Licenziato nel 2007 da un’impresa edile perché, dopo un infortunio sul lavoro, le sue condizioni di salute sono peggiorate e non è stato più in grado proseguire nella mansione di operaio edile specializzato. È l’amara e assurda storia di un lavoratore, la cui causa giudiziaria contro l’azienda, intentata dai legali della CSU, è però andata a buon fine; il giudice del Lavoro, nella sentenza di primo grado, ha infatti dichiarato illegittimo il licenziamento, condannando altresì l’azienda al pagamento delle differenze contributive e retributive maturate.
Una sentenza che segna un’altra importante vittoria sul piano legale del sindacato e dei lavoratori, che va ad aggiungersi ai tre casi di cui abbiamo parlato ieri. Questi i fatti. Nel 2001 il lavoratore ha subìto un infortunio sul lavoro mentre lavorava in un cantiere edile dell’azienda. Da allora, ha alternato periodi di malattia a periodi di lavoro.
Col passare del tempo, per le conseguenze dell’infortunio, il suo quadro clinico è peggiorato, tanto che lo stesso medico del lavoro aziendale ha ritenuto che il lavoratore non fosse più in grado di proseguire nella mansione svolta, in quanto “non idoneo ad attività lavorative che determinano movimentazione manuale di carichi, vibrazioni trasmesse a corpo intero e posture fisse obbligate”. La Commissione medica dell’ISS, dal canto suo, gli ha riconosciuto il 40% di invalidità permanente.
Nel 2007, a seguito del progressivo peggioramento delle condizioni di salute del lavoratore, che non gli permettevano di svolgere la sua mansione iniziale, l’impresa -in maniera del tutto arbitraria e in violazione delle leggi – lo ha licenziato.
Ora, a distanza da alcuni anni, la sentenza del giudice del lavoro ha fatto finalmente giustizia: ha dichiarato illegittimo il licenziamento, in quanto l’impresa deve rispettare la legge che prevede l’obbligo per le aziende con più di venti dipendenti di assumere lavoratori con decifit. Quindi, anziché licenziarlo, doveva trovargli all’interno della struttura aziendale una mansione compatibile con le sue condizioni fisiche, come aveva chiesto il lavoratore e come raccomandavano le prescrizioni mediche. L’obbligo dell’azienda era tanto più lampante considerato che il lavoratore era già dipendente della stessa azienda, e che il peggioramento delle condizioni di salute era avvenuto per un infortunio avvenuto in una cantiere della stessa azienda.
Queste sentenze, che riaffermano l’inviolabilità delle leggi e dei diritti dei lavoratori, auspichiamo abbiano anche un carattere di deterrenza, affinché tutte le imprese siano indotte a rispettare pienamente le norme a tutela del diritto al lavoro.
FULC-CSU
Federazione Unitaria Lavoratori Costruzioni