La Riforma IGR a San Marino: tra tasse, ambizioni, critiche e “bacchette magiche” guaste… di Enrico Lazzari

San Marino, culla di libertà e di bilanci da far quadrare con l’abilità di un giocoliere, è alle prese con la riforma dell’Imposta Generale sui Redditi (IGR). Un tema che scalda gli animi e riempie le piazze virtuali di pareri contrastanti. Il Segretario di Stato Marco Gatti (Pdcs) – essendone il “padre” – guida la carica, dipingendo la stessa riforma come un passo verso un sistema fiscale più equo, trasparente e sostenibile, con un occhio attento a recuperare basi imponibili, specie dai redditi esteri prodotti sul Titano. Un progetto ambizioso, che cerca di bilanciare le esigenze di un’economia fragile con la necessità di un fisco moderno. 

Ma, come prevedibile, non tutti cantano nello stesso coro. E tra le voci, spicca quella di Rete, che con un recente comunicato propone soluzioni che sembrano più un sogno che una strategia. 

Ma il Movimento non è solo… Prepariamoci, quindi, a un viaggio tra promesse, critiche e qualche idea che sfida la realtà. Le posizioni in campo alternative a quella del Segretario di Stato alle Finanze sono tante, tutte accomunate d aun unico comun-denominatore: paghino gli altri!

Il governo, con Marco Gatti in prima linea, non ha dubbi: la riforma IGR è una necessità, non un capriccio; dopo dodici anni di immobilismo fiscale serve un sistema che garantisca equità e sviluppo, senza gravare troppo sui cittadini. Gatti parla di dialogo aperto, incontri con parti sociali e categorie economiche, e un testo che, una volta depositato in Consiglio Grande e Generale, sarà affinato con cura. L’obiettivo? Un fisco che funzioni, che recuperi risorse senza spremere i sammarinesi come limoni. Un discorso che, almeno sulla carta, suona ragionevole, soprattutto in un Paese che deve guardare al futuro senza perdere di vista il presente, caratterizzato da un debito pubblico non drammatico ma non trascurabile. 

In ogni caso, per il Governo, il cammino non è tutto rose e fiori. Rete si lancia in una critica feroce, accusando la riforma di colpire lavoratori e pensionati, e propone di risolvere tutto incassando i crediti non riscossi dello Stato. Milioni di euro, dicono, che salverebbero il bilancio senza tassare i più deboli. Un’idea che brilla come una stella, ma che rischia di spegnersi al primo contatto con la realtà. 

USL (Unione Sammarinese dei Lavoratori) chiede equilibrio, implorando di non toccare i redditi da lavoro, già provati da anni di inflazione galoppante. CSdL (Confederazione Sammarinese del Lavoro) alza il tiro, denunciando prezzi alle stelle a San Marino – più alti che a Rimini – e un impatto insostenibile sui redditi bassi. DML (Domani Motus Liberi) invoca trasparenza e confronto, quasi a dire: “Non fateci ingoiare una riforma senza discuterne”. Osla (Organizzazione Sammarinese degli Imprenditori) mette in guardia: aumentare le tasse rischia di soffocare un’economia già fragile, e serve un piano per attrarre nuova ricchezza, non per strizzare quella esistente.Tra fragilità economica e necessità di cautela
E io, può il sottoscritto non dire – anzi ribadire – la sua? No, son qui a scrivere apposta… San Marino, reduce da un’inflazione pesante che ha già eroso il potere d’acquisto delle famiglie, non può permettersi una riforma dell’IGR che soffochi ulteriormente i consumi. L’obiettivo primario dovrebbe essere chiaro: mantenere i conti pubblici in ordine, sostenibili e, al tempo stesso, evitare un crollo della domanda interna, non aggravare la situazione togliendo altro ossigeno ai contribuenti. Qui entra in gioco un principio keynesiano: se le tasse salgono troppo, la riduzione del reddito disponibile strangola la spesa delle famiglie, abbatte la domanda aggregata e rischia di trascinare l’economia in una spirale recessiva che, conseguentemente, ridurrebbe il gettito fiscale per le casse pubbliche. 

In un contesto piccolo e dipendente dai consumi come il Titano, un errore del genere potrebbe rivelarsi fatale. La riforma deve puntare a stimolare, non a deprimere, una ripresa già fragile. Un quadro vivace, dove ognuno ha qualcosa da dire, ma le soluzioni concrete – anche da parte mia, ma a mia scusante ricordo che non ho una formazione tecnica in materia – scarseggiano. Eppure, il governo sembra voler ascoltare tutti, e questo è sia un punto a favore che, a mio parere, a sfavore: ogni compromesso annacqua ogni riforma riducendone, nella migliore delle ipotesi, l’efficacia. 

Sta di fatto che la riforma, per quanto imperfetta possa rivelarsi, è un tentativo di affrontare problemi reali, non di nasconderli sotto il tappeto, affidandosi poi alla “baccheta magica” con cui – Sim Sala Bin!!! – incassare sia tantissimi like social che  i “crediti fantasma”. Ed eccoci al cuore pulsante di questa storia: il comunicato stampa di ieri di Rete, fresco come un venticello estivo ma altrettanto evanescente. 

Con il tono di chi ha trovato la chiave per il paradiso (fiscale), il movimento denuncia la riforma IGR come un attacco a lavoratori e pensionati. La loro proposta? Incassare i crediti vecchi dello Stato. Milioni di euro, a loro dire, pronti a salvare il bilancio pubblico senza bisogno di nuove tasse. Sembra una trovata geniale, quasi da standing ovation. Peccato che sia più vicina a una fiaba che a una strategia. Immaginatevi la scena: lo Stato che, armato di buone intenzioni, bussa alla porta di contribuenti nullatenenti o vaga cercando la sede legale di società fallite da anni, con un sorriso e una richiesta: “Ehi, quei soldi che ci dovete, ce li date?”. La risposta più probabile è un’alzata di spalle, o magari una risata amara. Perché quei crediti, cari amici di Rete, non sono un tesoro nascosto in una caverna: sono spesso carta straccia, sepolti sotto strati di burocrazia, procedure legali lente come una processione e una realtà che non perdona. Recuperarli tutti, o anche solo una frazione significativa, è un’impresa titanica che – anche ove concretamente possibile – richiede tempo, risorse e, diciamolo, un pizzico di magia. 

Rete lo sa, o almeno dovrebbe. Eppure, insiste nel vendere questa soluzione come la panacea di tutti i mali, senza spiegare – ovviamente – come trasformare questi crediti in moneta sonante. Non vedo l’ora di essere sbugiardato, perchè se fosse possibile risolvere ogni problema delle casse pubbliche in quel modo sarei io ad armarmi di gesso e cazzuola per costruire sul Pianello una statua in loro onore! Per ora, se dovessi farlo, però, potrei soltanto imitare Maurizio Cattelan e la sua famosissima e unica “L.O.V.E.”…

E non è tutto. Il movimento sembra convinto che basti questa mossa per evitare ogni aumento di pressione fiscale. Nessun piano alternativo, nessuna strategia a lungo termine. Solo la promessa di un forziere pieno d’oro che, a ben guardare, potrebbe essere vuoto. È come se un generale, davanti a un esercito nemico, dicesse: “Tranquilli, abbiamo un’arma segreta, ma non vi dico qual è”. Applausi, ma poi?

Immaginiamo per un momento che Rete presenti la sua riforma ideale. Articolo primo: tasse giù per tutti, perché siamo buoni. Articolo secondo: entrate alle stelle, grazie ai crediti recuperati. Articolo terzo: tutti felici, brindisi in Piazza della Libertà. Ma, scusate, manca un dettaglio fondamentale: come fare. Chi voterebbe una proposta del genere? Forse qualche sognatore con il cuore pieno di speranze, o chi crede ancora che i soldi crescano sugli alberi del Parco Ausa. Ma i sammarinesi, con bollette che pesano e prezzi che volano, non sono ingenui. Sanno – almeno coloro che no sprecano like a caso su Facebook – che una riforma senza fondamenta è come un castello costruito sulla sabbia: bello da vedere, ma destinato a crollare.

E c’è di più. Anche ammesso che si riescano a recuperare quei crediti – ipotesi ottimistica – si tratta di un’entrata una tantum. Finirebbero, e poi? Si torna al punto di partenza, con un bilancio in rosso e nessuna idea su come “tinteggiarlo” di verde. 

Le pensioni non si pagano con i sogni, né le scuole si finanziano con promesse vaghe. Serve una visione che guardi oltre l’orizzonte, non un trucco da prestigiatore. 

Non fraintendiamoci: la riforma IGR serve, eccome. San Marino non può vivere di rendita, né nascondersi dietro la sua piccolezza. Il governo, con Marco Gatti al timone di questa nave che cerca il porto della riforma IGR, sta provando a fare un passo avanti, e questo va riconosciuto. Il dialogo con le parti sociali, la volontà di affinare il testo in Consiglio Grande e Generale, l’attenzione ai redditi esteri: sono segnali di un approccio che, pur con i suoi limiti e le sue enormi criticità legate al “compromesso”, cerca di affrontare i problemi con serietà. Certo, non è perfetto. Le critiche di Rete, USL, CSdL e gli altri non è giusto relegarle all’oblio di semplici lamentele: mettono il dito su una piaga reale, quella di un’economia fragile che non può permettersi passi falsi.

Ma la soluzione non è sparare proposte irrealizzabili. Rete, con tutto il rispetto, deve scendere dal carro delle idee brillanti e salire su quello del pragmatismo. E con lei tutti gli altri attori di questo film. 

Recuperare i crediti? Benissimo, ma ci dicano come. Con quali azioni, con quali tempi, con quali garanzie (o percentuali) di successo. Altrimenti, è solo fumo negli occhi dei più stolt… ehm, distratti. I sammarinesi meritano di più. Meritano una riforma che bilanci equità e sostenibilità, che protegga i consumi senza ignorare le esigenze di bilancio. Meritano un governo che ascolti ma che sappia assumersi la sua responsabilità e “tirare dritto”, ma anche un’opposizione che proponga soluzioni, non sogni. 

San Marino non ha bacchette magiche in dotazione. La riforma IGR è una sfida che richiede lavoro serio e tecnici preparati ed autorevoli, non proclami. Marco Gatti e il Governo hanno aperto la porta al dialogo: ora tocca a tutti, Rete compresa, entrare e costruire qualcosa di concreto, equo ed efficacie. Perché i castelli di carta, si sa, durano poco. E voi, sul Titano, come la storia fa ancora vedere al mondo oggi, preferite le torri di pietra.

Enrico Lazzari