatore. I due hanno cominciato ad acquistare terreni in un area praticamente disabitata che sta tra il casello di Dolo dell’autostrada A4, la linea ferroviaria Padova-Venezia, la stazione Fs di Dolo-Mirano e l’innesto del costruendo Passante Ferroviario di Mestre. In totale fanno 640 mila metri quadri su cui edificare almeno 2 milioni di metri cubi tra uffici, centro congressi, area fiere (tessile, elettronica, meccanica, arredamento e calzaturiero), un centro moda. Questo sarebbe il nucleo. Attorno negozi di medie dimensioni, parcheggi pubblici su 188 mila metri quadrati più altre migliaia di metri ancora da destinare. Endrizzi immagina di invitare architetti di chiara fama come Norman Foster o Renzo Piano a visitare l’area per poi decidere se lavorarci o meno. Il piano decollerebbe se la Regione decidesse davvero di spostare gli uffici. Stefanel e compagni fanno leva sul fatto che Dolo si trova in una posizione strategica e sarebbe facilmente raggiungibile per chi deve sbrigare pratiche nei palazzi pubblici. Molto più raggiungibile di Venezia proprio perché si trova sullo snodo tra ferrovia e autostrada. I posti di lavoro che sarebbero ospitati sono circa 10 mila e bisogna considerare anche tutto l’indotto. Per far combaciare ogni dettaglio è previsto di spostare la stazione di qualche chilometro e i passeggeri sarebbero trasferiti a Veneto City su un enorme tapis roulant. Ci sarà anche una Torre telematica alta 150 metri con ristorante panoramico all’ultimo piano: da lì si controllerà il traffico stradale di tutta la regione. E inoltre: ettari ed ettari pedonali, cinema, un teatro, piscine, centro convegni. Il “satellite ricettivo”, così viene definito, avrà una capacità di mille stanze distribuite in alberghi dalle tre stelle in su. Per ora Endrizzi e Stefanel hanno cominciato ad acquistare il terreno. Rischiando in proprio senza avere nessuna garanzia? Fecero la stessa operazione, che ebbe buon esito, con Padova est dove adesso sorge l’lkea. E a proposito di Padova e località limitrofe, c’è chi si chiede come la città che sorgerebbe dal nulla cambierebbe il destino di un’area molto vasta. Che ci farebbe, nel caso, un altra Fiera a Padova, a poche decine di chilometri di distanza? E un progetto tanto faraonico non drenerebbe, tra l’altro, tutte le risorse pubbliche col rischio che, per esempio, non resti più nulla per le aree dismesse di Marghera? E il polo chimico davanti alla Laguna che destino avrebbe? Tutti interrogativi che meriterebbero approfondimento. Intanto gli imprenditori si sono riuniti nella società Arinum srl e aspettano un segnale dalla politica per partire. Arrivasse quel segnale, si tratterebbe di un affare colossale ed è chiaro che sta già suscitando diversi appetiti. I primi a dover decidere sono i comuni interessati un po’ intimoriti dalla mole un po’ ingolositi dagli eventuali oneri di urbanizzazione.
Reggia con dépendance – Nella geografia della politica italiana è ricomparso il nome di Cinto Euganeo. Ricomparso perché nel paese ha villa un ex presidente della Regione Veneto, quel Franco Cremonese, dc, travolto da Tangentopoli. Giancarlo Galan, l’attuale presidente, qui ha acquistato e ristrutturato villa Rodella. Millecinquecento metri quadrati suddivisi tra il corpo centrale costruito tra fine ‘700 e inizio ‘800 e la parte rustica, successiva con arcate e portoni in legno. Nell’amplissimo parco c è anche una cappella privata. La reggia è stata acquistata e ristrutturata a tempo di record e senza badare a spese. Alcuni invitati (esperti del settore) alla festa d’inaugurazione, coincidente con i 50 anni del governatore (10 settembre), hanno stimato il valore dell’intervento tra i 3 e addirittura i 10 milioni di euro. Per aprire (dice) quando abbandonerà la politica un bed and breakfast nella dépendance, Galan ha costituito una società, la Galatea s.n.c. di cui risulta proprietaria anche la compagna Sandra Persegato. La quale ha fondato anche un’impresa individuale, denominata Al di là del Bisatto (è il nome del canale che scorre a fianco) e che dovrebbe occuparsi, stando alla ragione dichiarata, di “colture miste di cereali e altri seminati”.