La Boldrini impone il bavaglio. Vuole il buonismo per legge

Lo studio della commissione istituita dalla presidente: “Per evitare l’odio bisogna controllare l’informazione”

Caro Direttore,

 vogliono che le persone siano uccise per strada per la loro opinione politica, come capitato alla deputata britannica anti Brexit Jo Cox? No? E allora è necessario limitare la libertà di espressione, mettere dei filtri a internet, istituire un «gran giurì che garantisca la correttezza dell’informazione».
Sarà lo Stato a stabilire cosa è vero e cosa è falso, cosa si può dire e cosa no, quali parole è consentito utilizzare e quali sono vietate, cosa può essere visto e scritto su internet e cosa debba essere oscurato. Ti sembra eccessivo? Allora sei intollerante, xenofobo, razzista e pure pericoloso. Non è la trama di uno scadente film di fantascienza, di quelli con gli alieni di cartapesta con un faro rosso legato sulla testa con lo spago, ma è il documento conclusivo della Commissione istituita dal presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, per prevenire «i fenomeni d’odio». Il ragionamento logico (se così vogliamo definirlo) del documento è il seguente: esiste una «piramide d’odio» nella quale «stereotipi negativi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, linguaggio ostile» costituiscono la base delle discriminazioni, dei messaggi d’odio e degli «atti di violenza fisica, fino all’omicidio, perpetrati contro persone in base a qualche caratteristica come il sesso, l’orientamento sessuale, l’etnia, il colore della pelle, la religione o altro».

Lo «studio» della Commissione sostiene, in altre parole, che esiste un collegamento diretto di causa ed effetto tra un’informazione «non corretta» e la violenza. Da qui la conseguenza del ragionamento: per contrastare la violenza e gli omicidi dei pericolosi xenofobi che affollano le nostre società è giusto e necessario controllare l’informazione. Ma questa è un’aberrazione pericolosa e un’idiozia di cui ridere se non fosse pericolosa. È una tentazione che la sinistra ha da sempre e che ritorna con forza ogni qual volta la sinistra si trova in difficoltà perché perde consenso tra l’opinione pubblica. Invece di ascoltare la voce del popolo, la sinistra vuole controllarla. Perché per questa gente la democrazia è una bella cosa, ma solo finché la maggioranza dice e pensa ciò che vogliono loro. Se emerge un’opinione non gradita, è sufficiente etichettarla come intollerante, xenofoba, razzista o, meglio ancora, fascista. E il problema è risolto.

Se la Commissione della Boldrini ha un merito è quello di essere talmente grottesca da smascherare il gioco liberticida che la ispira. Così, nella pericolosa categoria degli «stereotipi e false rappresentazioni», la Commissione inserisce anche l’opinione condivisa dal 48,7% degli italiani: «In condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli italiani». Ma questa è una posizione che Fratelli d’Italia sostiene apertamente e che in molte Nazioni evolute è legge dello Stato, come negli Stati Uniti, anche sotto la presidenza del democratico Obama.

Ma, nella relazione conclusiva della Commissione, troviamo, tra le «pericolose» opinioni da correggere, anche molto altro: la convinzione sostenuta dal 52,6% degli italiani secondo la quale «l’aumento degli immigrati favorisce il diffondersi del terrorismo e della criminalità»; la contrarietà del 41,1% all’apertura di una moschea sotto casa e l’opinione negativa sui rom sposata dall’82% degli italiani. Insomma, per la sinistra la soluzione ai problemi come l’immigrazione incontrollata, il terrorismo, l’islamizzazione forzata dell’Europa, la criminalità dei rom e il degrado è molto semplice: basta vietare per legge di parlarne e di scriverne. Cara presidente Boldrini, caro «gran giurì», cari inquisitori del terzo millennio: non credo che il popolo italiano rinuncerà così facilmente alla propria libertà. Noi siamo figli della democrazia greca, del diritto romano e della cultura europea, non delle satrapie d’Oriente o dell’oscurantismo islamico. E ora accusatemi di diffondere «stereotipi culturali».

*Presidente di Ddi-An

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