Immigrazione, Iran-Usa andata e ritorno: il primo cittadino ad aver battuto il decreto Trump

Quando Ali Vayeghan dall’Iran è atterrato negli Stati Uniti, meno di una settimana fa, ad accoglierlo all’aeroporto internazionale di Los Angeles ha trovato solo il personale addetto al controllo immigrazione. Il decreto di Trump per le restrizioni sull’immigrazione era diventato esecutivo da poche ore, mentre lui era in volo tra le nuvole. Una volta a terra ha fatto la lunghissima fila, poi è stato fermato. Ha passato la notte nello scalo, è stato interrogato, infine reimbarcato su un aereo. Viaggio di sola andata via, fuori dall’America di Trump. Ieri, sei giorni e 25mila chilometri dopo, Vayeghan, 61 anni, è tornato a Los Angeles.

Questa volta però al Terminal 2, c’era una folla ad aspettarlo. Sostenitori sorridenti, applausi e incitamenti, palloncini e fiori, avvocati e parenti che hanno combattuto per farlo riammettere in quegli Stati Uniti decisi a combattere il terrorismo con un solo fascio d’erba. Sette i Paesi a maggioranza islamica bannati per almeno tre mesi dal 45º presidente degli Stati Uniti d’America: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Trump ha inoltre imposto un divieto minimo di quattro mesi sui rifugiati in arrivo da qualsiasi Paese.

Il ritorno di Ali Vayeghan è il risultato della decisione di emergenza di un giudice federale che ha ribaltato la decisione del governo. Nelle foto del suo arrivo nella Città degli Angeli, la sua espressione è attonita, sorpresa, accecata dai flash. Quella del vincitore ignaro di un reality show. Vayeghan è un precedente importante, un sasso lanciato contro il decreto Trump sull’immigrazione, e lui la prima persona non ammessa in Usa ad aver vinto la sfida legale contro un ordine esecutivo della Casa Bianca.

“Questa è l’umanità come dovrebbe essere. Così dovrebbero essere i diritti umani. Sono scioccato, onorato e intimorito” ha detto in persiano Ali Vayeghan quando gli è stato chiesto come si sentisse. È stata la nipote a tradurre, lei che è cittadina americana. “Vi prego fate sapere che non sono arrabbiato con nessuno” ha aggiunto commosso, quasi piangendo, “questo è il più grande Paese del mondo”. Schiacciati nella calca di giornalisti a essere fotografati al suo fianco c’erano il fratello, l’avvocato che lo ha difeso, Talia Inlender, e un sorridente sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti. Sono giorni che il primo cittadino californiano definisce inutilmente troppo severe le restrizioni sull’immigrazione. Per Garcetti quella di Vayeghan è una piccola, grande vittoria di fronte a un problema che continua a produrre effetti gravi, e che molto poco hanno a che vedere con la sicurezza nazionale. La Repubblica