“Puntare tutto sull’elettrico è un errore. Per l’energia dipenderemmo dalla Cina”

Lo definiscono l’ideologo della Lega linea liberal-federalista, ha creato il think tank Lettera 150 (dal numero dei professori universitari cofondatori), è stato allievo di Gianfranco Miglio, senatore per An e per il Pdl, è un grande esperto di università e ricerca. Dal 2013 manca dal Parlamento e solo Matteo Salvini lo ha convinto a ritentare. Il professor Giuseppe Valditara ha un’idea precisa di Paese, ben espressa nel suo libro È l’Italia che vogliamo, prefazione di Salvini, un testo che la Lega ha preso come manifesto per queste elezioni.

Professor Valditara, le fa piacere essere stato definito l’ideologo di Salvini?

«Non esistono ideologi. Salvini ha apprezzato il libro scritto da me con Alessandro Amadori e con il contributo di ben 60 importanti professori universitari proprio perché avanziamo una serie di riflessioni e di proposte concrete per rilanciare l’Italia».

In questa campagna elettorale è in primo piano l’energia.

«Ci sono tre aspetti su cui riflettere: gli errori del passato, cosa fare oggi e la visione del futuro».

Partiamo dal passato.

«La dipendenza dal gas russo non nasce per caso. Nel 2010 col governo di centrodestra le importazioni non raggiungevano i 15 miliardi di metri cubi, la quantità più bassa dal 1997. Sotto il governo Letta le importazioni dalla Russia schizzano a 28 miliardi di metri cubi, 45,3% ed è da qui che inizia la nostra dipendenza economica da Mosca. Nel 2017 si tocca il record: 33 miliardi e 650 milioni di metri cubi».

Una dipendenza causata anche dai no ideologici?

«Rinunciare al gas dell’Adriatico e del Mediterraneo è stato un errore. La politica dei no ci ha portato a questa situazione».

E il nucleare?

«Averlo abbandonato è un altro errore. Siamo circondati da Paesi dipendenti dall’energia nucleare ma noi siamo rimasti fuori. Questo è il passato».

Quindi che cosa fare oggi?

«Sono a rischio chiusura 880mila imprese artigiane, Confcommercio ha stimato che negli ultimi anni il costo dell’energia elettrica per le imprese è aumentato del 1000% e quello del gas del 900%, siamo in una situazione di straordinaria emergenza. Se salta il sistema avremo da gestire macerie: imprese chiuse, disoccupati, crollo della produzione, filiere che rischiano di sparire o cadere in una crisi gravissima».

Le politiche forzatamente «green» della sinistra, tutto elettrico, rischiano di consegnarci mani e piedi alla Cina?

«La Cina produce il 79% dei giga watt di batterie, gli Stati Uniti il 6%, la Germania l’1,6%. E l’Italia? Non pervenuta. Non è facile produrre batterie: occorre sbarcare sui mercati delle terre rare egemonizzati dalla Cina. Il pericolo è di passare dalla dipendenza dalla Russia a quella dalla Cina».

Che cosa fare per il futuro?

«Eolico e solare non saranno mai sufficienti. Dobbiamo tornare a sfruttare le risorse di gas nostre e del basso Mediterraneo, puntare sul nucleare di quarta generazione che è assolutamente sicuro e meno inquinante delle energie rinnovabili. Una politica intelligente dovrebbe mobilitare risorse per una riconversione produttiva dal termico all’elettrico, prima di imporre il bando delle auto a benzina e diesel. È necessario creare i presupposti per la nostra indipendenza. Ma non c’è una visione strategica ispirata al buonsenso».

Lei manca dalla politica attiva dal 2013, oggi è candidato al Senato con la Lega nel plurinominale in Lombardia. Cosa l’ha convinta?

«L’idea che Salvini mi propose a febbraio: lanciare la sfida delle competenze, nella consapevolezza che il Paese ha bisogno di una politica che abbia visione strategica, che immagini come sarà l’Italia da qui a 10 anni, puntando sulla conoscenza. Mobilitare tutte le intelligenze nei diversi settori per capire cosa possiamo fare per il Paese è una sfida molto appassionante».


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