La lezione di Zelensky a Beppe Grillo

Molti hanno ricordato la somiglianza (non fisica ma politica) fra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo. Entrambi comici, sono entrati nell’agone politico cavalcando l’onda della protesta e il malcontento dei cittadini contro la classe politica.

Popolarissimo nel suo paese, con diverse battaglie anti-corruzione nel proprio breve ma intenso cv politico, Zelensky annunciò di volersi candidare il 31 dicembre 2018. Più votato al primo turno, il 21 aprile 2019 sconfisse al ballottaggio nientepopodimeno che il presidente uscente, Petro Porosenko, ottenendo il 73% dei consensi.

Ma c’è un altro elemento che impressiona: la sovrapposizione, per certi versi inquietante, tra la fantasia e la realtà. In una serie tv, “Servitore del Popolo” (3 stagioni), Zelensky interpretò un professore del liceo che, in modo del tutto inaspettato, viene eletto presidente dell’Ucraina. E nel marzo 2018 fu fondato un partito politico con lo stesso nome dello show, cavalcando la popolarità che quest’ultimo aveva riscosso.

L’aggressione subita dalla Russia ha amplificato all’ennesima potenza l’immagine del presidente ucraino. Chiunque avrebbe corso il rischio di soccombere, stritolato dall’avanzare della guerra e dalla sostanziale distruzione, giorno dopo giorno, del suo Paese. Zelensky non è fuggito negli Usa, o in un altro rifugio dorato: avrebbe potuto farlo, salvando se stesso e la sua famiglia, in primo luogo, e probabilmente guadagnando anche bei soldi. Ha scelto di restare fedele all’incarico ricevuto dai propri cittadini. Si è rimboccato le maniche e, nel bene o nel male, sta guidando il suo popolo in una difficilissima quanto disperata resistenza, che non sapremo dove porterà l’Ucraina ma, di certo, ha fatto saltare i piani ottimistici di Putin, che aveva immaginato una resa repentina di Kiev. Invece no. La guerra ha rafforzato la leadership di Zelensky. L’attore-comico è diventato un simbolo, per certi un eroe – per altri un pericoloso giocatore di poker – ma comunque un leader di primo piano sulla scena internazionale.

C’è una differenza enorme tra Grillo e Zelensly. Entrambi sono partiti, probabilmente, da aspirazioni simili: la voglia di cambiamento, il desiderio di mandare “affan…” i politici, il sogno di dare più voce (e potere) alla gente comune. Idee e visioni spesso bollate come “populiste”, volendo assegnare ad esse un’accezione negativa. Entrambi hanno sognato e alla fine conquistato il potere, sia pure con alcune differenze: uno è stato eletto presidente, l’altro, Grillo, non è mai entrato in Parlamento. E nemmeno al Governo. Ha sempre giocato a nascondersi, a fare un passo avanti e due indietro. A non esporsi, salvo in certi momenti, dicendo la sua ma poi, nei momenti clou, mandando avanti altri, i “Manchurian candidate” (dal film americano del 2004), sia che fossero i Di Maio o i Di Battista, oppure i Conte.

La faccia con cui gli italiani hanno identificato e ancora oggi identificano il Movimento 5 Stelle era la sua, quella del barbuto genovese. Però dopo qualche anno si è svelato il bluff: pur avendo ottenuto il 30% e oltre dei consensi degli italiani il loro uomo non c’è mai stato in prima fila, non è entrato nella stanza dei bottoni, non si è mai sporcato le mani con il potere, quello vero, non quello delle chiacchiere sui social, o sui blog, e i comizi più o meno affollati buoni a catturare like e voti. Governare è un’altra cosa e Grillo non l’ha mai fatto (o voluto fare).

Zelensky invece è andato fino in fondo ed ora, per uno strano scherzo del destino – o forse anche per errori suoi – si trova a dover affrontare una guerra spaventosa. Il suo omologo italiano, fondatore di un movimento che ha raggiunto percentuali impressionanti, ora è l’ombra di se stesso. Non si espone, non dice nulla sulla guerra (possibile?). Certo, ha qualche problema (guai giudiziari del figlio), ma un profilo più basso di così non si può. Magari ci smentirà e presto dirà la sua sull’Ucraina e sulla Russia. Ne prenderemo atto. Resta, la sua esperienza politica, una grande incompiuta. O, forse, un clamoroso bluff. La verità, come avviene nelle democrazie, verrà scritta dal voto dei cittadini. E da ciò che scriveranno, un giorno, gli storici.


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