Nella chiesa di San Michele a Rovezzano si è tenuto un funerale carico di significato per la storia d’Italia. Elisabetta Baldi, vedova del compianto Antonino “Nino” Caponnetto, è stata accompagnata nell’ultimo viaggio da una folta schiera di figure illustri. Tra di esse, Giancarlo Caselli, ex procuratore di Palermo, ormai anziano e sorretto da un bastone, e Fernando dalla Chiesa, figlio del generale dei carabinieri Carlo Alberto, assassinato dalla Cosa Nostra il lontano 3 settembre 1981. Erano presenti anche i figli, i nipoti e molte altre personalità che hanno pagato un prezzo elevato per il loro impegno verso la trasparenza e la giustizia.
L’immagine della “Nonna Betta” mi porta immediatamente con la mente ai primi anni duemila, nella Repubblica di San Marino, quando parlare di mafia era un tabù. E chi lo faceva era additato come nemico della Patria. Eravamo in pochi, pochissimi ad occuparci di questi scottanti temi.
Ricordo l’impegno dei ragazzi di “Sottomarino”, le serate con l’amico Pino Maniaci.
Le querele, le minacce, fino ad arrivare alle accuse più becere, col solo fine di screditare e bloccare il lavoro di inchiesta portato avanti con sudore e fatica.
Molti di noi hanno vissuto in prima persona gli effetti della lotta per la verità, pagando un prezzo immane sulla propria pelle.
Ne è valsa la pena? Oggi la Repubblica di San Marino ha compiuto passi da gigante dimostrando un impegno concreto per contrastare la criminalità organizzata.
Si partiva da una economia opaca, dalle fondate accuse di paradiso fiscale, per approdare nel 2023 alla negoziazione per l’associazione alla Ue!
Ne è passata davvero di acqua sotto i ponti e credo che in tanti abbiamo contribuito nell’inserire un mattoncino per la costruzione della “casa di vetro”.
Se guardo a cosa è oggi il Tribunale, all’imponente lavoro del Dirigente Canzio, alla stessa Banca Centrale, a tutti gli altri uffici di controllo, posso affermare che parte della battaglia è stata vinta.
Una guerra non facile, visto che molto spesso – come abbiamo visto – i nemici si annidano perfino all’interno delle Istituzioni e riuscire a fiaccare chi detiene un potere enorme e appare intoccabile comporta dei rischi. Non a caso in tanti preferiscono e hanno preferito farsi irretire, piuttosto che esporsi in trincea.
Tuttavia, è indispensabile comprendere che chiamare “mafia” ciò che non è tale, può rivelarsi controproducente per il Paese. È necessario distinguere con chiarezza quanto è reale e concreto, essere attenti nell’utilizzo di questo termine, poiché la sua eccessiva diffusione può portare ad una banalizzazione del problema e a un indebolimento del contrasto effettivo alle organizzazioni criminali.
L’appello che mi sento di lanciare è di non utilizzare la mafia quale speculazione politica o argomento da campagna elettorale.
Di certo dobbiamo dotarci sempre più di strumenti, uomini, mezzi, leggi all’avanguardia.
Le stesse preoccupazioni della Commissione preposta non devono cadere nel vuoto.
Ma non dimentichiamoci che il Titano è uno Stato virtuoso e assolutamente integrato nell’Europa.
Allo stesso tempo nessuno è immune alle infiltrazioni, non lo è l’Italia, come non lo è la Germania.
Nel ricordare la figura della vedova di Caponnetto, emergono ricordi di una donna coraggiosa e generosa. Dopo la morte del marito, si dedicò a girare le scuole d’Italia per trasmetterne la memoria e non si stancò mai di parlare della mafia, portando avanti i valori di integrità e forza che hanno caratterizzato i momenti di solitudine quando Nino era impegnato a guidare il pool antimafia a Palermo.
Ecco, questo è l’esempio da seguire. Serve un’opera di educazione e prevenzione, a partire dai giovani, perché la mafia è anche e soprattutto una condizione mentale.
La storia di Betta e Nino ci insegna che la guerra alla mafia è un impegno che non si esaurisce mai, che richiede il coraggio di non arrendersi, di continuare a combattere per una società libera da malavita e corruzione.
Mentre diciamo addio alla Nonna Betta, dobbiamo ricordare il suo ruolo fondamentale e il dovere che spetta a ognuno di noi di fare la nostra parte in questa missione.
Antonino Caponnetto lo aveva compreso benissimo: “Ragazzi, godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova Resistenza, la Resistenza dei valori, la Resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli. State attenti, siate vigili, siate sentinelle di voi stessi! L’avvenire è nelle vostre mani. Ricordatelo sempre!”.
David Oddone