L’Italia “sdogana” prostituzione e bordelli: inserito il codice Ateco per escort e servizi sessuali

A partire dal 1° aprile 2025, l’Italia ha introdotto una novità significativa nel sistema di classificazione delle attività economiche: il codice Ateco 96.99.92, denominato “Servizi di incontro ed eventi simili”. Questo codice include attività quali accompagnatori e accompagnatrici (escort), agenzie di incontro e matrimoniali, fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione, e organizzazione di incontri e altre attività di speed networking.

L’introduzione di questo codice mira a far emergere dal sommerso un settore che, secondo l’Istat, nel 2022 ha generato consumi per 4,7 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 4 miliardi, contribuendo così al calcolo del PIL nazionale . Dal punto di vista fiscale, le persone che esercitano volontariamente attività di escort o simili possono ora aprire una partita IVA specifica, regolarizzando la propria posizione tributaria.

Tuttavia, l’iniziativa ha sollevato diverse polemiche. In Italia, la prostituzione è legale solo se esercitata in modo autonomo e volontario; sono invece reati lo sfruttamento, il favoreggiamento e l’organizzazione di attività legate alla prostituzione . Critici sostengono che l’introduzione del codice Ateco 96.99.92 possa creare un conflitto tra la legittimazione fiscale di certe attività e le norme penali vigenti.

L’Istat ha precisato che l’adozione del codice 96.99.92 deriva dalla necessità di allinearsi alla classificazione statistica europea NACE Rev. 2.1, che include anche attività non legali per garantire la comparabilità dei dati tra i Paesi dell’UE. Tuttavia, l’istituto ha sottolineato che, a livello nazionale, il codice si applicherà solo a operatori economici che svolgono attività legali, come agenzie matrimoniali e di speed dating.

Il dibattito rimane aperto. Da un lato, l’iniziativa potrebbe rappresentare un passo verso la regolarizzazione fiscale di attività finora marginalizzate; dall’altro, rischia di legittimare pratiche che la legge italiana considera reati. La questione solleva interrogativi più ampi sul rapporto tra fiscalità, legalità e diritti individuali, e potrebbe richiedere ulteriori interventi legislativi per chiarire e regolamentare il settore in modo coerente con i principi giuridici e sociali del Paese.