Liberiamo un muro da un crocefisso e portiamolo a Gaza dove centinaia di migliaia di esseri umani si trascinano come bestie sulle macerie di bombardamenti al fosforo. Hanno perduto amici, figli e parenti, maciullati da armi proibite che ne hanno tagliato le gambe e le braccia; hanno sepolto centinaia di bambini; hanno assistito ad uccisioni a freddo. Sono soli: nessuno li aiuta ad alzare la voce della giustizia e della verità, la sola arma dei miti e degli oppressi contro la forza bruta e la menzogna.
Nella visita pastorale in Terra santa della primavera del 2009, monsignor Ratzinger disse “no” a Gaza flagellata e si recò al muro del pianto: visitò il Museo dell’olocausto e rifiutò una piccola parrocchia cattolica di Gaza, che insistentemente, assieme ai religiosi superiori, gridò al papa fino all’ultimo “vieni a Gaza”.
Noi occidentali facenti parte delle democrazie cristianizzate e alcaponizzate, coperti dal perdono di dio, come sempre ce ne freghiamo dei crimini altrui, e la buttiamo in risata anche quando arrestano Provenzano e lo trovano con le immagini dei santi in mezzo ai pizzini.
Per me non è particolarmente importante se togliere o no il crocefisso, perché lo sento dentro di me e perché in quel muro, che voglio lasciare bianco, possa scrivere “ama il prossimo tuo come te stesso”.
Per quello che riguarda la risposta della Corte europea dei diritti dell’uomo alla richiesta della signora Lautsi, è assolutamente in linea con la legislazione che l’Italia ha sottoscritto. La Corte, infatti, ha risposto con le parole dell’articolo del protocollo addizionale alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 1952, sottoscritta anche dallo stato italiano, che sancisce che lo stato nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento deve rispettare il diritto dei genitori di assumere tale educazione e tale insegnamento in modo uniforme alle loro convinzioni religiose e filosofiche.
Luciano Moretti