Oggi a Lecce. Il libro di Stefania, la presentazione a Lecce, Craxi e l’Italia, Craxi e la Puglia, Gallipoli, Presicce, Bari. … di Sergio Pizzolante

Il mio racconto.
Stefania Craxi ha scritto “all’ombra della Storia”, un bel libro che ripercorre la sua vita col padre. Gli anni della gioventù a Milano, lei figlia del giovane assessore al patrimonio del Comune di Milano, poi leader socialista, poi Presidente del Consiglio, poi accusato di tutti i mali del Paese, poi esule a Hammamet, dove muore fra le sue braccia il diciannovesimo giorno del nuovo millennio. La gloria e la tragedia.
Figlia dell’uomo potente e poi dell’esule che muore perché devastato dal tumore, da un cuore che sanguinava, dal diabete, dalla cancrena ad un piede, che i giudici di Milano avevano definito “foruncolo”. A soli 66 anni. L’uomo che muore dopo essere stato operato in una clinica militare di Tunisi, sotto la luce di una lampada a mano, dopo che i giudici di Milano gli negarono la possibilità di curarsi e di operarsi in Italia, nel Paese che lui aveva portato nel G7, senza due piantoni dei carabinieri fuori dalla camera d’ospedale di un uomo morente.
Ma non è un libro di soli ricordi, belli o tristi o spaventosi, alcuni, non pochi. È un libro politico. Di analisi politica. Dell’Italia, che Bettino amava e che lo lasciò morire odiandolo.
Ci sono i viaggi in Cina, in India, negli USA, con i grandi della terra. E poi in Argentina dopo la liberazione dai Generali, in Cile dopo la liberazione dalla dittatura di Pinochet, paesi dove Craxi era amato e dove fu accolto con tutti gli onori per il ruolo decisivo che ebbe per l’aiuto, anche economico, ai dissidenti e per la cacciata dei dittatori. Poi in Russia, con Gorbaciov.
Era un’Italia che aveva un ruolo nel mondo. L’ambasciatore Sergio Romano ebbe a dire che Craxi aveva avuto un ruolo fondamentale per il crollo del Muro, grazie alla decisione di installare i missili Pershing e Cruise e grazie al sostegno ai dissidenti russi, cecoslovacchi, polacchi, ungheresi. Ha avuto una “visione woytiliana”, disse Sergio Romano. Lech Walesa, ad un convegno organizzato dalla Fondazione Craxi dopo la morte di Bettino, disse a Stefania e al sottoscritto: “Senza l’aiuto di un uomo come Craxi non avremmo potuto farcela”.
È la storia all’ombra di Craxi che l’Italia tiene nell’ombra della storia. L’ombra della “damnatio memoria” che in questo libro Stefania contribuisce a demolire.
È la storia di un uomo, un leader, che muore guardando un documentario su Gallipoli, che non aveva mai visitato e che sapeva, con infinita tristezza, di non potere avere più la possibilità di vedere. E dove però nasce uno dei primi circoli Craxi in Italia, dopo la sua morte, su iniziativa di Giuseppe Coppola.
È la storia di un leader giovanissimo, quasi sconosciuto, che conquista la segreteria di un Psi in crisi, senza identità e con scarsi consensi, e lo porta ad essere centrale, per un periodo non breve, nell’Italia sino ad allora dominata dalla Dc e dal Pci.
Un mese dopo la sua elezione arriva a Presicce, ospite del senatore Amleto Monsellato, leader storico del partito nel basso Salento, per un comizio alla festa dell’Avanti. Monsellato è con Craxi nella piccola corrente nenniana, ma non lo conosce bene; Bettino era sempre in viaggio all’estero come responsabile estero del partito, c’era preoccupazione, cosa dirà? Forse era il primo comizio da segretario. Monsellato si rivolge ai suoi e dice: “sape cu cunta?”. Sa parlare? Sa fare i comizi? Me lo ha raccontato il figlio, Riccardo, poi sindaco di Presicce.
A quel comizio c’ero. Avevo 15 anni. Sapeva parlare, accipicchia! Sapeva parlare anche quando non parlava, con le sue pause sapienti. Funzionava così, una frase con parole scandite, appuntite, il contrario dei comizianti di allora, che arrotondavano tutto, e poi una pausa, che ognuno di noi riempiva come voleva, per essere poi spiazzati e conquistati con la frase successiva.
Una frase mi è rimasta nel cuore per sempre: “Siamo il partito più antico e moderno d’Italia”. Antico suonava nelle sue parole come il contrario di vecchio. E moderno, la modernità, era la promessa. Che mantenne alla grande.
Pochi anni dopo, nella città che poi è diventata la mia, Rimini, con Martelli la modernità e l’antico erano nella teoria dei “meriti e bisogni”. Premiare il merito: una eresia allora, ed anche adesso, a sinistra. Perché è il merito che può portare, come dice Stefania, il “figlio di nessuno a diventare padre di qualcuno”. Riconoscere il bisogno, perché i socialisti, i riformisti, hanno il compito di liberare l’uomo dal bisogno. Sono i principi che hanno guidato Craxi come leader politico e come Presidente del Consiglio.
Cambiò linguaggio e connotati della politica. La Dc lo temeva, il Pci lo odiava. Una mutazione genetica, disse Berlinguer. Era un insulto. In realtà era un pregio. Non lo capivano. Infatti molti di loro non sono mai mutati.
Tangentopoli lo travolse. Ci travolse. Stefania racconta della visita, nel ‘90, di Salvatore Ligresti ad Hammamet, gli portava il messaggio di Enrico Cuccia, capo della finanza italiana. Col crollo del Muro, con “la fine della storia”, secondo la teoria di Fukujama, la politica era finita. Il mercato era “virtuoso in sé”. La politica era un orpello costoso e dannoso. Andava ridimensionata o eliminata.
Cuccia offriva a Craxi la possibilità di cavalcare la nuova onda. Craxi rifiutò. Nettamente. Lo disse chiaramente al congresso di Bari. Lui non sarebbe mai stato l’uomo dell’antipolitica perché era l’uomo del “primato della politica”.
Sappiamo come è andata. E come va.
Divento’ il bersaglio. Lo dice bene il senatore salentino Giovanni Pellegrino nel suo libro “Dieci anni di solitudine”. Era presidente della Commissione Parlamentare sulle autorizzazioni a procedere. Arrivavano le richieste con capi di imputazione per corruzione per decine di parlamentari dalla Procura di Milano. Per Pellegrino, fine giurista, era chiaro che si trattava di finanziamento irregolare ai partiti, non corruzione. Era una distorsione. Era chiaro che la corruzione faceva più effetto sull’opinione pubblica. Era chiaro che la differenza stava fra l’irregolarità del finanziamento di tutto il sistema politico e la consegna alla cronaca e alla storia dell’idea, con le manette ai polsi ed esibite in Parlamento, di un “mondo di corrotti”. Così “crollano i partiti e la politica”, disse Pellegrino a D’Alema. Non preoccuparti, disse il leader Maximo. Violante – come ricorda Pellegrino – “gli aveva assicurato che l’inchiesta milanese non ci avrebbe riguardato”. Così è andata.
Nel libro di Stefania Craxi, “all’ombra della storia”, le ombre della storia sull’Italia e su Craxi si diradano.
Sergio Pizzolante
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 7 persone e il seguente testo "Nel suo memoriale figlia lel leader socialista ripercorre vicenda biografica del padre, lall'ascesa politica al doloroso esilio AI centro del racconto controverso ra Italia uno degli omini che e hanno maggiormente influenzato cammino SergiePIZZOLANTE Ceax Craxi, la sua storia all'ombra della Storia Unritrattadi Salento, corvegio L'appuntamento presentazione Ilibroa congresso alla proposta arrivat da Cuccia Cp Gallipoli rista televisione"
Tutte le reazioni:

207