Piano Industriale SCM. Riassorbimento sospesi è una priorità

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Il Gruppo Scm, dopo averlo presentato a sindacati e istituzioni, rende pubblici i punti del proprio piano industriale. (sul tema anche la nota dei sindacati)

Punto di partenza del documento l’attuale congiuntura economica che, si legge, ha portato nel settore una riduzione media degli ordini del 45%, nell’ultimo trimestre 2008, divenuta del 60% nei primi cinque mesi del 2009. In una situazione come questa, chiarisce Scm, sono due i fronti su cui è necessario agire per restare sul mercato: ridurre i costi e riorganizzare l’azienda.
Il piano allora prevede il consolidamento di tutte le aziende che fanno capo al Gruppo operanti nel settore del legno, per aumentare la produttività e incrementare le quote di mercato. Per farlo Scm ha previsto 30 milioni di investimenti in 3 anni. Il piano prevede poi di rinnovare tutti i comparti aziendali. Il ricorso alla cassa integrazione speciale, spiega l’azienda, è imprescindibile ed è l’unica
forma di tutela del rapporto di lavoro. Purtroppo però, spiega ancora l’azienda, non tutti i dipendenti in cassa integrazione possono esservi posti nella forma “a rotazione”, perchè per essere efficace il piano di rilancio comprende anche l’accorpamento di alcune funzioni, produzioni e stabilimenti ed inoltre, vista la rilevante riduzione degli ordini una rotazione così forte non sarebbe praticabile. L’azienda però specifica che l’obiettivo è quello di riuscire a riassorbire, anche attraverso attività di formazione e riqualificazione, buona parte, se non tutti i lavoratori al momento sospesi. Dalle stime effettuate da SCM sembra che nell’arco temporale della riorganizzazione, circa 300 lavoratori usciranno dal Gruppo, per scadenza del contratto, pensionamenti o turn over. L’impatto sociale a fine periodo, potrebbe ridursi a circa 80 persone su scala nazionale.
La nota stampa SCM

Dopo quanto è stato detto e scritto in uest’ultimo periodo, riguardo le sorti del Gruppo SCM, ci sembra doveroso comunicare quanto già discusso con le Organizzazioni Sindacali e le Autorità Provinciali e Comunali.
Partiamo dallo scenario economico: la crisi, originata negli Stati Uniti, si è estesa, in pochissimo tempo, a tutti i paesi del mondo. I paesi che registravano tassi di crescita a due cifre, mostrano segnali di rallentamento mentre la maggior parte dei paesi industrializzati è entrata di fatto in recessione.
L’eccesso di liquidità delle banche e la facilità di concedere i mutui per le case, senza troppe garanzie, ha generato un boom immobiliare senza precedenti, a fine 2008 il sistema è crollato a partire dagli Stati Uniti.
Il nostro settore, che aveva beneficiato per molti anni di un ottimo tasso di crescita,
ha segnato nell’ultimo trimestre del 2008, una riduzione media degli ordini del 45%, divenuta del 60% nei primi cinque mesi del 2009.
Qualsiasi azienda che debba affrontare una riduzione degli ordini del 60% rischia di sparire se non interviene immediatamente su due fronti: ridurre nell’immediato i costi e riorganizzare l’azienda in modo da esser più bravi degli altri che operano sullo stesso mercato.
Ridurre i costi è obbligatorio. Una riduzione del 60% degli ordini, come quello a cui stiamo assistendo, è un fatto concreto e disastroso che minaccia l’esistenza stessa dell’azienda.
Come termine di paragone possiamo confrontarci con i dati del settore auto, di cui tanto si sente parlare, che con una riduzione del 30% degli ordini, nonostante consistenti incentivi degli Stati, vede il rischio di chiusura di alcuni grandi gruppi.
Ridurre i costi non basta, dobbiamo anche riorganizzarci in modo da essere più competitivi sul mercato. Tre fatti da cui consegue la nostra strategia:
1) il nostro mercato vive di una domanda indotta e quindi beneficerà con ritardo di una eventuale ripresa degli altri settori [case, mobili, macchine per legno];
2) il valore del mercato globale, dopo la ripresa, non si posizionerà almeno per diversi anni ai livelli di prima della crisi, frutto del boom immobiliare;
3) il nostro mercato è ancora molto frammentato: 4 gruppi detengono il 40% del mercato, il restante 60% è diviso fra circa 800 piccole aziende.
Fino ad oggi l’azienda ha reinvestito gli utili nell’acquisizione di altre aziende garantendo così al gruppo una dimensione ed una solidità tali da farci affrontare la crisi con più possibilità concrete di tanti altri.
I grandi Gruppi come il nostro, avranno infatti più possibilità di superare la crisi, mentre probabilmente il numero dei piccoli costruttori (circa 800) si dimezzerà nel giro di qualche anno.
I volumi di mercato a livello globale saranno inferiori a quello che è stato fino ad ora, ma noi dobbiamo ipotizzare di occupare una fetta più grande del mercato a causa della riduzione del numero dei competitor. Perché ciò avvenga, il gruppo SCM, dovrà ristrutturarsi per superare questo difficile momento e poi guadagnarsi le quote di mercato degli altri. Noi stiamo lavorando in questa direzione e stiamo lottando a tutti i livelli per difendere la posizione
dell’azienda sul mercato.

– Piano Industriale
Per la Scm, che è cresciuta soprattutto per acquisizioni di altre aziende, il Piano
Industriale è più difficile, ma offre anche maggiori opportunità.
Il Gruppo soffre infatti di inefficienze strutturali, per via di un assetto organizzativo
frammentato (frutto delle numerose acquisizioni), che penalizza la competitività. Il piano industriale, allo studio della Direzione già dallo scorso anno, mira al consolidamento di tutte le aziende che fanno capo al Gruppo operanti nel settore del legno, per aumentare la produttività e, quindi, sostenere ed incrementare le quote di mercato. Il Gruppo SCM sta mettendo in campo un piano di investimenti che ammonta a 30
milioni di euro nell’arco di 3 anni con la creazione di una struttura che massimizzi le
sinergie tra le aziende del Gruppo. Il piano prevede di rinnovare tutti i comparti aziendali, dagli aspetti più strettamente industriali (creazione di un nuovo polo tecnologico avanzato per la componentistica, nuovi macchinari, rinnovo dei capannoni, investimenti in nuova tecnologia), a quelli di prodotto (per rinnovare la gamma di offerta aumentandone la competitività nelle
fasce più basse ed estendendo l’offerta sulle fasce di mercato più alte), a quelli commerciali (investimenti sulle reti di vendita, rinnovo delle filiali commerciali estere, ingresso in nuovi mercati di sbocco), a quelli dei servizi comuni (logistica, acquisti, amministrazione).
Queste azioni di razionalizzazione sono assolutamente indispensabili per aumentare la
competitività del Gruppo e far recuperare quelle quote di mercato indispensabili a compensare la riduzione globale del mercato, finita la crisi.
Il ricorso alla cassa integrazione speciale è imprescindibile per l’azienda ed è l’unica
forma di tutela del rapporto di lavoro.
Purtroppo non tutti i dipendenti in cassa integrazione possono esservi posti nella forma “a rotazione”, perchè per essere efficace il piano di rilancio comprende anche l’accorpamento di alcune funzioni, produzioni e stabilimenti ed inoltre, vista la rilevante riduzione degli ordini (-60%) una rotazione così forte non sarebbe
praticabile.
La cassa integrazione è un ammortizzatore sociale che consente, con il piano di rilancio previsto dal Gruppo, un lungo periodo di mantenimento del rapporto di lavoro accompagnato da un reddito, seppur ridotto.
Ovviamente tutte le nostre azioni sono dirette verso un obiettivo: poter riassorbire, anche attraverso intense attività di formazione e riqualificazione, buona parte, se non tutti coloro che in questo momento ci vediamo costretti a sospendere. Bisogna partire immediatamente; in mancanza di un serio piano di ristrutturazione
che ci consenta, grazie all’aumento della competitività, di acquisire quote e tornare ai
volumi precedenti, saremmo costretti ad un lungo periodo di cassa integrazione, ma poi inevitabilmente ai licenziamenti ed ad un drastico ridimensionamento del Gruppo.
Pur consapevoli delle difficoltà sociali riteniamo che affrontare la congiuntura con il
piano industriale presentato sia, oltre ogni retorica, l’unica soluzione ad oggi percorribile per il reale bene di tutte le persone coinvolte. Perdere tempo con le sole parole in un momento così cruciale è il più grande dei rischi.

-Impatto sociale

Una ristrutturazione societaria di tale portata, in circostanze normali, comporterebbe come strumento coerente l’apertura di una procedura di mobilità per gli esuberi strutturali dovuti al Piano Industriale. In aggiunta a questa, occorrerebbe anche aprire la CIG/Ordinaria per compensare gli esuberi congiunturali legati alla crisi del mercato.

In considerazione della drammatica situazione di mercato, al fine di governare al meglio entrambi i fenomeni di cui sopra, SCM intende percorrere una strada a minore impatto sociale, rappresentata dalla CIG/Straordinaria. La gestione della CIG/S si articolerà in 3 modalità:
1. riduzione di orario di lavoro settimanale;
2. rotazione mensile tra i lavoratori
3. zero ore settimanali.
Nella proposta presentata si immagina, per i punti 1. e 2., una riduzione di orario di lavoro equivalente a circa 2 giorni a settimana, oltre la quale riteniamo che si entri in una disefficienza globale del sistema.
Il riassorbimento dei sospesi è una nostra priorità.
Dalle nostre stime, ad oggi, ci attendiamo che nell’arco temporale della riorganizzazione, circa 300 lavoratori usciranno dal Gruppo, per effetto di:
• scadenza di contratti a tempo determinato
• pensionamenti
• dimissioni volontarie
• blocco del turnover.
Insieme ad altre iniziative, l’impatto sociale a fine periodo, potrebbe ridursi a circa 80
persone su scala nazionale.
Unitamente all’adozione di ammortizzatori sociali, come sopra indicati, SCM Group intende attivare politiche attive del lavoro in grado di valorizzare professionalità, esperienze e risorse umane.
In questo ambito, la proposta aziendale, alfine di rispondere alla specificità dei progetti di vita lavorativa che gli stessi lavoratori maturano durante il periodo di CIG/S, si articola su:
1. sviluppo professionale mediante percorsi di formazione
2. sostegno alla gestione di percorsi di outplacement
3. identificazione di possibili iniziative di outsourcing per l’autoimprenditorialità e
l’autoimpiego.
Rispetto al progetto complessivo presentato dall’azienda ai sindacati, a partire dal 23
gennaio 2009, il confronto sembra non considerare i tempi stretti dettati dalla necessità del momento per decisioni non più procrastinabili.
Questo atteggiamento, sta provocando seri problemi relativamente all’imputazione di
parte degli investimenti previsti dal Piano [30 milioni di euro] effettuati e da effettuare nel periodo di CIG/S per la concessione da parte del Ministero del Lavoro della CIG/S stessa.
La cospicua parte degli investimenti già realizzati potrebbe non rientrare nel Piano
poiché realizzati prima della data di inizio della CIG/S.
L’eventuale perdita dei requisiti della CIG/S equivarrebbe ad una impossibilità di ricorso ad un ammortizzatore sociale che consentirebbe un lungo periodo di mantenimento del rapporto di lavoro.

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