Dalla caduta del suo governo sono passati praticamente tre mesi, ma il progetto di rifondazione del Movimento 5 Stelle targato Giuseppe Conte fatica a decollare. Prima la lectio magistralis all’università di Firenze, poi settimane perse tra interventi in assemblee e tentativi di mostrare il nuovo volto del M5S. E l’ex presidente del Consiglio dovrà attendere ancora prima di farsi incoronare nuovo leader di un Movimento in perenne mutazione genetica e conflitto. Una formazione che in occasione delle elezioni Amministrative rischia di essere la causa del primo inciampo del nuovo percorso. L’avvocato sa benissimo che i ritardi accumulati hanno finito per irritare chi già era piuttosto scettico sulla fiducia conferita a una figura neanche iscritta, ma nell’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano – in cui ha toccato una vasta platea di argomenti – ha ben interpretato le vesti di chi vuol parlare per non parlare.
Il doppio mandato
Si tratta di un pilastro storico per i 5 Stelle. Ma il tempo cambia le cose, specie per chi ha assaporato la vita da politico a tutto tondo. Così anche questo tema è stato rimesso in discussione. I pentastellati sono praticamente divisi: da una parte i duri e puri vorrebbero preservare lo spirito con cui è stato partorito il mondo giallo; dall’altro i meno attaccati all’embrione sostengono la necessità di rivedere la questione. Alla base vi è comunque una certezza: se dovesse restare il vincolo dei due mandati molti big grillini perderanno la poltrona a Roma quando finirà questa legislatura.
Ovviamente l’ex premier ha fatto melina, rimandando agli iscritti la decisione sul tema: “Anche in questo caso ci sarà la possibilità di esprimere un voto sulle varie alternative che verranno proposte“. Al momento, fa notare, il doppio mandato non è nello Statuto e “quindi non sarà nel nuovo Statuto“. Viene considerato un tema da affrontare “più avanti in un confronto alla luce del sole“. Senza fretta e senza priorità, dunque. Intanto chi è stato eletto nel 2013 può restare nell’agone, mentre la base potrà abituarsi al nuovo corso e a digerire la rinuncia a quello che è stato un vero cavallo di battaglia.
Il rapporto con Rousseau
Conte è stato incalzato pure sulla complicata gestione della partita Rousseau. Ma l’ex premier ha liquidato la questione in poche parole. Ha innazitutto tenuto a sottolineare che la direzione politica del Movimento va distinta dalla gestione tecnica della piattaforma: “Non c’è possibilità per una forza politica rappresentata in Parlamento che ci sia anche solo l’ombra di una commistione tra questi due aspetti“. Inoltre ha denunciato a muso duro che da parte dell’Associazione Rousseau “c’è stata una pressante ingerenza nelle scelte politiche“. Ma dimentica che dietro la sua nomina a palazzo Chigi c’è proprio Rousseau…
Il rapporto con la stampa
L’ex presidente del Consiglio si è poi tolto qualche sassolino dalla scarpa nell’ambito del ruolo dell’informazione, “chiamata ad alimentare responsabilmente il circuito informativo“. È andato a rileggere i giornali del luglio 2020, quando l’Ue trovò l’accordo sul Next Generation: “Rileggendo quei titoli sembrava avessimo rimediato una sconfitta, il che mi ha fatto riflettere“. Da qui la critica verso una certa informazione: “Se si cade nel dileggio, nella mistificazione, non si rende un buon servizio ai cittadini“.
A proposito di rapporto con la stampa, chissà cosa ne pensa della complicata relazione tra Rocco Casalino e molti giornalisti che più volte hanno rimarcato le difficoltà con l’ex portavoce, vero esperto di storytelling. Fu lui infatti a coniare l’espressione Avvocato del Popolo. Da non dimenticare l’attacco arrivato da Avvenire, che definì Casalino un “uomo di assoluta fiducia di un’azienda privata di comunicazione digitale, la Casaleggio & Associati” che “detta la linea politica in prima persona“. Secondo il quotidiano, l’atteggiamento di Conte e Di Maio lo renderebbe intangibile con “un ruolo eccessivo e intoccabile che desta sospetti“.
Il ruolo di Grillo
Quanto allo sfogo choc di Beppe Grillo dopo le notizie riportate dai giornali sulla vicenda che vede coinvolto suo figlio, Conte ha “richiamato” il garante del Movimento 5 Stelle: “Non avrei fatto quel video“. Dice di rispettare “la sua sofferenza” così come quella “di chi si sente vittima di questa vicenda“, ma sostiene che se fosse stato suo avvocato non avrebbe permesso la pubblicazione di quel filmato su Facebook: “Le trasmissioni tv ne hanno approfittato per dire ‘siccome ne ha parlato Grillo, possiamo parlarne anche noi’. Un processo parallelo, una degenerazione che non permetterei mai“. Peccato che Padellaro gli avesse chiesto soprattutto quale sarà il ruolo dell’ex comico nel “Neo Movimento”…
Il caso Amara
Sul caso Amara non si è sbilanciato più di tanto rispetto a quanto già chiarito sui social nei giorni scorsi. Ha ribadito di non averlo mai visto e che il suo nome sarebbe stato fatto da Vietti, con cui pure non avrebbe avuto rapporti né personali né professionali. Sulla parcella da 400mila euro ha riferito che per quasi un anno è stato occupato da 300 pareri legali: “Quindi quel compenso era il minimo. Tutte quelle parcelle, tra l’altro, hanno passato il vaglio del tribunale e dei commissari giudiziali nominati dai giudici fallimentari“. Tutto qui.
Lo scandalo Csm
L’ex premier è convinto che l’immagine della magistratura esca “malconcia” dallo scandalo del Csm. “Nessun magistrato si deve permettere di avere atteggiamenti subalterni nei confronti della politica, perché fa un danno a tutta la categoria. Detto questo, nessuna forza politica in Parlamento deve approfittarne per mettere sotto schiaffo la magistratura. Prima di parlare di commissioni d’inchiesta, riformiamo il Csm: la polvere si deve sedimentare“. Domanda: nei suoi due governi è riuscito a riformare il Csm? La risposta purtroppo è negativa.
La “supercazzola” sull’elettorato
La domanda perfetta per Conte, che in più occasioni ha dato dimostrazione di sapersi destreggiare tra circonlocuzioni e frasi tanto vuote quanto piene di retorica. Quale sarà l’identità del nuovo Movimento e da quale bacino intenderà accaparrarsi i voti? L’avvocato ha fatto sapere che il M5S “sarà intriso di cultura ecologica“. E se qualcuno classificherà i grillini come di sinistra? Per Giuseppi nessun problema, ma sottolinea che la realtà è una sola: “Guarderemo anche alle esigenze dell’elettorato moderato“.
Tra tasse e condoni…
La sua priorità è chiara: “A me interessa abbassare le tasse“. Bocciando parallelamente la politica dei condoni poiché “abituano il cittadino alle sanatorie e possono renderlo molto pigro con i pagamenti“. Altra domanda all’ex presidente del Consiglio: chi ha firmato la pace fiscale e la rottamazione? Comunque Conte ha dichiarato che per far partire la nuova riforma fiscale “possiamo anche agevolare la regolarizzazione delle posizioni, ma una volta per tutte“. E poi “chi sgarra paga“.
Le critiche a Renzi
Ultimamente nel mirino di Giuseppi è finito Matteo Renzi, soprattutto dopo le immagini sull’incontro tra il leader di Italia Viva e Marco Mancini. Forse è il politico che critica maggiormente in pubblico. Non è la prima volta. Durante la crisi di governo, da palazzo Chigi avevano fatto sapere che “se Matteo Renzi si assumerà la responsabilità di una crisi di governo in piena pandemia, per il presidente Giuseppe Conte sarà impossibile rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Iv“. Renzi ha deciso di staccare la spina con tanto di conferenza stampa, eppure Conte ha cercato fino all’ultimo i voti dei “responsabili” e dei renziani pur di restare per la terza volta consecutiva a palazzo Chigi. Proprio da quegli stessi renziani che nel 2019 furono cruciali per la nascita del governo giallorosso.
La fine della legislatura
Il leader in pectore del M5S si augura che il governo possa proseguire il suo percorso fino al termine della legislatura: “Non è responsabile nei confronti dei cittadini dire in questo momento, con tutti i problemi in corso, che Draghi deve andare al Quirinale“. Pertanto non tifa per l’interruzione dell’esperienza di questo esecutivo, rinviando il toto-Quirinale: “Quando sarà il momento ci ritroveremo insieme con le altre forze politiche a ragionare sulla personalità migliore nell’interesse del Paese“. Meglio andare a votare nel 2023, in sostanza: altri due anni di tempo potrebbero servire per ricomporre i cocci del Movimento 5 Stelle ed evitare di sottoporsi al giudizio dei cittadini in maniera disordinata, con un evidente malcontento da parte degli elettori gialli.
Il Ponte sullo Stretto
Anche un altro pilastro storico del M5S è pronto a cadere: Giancarlo Cancelleri si è detto favorevole al Ponte sullo Stretto, reputata un’opera utile “per lo sviluppo del territorio e dell’Italia“. Si tratta di un difficile nodo da sbrogliare per Conte, alla luce delle infinite polemiche interne dopo le dichiarazioni del sottosegretario al ministero delle Infrastrutture. L’ex presidente del Consiglio anche su questa tematica intende temporeggiare: ha invitato a studiare bene le carte e ha sollecitato una istruttoria tecnica di supporto alla valutazione politica. “Non ci infiammiamo ideologicamente Ponte sì, Ponte no. Io ho una posizione laica“. Strano, chi l’avrebbe mai detto.
L’alleanza con il Pd
Mentre cerca di tenere insieme i pezzi di un Movimento dilaniato tra le sue mille anime, ormai Conte parla quasi come se fosse il leader di un nuovo centrosinistra. Non a caso, quando ha dovuto cedere la poltrona di palazzo Chigi a Draghi, aveva lanciato un segnale chiarissimo: “Dico agli amici del Pd e di Leu che dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme perché il nostro progetto politico, che ho sintetizzato nella formula ‘alleanza per lo sviluppo sostenibile’, è un progetto forte, concreto, che aveva già iniziato a dare buoni frutti“. Come a voler spingere per un’alleanza strutturale tra Movimento 5 Stelle, Partito democratico e Liberi e uguali.
In tal senso, l’avvocato ha fatto sapere di aver preparato un programma con una serie di riforme economiche e sociali: “Andrà condiviso, dovrà crescere col contributo della società civile e dei territori. Questo ci consentirà di avere un progetto competitivo per l’Italia dei prossimi cinque anni“. Sarà però curioso conoscere l’esito: che fine farà l’ipotetico asse M5S-Pd-Leu con la guida di Conte dopo le esperienze fallite prima con la Lega, poi con i giallorossi e ora con la grana di fughe ed espulsioni nei 5 Stelle?
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