Call center off shore. È il termine tecnico per definire la campagna di colonizzazione delle aziende di call center, che si stanno spostando dove il costo del lavoro è più basso. Un risiko telefonico che ha come obiettivo la conquista di Paesi come Romania, Tunisia, Albania, Turchia e Argentina. Il tutto a discapito di chi fa questo lavoro a San Marino e in Italia.
Le aziende che rispondono alle telefonate dei clienti di grandi operatori, o lavorano già oltre frontiera o hanno avviato i colloqui per selezionare personale che parli italiano.
IL DOSSIER
Che ci fosse un flusso migratorio verso lidi dove l’operatore in cuffietta lavora per pochi soldi E POCHI DIRITTI era nell’aria.
La Romania è già stata eletta dalle aziende di call center miglior lido in cui mettere radici. Emerge che tutti i grossi operatori di Tlc hanno qualcuno che lavora per loro tra Bucarest e dintorni.
Wind, ad esempio. Il gruppo dell’egiziano Sawiris ha annunciato tre o quattrocento posti di lavoro tra la Romania e l’Albania. Non saranno i soli. H3G. La società lavora già circa la metà delle chiamate tra Tirana, Bucarest e Tunisi, con 400 operatori. E starebbe
pensando di svilupparsi anche in Argentina. British Telecom. Almeno cento gli operatori che rispondono per conto della Tlc made in Uk, tra Romania e Albania.
Vodafone/Tele2. Tramite i principali fornitori, lavora già in Romania con 300 persone e starebbe sbarcando anche in Albania. Un Paese dove è presente Sky, con 300 dipendenti. E mentre Fastweb ha diverse attività in subappalto tra Albania e Romania, il marchio Telecom Italia sembra proiettato alla conquista di questo nuovo mondo: stima 600 lavoratori pronti a rispondere per conto dell’ex monopolista tra Tunisia, Albania, Romania, Turchia e Argentina.
Ad ogni modo, questo flusso migratorio metterà a rischio nel 2010 4mila posti di lavoro. Andare all’estero è una scelta sbagliata , per la scarsa qualità del servizio e l’incongruente rapporto costi/benefici. Le delocalizzazioni riducono l’occupazione in Italia e stressano la parte finale della filiera, favorendo gare d’appalto al massimo ribasso..Per questo bisogna proporre una moratoria contro le delocalizzazioni e un avviso comune che recepisca clausole sociali chiare per l’assegnazione degli appalti, a tutela di occupazione e salari. Al problema però non sembra insensibile neanche l’impresa.
Abbiamo note aziende di call-senter anche a San Marino dove il paese ha investito tanto ,in euro e di faccia verso i cittadini..…
In un momento di crisi, tuttavia,capisco che possa sembrare una soluzione per l’azienda ,ma dobbiamo difendere i posti di lavoro e tutelare le famiglie.
Un saluto da Orgoglio Operaio