Medio Oriente, Israele: Netanyahu conferma il piano d’occupazione di Gaza condiviso con Trump. L’Idf riduce i militari e cancella l’emergenza bellica

Nel cuore di una crisi che si protrae da mesi, il governo israeliano ha preso una decisione drastica riguardo alla Striscia di Gaza: il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato l’intenzione di occupare l’intera area, segnando una svolta militare e politica. Mentre l’esercito israeliano (Idf) ha ufficialmente cancellato lo stato d’emergenza bellica in vigore dallo scorso ottobre e comincia a ridurre il numero di militari impiegati, le tensioni tra vertici politici e militari restano altissime.

Secondo quanto riportato da fonti interne all’ufficio del premier, la scelta di avanzare nell’occupazione di Gaza è stata definitiva. L’obiettivo dichiarato è chiaro: liberare gli ostaggi detenuti da Hamas, visto che nessun rilascio è previsto senza una resa totale del gruppo fondamentalista. Il governo israeliano teme che senza un’azione immediata i prigionieri moriranno di fame e la Striscia resterà sotto il controllo dei terroristi.

La notizia, sebbene non ancora ufficiale, è trapelata poco prima del telegiornale serale più seguito in Israele, evidenziando come l’indiscrezione abbia il sostegno degli ambienti più alti del potere. Il via libera sarebbe arrivato anche da Washington: dopo la recente visita dell’inviato Usa Steve Witkoff, le autorità di Gerusalemme e Washington hanno concordato che Hamas non è interessata a negoziati. L’amministrazione americana, guidata da Donald Trump, sostiene l’operazione militare come unica opzione percorribile.

Non mancano le divergenze interne. Il capo di stato maggiore dell’Idf, Eyal Zamir, ha espresso nei giorni scorsi forti perplessità sulla fattibilità di una conquista rapida della Striscia, stimando necessari anni per portare a termine l’operazione. Di fronte a questa posizione, l’entourage del premier ha fatto trapelare un netto monito: chi non è d’accordo con la linea di occupazione dovrebbe lasciare l’incarico.

Esperti e commentatori osservano che questa tensione potrebbe anche essere parte di una strategia negoziale volta ad aumentare la pressione su Hamas, che appare ormai senza via d’uscita e disposto a tutto, dal mantenimento del potere fino al martirio.

Parallelamente, Netanyahu ha mantenuto aperti i canali diplomatici, dialogando per la seconda volta in una settimana con il presidente russo Vladimir Putin. La prossima mossa dovrebbe essere la presentazione di una proposta formale al gabinetto di sicurezza, che autorizzi l’Idf a lanciare l’operazione definitiva per sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi, dopo settimane di negoziati bloccati e senza progressi.

Sul campo, però, la situazione rimane estremamente complessa. Il confronto militare non è con un esercito tradizionale, ma con miliziani pronti a utilizzare ogni mezzo, dalla guerriglia agli esplosivi nascosti, combattendo con una determinazione estrema. I soldati israeliani, stremati da mesi di richiamo e combattimenti continui, non vedono una vittoria imminente.

In parallelo, Netanyahu ha promesso agli Stati Uniti di garantire un aumento degli aiuti umanitari a favore dei civili di Gaza, ma l’equilibrio tra offensiva militare e assistenza umanitaria appare estremamente difficile da gestire.

Nel frattempo, in Israele monta il disagio per le condizioni dei prigionieri ostaggio: recenti video mostrano due giovani rapiti, Evyatar David e Rom Breslavski, ridotti a pelle e ossa. Organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno lanciato appelli per il rilascio immediato e il rispetto dei diritti umani dei detenuti.

Sul fronte politico interno, il governo israeliano è alle prese con tensioni legate alla recente sospensione della procuratrice generale Gali Baharav-Miara, decisione che la Corte Suprema ha temporaneamente bloccato in attesa di ricorsi, aggravando il clima di instabilità.

Mentre decine di ex vertici dei servizi di sicurezza israeliani chiedono pubblicamente la fine del conflitto, un documento firmato da 600 ex funzionari della sicurezza è stato inviato all’amministrazione americana, con la richiesta di sostenere una conclusione rapida della guerra. Nel frattempo, l’amministrazione Usa ha annunciato che non fornirà aiuti federali alle città e agli stati che boicottano imprese israeliane, sottolineando le pressioni economiche legate al conflitto.