
In questi giorni ha tenuto banco il dibattito consiliare sulla Giustizia. Ho letto di alcuni interventi svolti nell’aula consiliare, sia di maggioranza che di opposizione. E’ stato un dibattito in punta di fioretto, tranne qualche eccezione, che c’è stata, bisogna darne atto. Ma d’altronde è comprensibile perché la materia è molto delicata, anche perché in questi ultimi anni gli accadimenti, lo scontro interno al Tribunale e le denunce incrociate tra magistrati, hanno reso il terreno scivoloso ed è estremamente facile rischiare di farsi male.
Per mio piacere personale mi sono andato a rileggere uno scritto di Pietro Franciosi titolato: ”Per la riforma delle leggi penali”. E’ un intervento del 6 aprile 1919. Ne estrapolo letteralmente alcuni passi: “A San Marino le discussioni riflettenti le riforme dei Codici passano nell’indifferenza. Ne discutono poche persone: gli avvocati e i professionisti della legge. Il cittadino ignora e tace, salvo, quando alla prova, sente la puntura e il danno, e allora esclama sorpreso: Ah! Quali leggi abbiamo in Repubblica?…
…Anni orsono fu nominata una commissione di avvocati per studiare le possibili riforme. Oggi non si sa neppure di quali elementi fosse composta tale commissione. Ed il peggior augurio che possa farsi a un cittadino è quello di avere a che fare coi Tribunali, specie se per caso abbia ragione….
La difesa nelle vigenti leggi non è concepita come una funzione superiore sociale, uguale, anzi superiore a quella del giudice: condannare è facile, difendere è umano. Ma il difensore è guardato come un insidiatore eterno e come tale è tenuto in sospetto e messo in quarantena. Nel Codice di procedura sopravvive quell’avanzo di barbarie medioevale, che è il segreto istruttorio – una forma di inquisizione – in cui l’imputato può essere colpito nell’ombra (dove complottano tutte le viltà) senza aver modo di discolparsi efficacemente…”
Sono passati 101 anni e molte cose da allora sono cambiate, ma a leggere attentamente quello che scriveva Franciosi neppure tanto. Ad esempio, quella che Egli nel suo scritto definisce “una forma di inquisizione”, cioè il segreto istruttorio, è tutt’oggi presente nel nostro Codice di Procedura Penale, tanto è vero che è stato oggetto di approfondito dibattito nel corso di un forum organizzato dalla Camera Penale, mi pare nel 2012, che ne ha rilevato, cento anni dopo Pietro Franciosi, l’anacronismo medioevale.
Ora è evidente a tutti che sia necessaria una riforma della Giustizia moderna, di buon senso, che tenga conto delle specificità del nostro Paese che rimane una realtà di poco più di 30.000 abitanti.
E’ necessaria anche perché deve essere dissolta con fermezza la confusione che si è venuta a creare nella magistratura sammarinese e che di certo è dannosa per la sua stessa credibilità verso i cittadini e per l’immagine della Repubblica.
Non occorre un semplice ritocco di facciata ma una riforma vera, perché uno dei capisaldi della democrazia di uno stato è di certo il funzionamento della Giustizia nel rispetto e nell’affermazione dello stato di diritto.
In verità, dopo il dibattito consiliare, non ho ben capito che cosa si voglia fare; che strada si voglia intraprendere. Anche perché l’ordine del giorno approvato è abbastanza sibillino e come al solito, può dire tutto ma può tradursi in nulla. Come sammarinesi auguriamoci sia una cosa seria!
Augusto Casali