È la cattiva politica non la legge elettorale.
Quando sentite la solita premessa del solito discorso, la premessa è solitamente falsa.
I politici e i giornalisti spiegano o giustificano lo scempio delle liste con la legge elettorale pessima. Che è pessima, certo, ma un po’ meno, molto meno, della pessima politica con la quale si sono riempite le liste.
Non è colpa della legge elettorale se tu candidi il lucano Speranza a Napoli e il napoletano Amendola in Lucania.
Non è colpa della legge elettorale se candidi il Presidente della Lazio, squadra romana, in Molise.
Non è colpa della legge elettorale se candidi la bolognese Bernini in Veneto e la veneta Casellati ( nonché Presidente del Senato, seconda carica dello Stato… incredibile…) in Basilicata.
Non è colpa della legge elettorale se a fare le liste di Forza Italia ci si riunisce in una stanza segreta di un segretissimo albergo romano( forse…), in un numero ristrettissimo di persone, che hanno sequestrato Berlusconi e segato un numero cospicuo di parlamentari di lungo corso e bella storia, a volte, che hanno letto sul giornale il loro destino, senza alcuna possibilità di interloquire con qualcuno.
La legge elettorale ha la “colpa” di creare un meccanismo maggioritario che impone( quasi) alleanze dentro un voto che è sostanzialmente proporzionale. È un proporzionale con vincolo maggioritario.
I collegi uninominali sono sostanzialmente proporzionali. Il risultato è, nel 90 per cento dei casi, la risultante della somma del voto alla lista.
5 anni fa, a Pesaro, Minniti perse sia con il candidato dei 5 stelle che era stato sospeso dalla campagna elettorale per la faccenda del falso taglio dello stipendio, sia con il candidato del centro destra, sconosciuto ai più.
Il calcio mercato delle candidature, infatti, parte dai cosiddetti collegi sicuri, che sono sicuri( il più delle volte), a prescindere dal candidato.
Non faccio la verginella, ho partecipato anche io al gioco. Ho passato notti ad aspettare che la fortuna arrivasse a me o la sfortuna lontana da me.
Ho l’impressione però che si sia superato ogni limite.
Ogni alleanza si è basata sui numeri e sulle percentuali dei seggi.
Questo ha connotato dalle fondamenta tutto il corso delle trattative.
I seggi sono diventati la ragione fondante di ogni discorso, che ha perso ogni natura politica più alta.
Voglio dire che “fermare i comunisti”, oppure “fermare Berlusconi”, era già un cattiva politica, ma quasi più “nobile” di Lotito in Molise. Per capirci.
Se la ragione fondante è il seggio poi sarà inevitabile che ogni possessore di seggio penserà che il seggio e’ suo e se lo gestisce lui.
Che vincolo ha, con chi, con quale territorio, con quale politica, con quale obiettivo? Nessuno.
Il Parlamento non è più il Parlamento ma l’assemblea di un ordine professionale di basso livello, dove conta di più il particolare di ognuno sul generale, che dovrebbe riguardare tutti.
Questo spettacolo, inoltre, fa emergere ancora di più il disastro, il dramma, dell’assenza dei partiti. Di partiti democratici.
Ci può essere democrazia senza partiti democratici? No. Assolutamente.
La “più bella Costituzione del mondo” è fondata sui partiti democratici. Senza partiti democratici è nulla. È l’insieme di niente.
Belle parole senza significato.
E se la democrazia non è nei partiti,le persone non vanno ai partiti, ma i partiti alle persone. Ai personalismi. Ai partiti personali.
E se la democrazia non è nei partiti esce anche dalla testa delle persone.
Che si abituano a dipendere o a tifare da o con il capo di turno. Come fosse un Putin qualsiasi.
Così piccoli Putin crescono nella testa e nelle viscere di un popolo.
Sergio Pizzolante