PORDENONE – «Disperato, sono in un incubo. Vivere così è bruttissimo. Cerco un lavoro». Carmine Gianpiero Verzi ha gli occhi scavati di chi dorme poco perché sa che deve racimolare qualche soldo per mangiare e dare dignità alla propria vita ogni giorno. Due mani che hanno fatto i lavori più disparati. La sua casa è un cubo, in mezzo ad altri in un quartiere popolare di San Vito al Tagliamento e ha deciso di sfogarsi in occasione del Primo maggio. Una data importante che ricorda quello che la Costituzione dice all’articolo 1: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ma sui lavoratori oggi più che mai pesano la discriminazione legata al genere e all’età, le differenze retributive, il precariato, i problemi in tema di sicurezza sul lavoro.
IL RACCONTO E LA SFIDA
«Sono un uomo di 55 anni, in fase di separazione, quattro figli di cui la più piccola ha 9 anni. Sono senza lavoro. Non riesco a pagare le rate di Equitalia, ho difficoltà con le bollette e non è la cosa più grave: non avendo un reddito da lavoro da mesi, a fatica faccio la spesa per vivere. Un po’ mi aiuta la Caritas, mi sono rivolto ai servizi sociali: vediamo cosa succederà». Verzi, originario di Milano, classe 1963, mentre parla imbraccia una mountain bike, che ha avuto decisamente tempi migliori. Una ruota è pure bucata. «È successo ieri – confida -: dovrei aggiustarla ma non ho neppure i soldi per farlo in questo momento». È la stessa bicicletta che userà perandare da San Vito a Milano, città dove vive la mamma.
Ma perché percorrere centinaia e centinaia di chilometri? Carmine allarga le braccia: «Per far capire a chi ci governa che coloro che hanno superato i 50 anni per il mercato del lavoro sembrano non esistere. Mi sento un lavoratore morto. C’è davvero tantissima difficoltà a trovare un posto fisso e sicuro e ci vogliono far perdere la nostra dignità».
Verzi ha fatto di tutto: orafo a Milano, poi massaggiatore olistico, quindi elettricista (è stato pure colpito da una scossa da 380 volt mentre lavorava: se l’è cavata con una ustione di secondo grado). Vive in regione da tempo e qui è stato magazziniere in diverse aziende (Savio, Electrolux). Quindi nei supermercati.
L’INVALIDITÀ
Nel frattempo la schiena gli gioca brutti scherzi e gli viene riconosciuta un’invalidità: non potrebbe alzare pesi sopra i 10 chilogrammi. Trova ancora lavori temporanei nel Sanvitese, e accetta pure un lavoro in Francia, ma dopo un mese deve arrendersi per le condizioni di lavoro difficili. Nel frattempo ha fatto anche il cameriere in una città balneare veneta, «ma senza sapere le lingue straniere non si va da nessuna parte. I servizi sociali di San Vito mi conoscono e mi stanno dando una mano così come la Caritas con una borsa spesa al mese. Ma quello che vorrei è un lavoro. Ho 55 anni e non riesco a trovarlo. Devo 2.700 euro a Equitalia, le bollette scadono, non ho casa di proprietà e l’affitto incombe ogni mese. Ripeto: chi ci governa non aiuta gli over 50. Appena riesco ad avere qualche euro in tasca per le necessità di base parto per Milano in bicicletta e posto tutto sui social. Non ne posso più di andare avanti così. Ti senti inutile, emarginato dalla società. Ma non mi abbatto. Sono qui e continuerò a lottare per la mia dignità come uomo e come lavoratore».
Una storia emblematica, la sua, che emerge in un Primo maggio che a San Vito, in collaborazione con l’Anmil, avrà questa mattina un risvolto intenso: in municipio sarà consegnata una targa commemorativa ai familiari del sanvitese Roberto Marcon, 43enne che lo scorso settembre rimase vittima di un incidente sul lavoro. Per non dimenticare. Leggo.it