Lo scontro fra il governo italiano ed Emmanuel Macron ha raggiunto, ieri, un altro picco. Il richiamo dell’ambasciatore a Roma è stato uno dei segnali più chiari delle crescenti tensioni fra Italia e Francia. Da Parigi non sembra ci siano segnali di distensione. E anche se a Roma qualcuno cerca spiragli, sia in seno alla maggioranza che in sede diplomatica, ora molti attendono che l’Eliseo possa fare una nuova mossa per colpire l’Italia.
Parliamo di una nuova mossa, perché se è vero che il governo italiano ha aumentato il livello dello scontro (ed è chiaro che ci siano delle responsabilità anche di una parte del governo), è anche vero che la Francia non ha mai cessato di colpire costantemente gli interessi italiani. Lo ha fatto sul fronte dei migranti, sul rispetto dei confini nazionali, sulla Libia, sui cantieri di Saint-Nazaire andando a danneggiare Fincantieri, e lo ha fatto anche in sede europea, sia per quanto riguarda la battaglia sul deficit sia blindando l’asse franco-tedesco con il Trattato di Aquisgrana.
Le minacce al nostro sistema industriale
Italia e Francia sono molto integrate fra loro. Ma negli ultimi anni, complice la crisi economica, sono le grandi industrie francesi ad avere preso piede in Italia. E salvo rari casi (ad esempio Luxottica), sono i grandi capitali francesi ad aver rafforzato la loro presenza in Italia, e non il contrario. Tanto che i numeri sono cristallini: i francesi controllano circa 1900 imprese italiane, con 250mila dipendenti. E questo assegna Oltralpe una netta posizione di vantaggio già solo a livello industriale e commerciale.
Un esempio? Parmalat e Lactalis. Con l’azienda francese ha già deciso di spostare il quartier generale di Collecchio in Francia, smantellando uno dei grandi centri tecnici dell’industria casearia italiana. Un esempio che dimostra quanto possa influire lo scontro fra governi anche sul tessuto italiano.
Altro settore a rischio, quello della telefonia. Come spiegato da Repubblica, in particolare preoccupa la “controffensiva sferrata dal socio francese Vivendi per il controllo di Tim, che vedrà il momento clou nell’assemblea convocata per il 29 marzo. Vincent Bolloré, patron di Vivendi, che con il 23,9% è il primo azionista del gruppo italiano, pensa che cedere la rete Tim sia sbagliato. Il governo gialloverde, invece, la vorrebbe fuori dalla società telefonica”. Anche in questo caso, in un settore strategico ed estremamente delicato come quello delle reti telefoniche, la Francia ha un cavallo di Troia per colpire gli interessi italiani in caso di guerra diplomatica.
E per ultimo, c’è il caso Alitalia. Nella seconda metà di gennaio., tutto faceva credere che i negoziati per portare Air France-Klm nella cordata per salvare Alitalia si sarebbero conclusi con una fumata bianca. L’obiettivo era quello di farli entrare insieme a Ferrovie dello Stato per tutelare l’italia dal rischio di una nazionalizzazione completa del settore aeronautico che avrebbe fatto infuriare anche l’Unione europea. Il problema è che ora dovrebbe essere proprio Di Maio a trattare con i manager di Air France. E il vice premier italiano ha scelto una strada del tutto opposta a quella dell’attuale establishment francese.
Le minacce alla nostra sicurezza
Ma non c’è “solo” l’economia a essere il campo di battaglia su cui Macron può colpire l’Italia. Anche sotto il profilo strategico, l’Italia ha due grossi problemi con cui deve fare i conti in caso di innalzamento dello scontro con la Francia. Ed è per questo che da Roma cercano sponde eccellenti in altri contesti, specialmente negli Stati Uniti. Questi due problemi sono la Libia e il Sahel.
Non è un mistero che la Francia abbia fatto di tutto per rimuovere la presenza italiana dalla Libia. Nicolas Sarkozy scatenò la guerra a Muhammar Gheddafi anche con il malcelato interesse di dare un colpo estremamente duro alla strategia italiana, che nel tempo era diventata il primo partner europeo per Tripoli. Dallo scoppio della guerra, Parigi ha cercato in qualsiasi modo di mettere i bastoni fra le ruote a Roma. Lo ha fatto prima puntando su Khalifa Haftar, poi provando a erodere la leadership di Eni. Ma non c’è riuscita, almeno fino ad ora, come confermato dalla Conferenza di Palermo. E in queste settimane, specialmente nel sud della Libia, potrebbe aver ricominciato a tessera la sua trama con l’uomo forte della Cirenaica.