La Cassa di Risparmio di San Marino si dimostra sempre un tema caldo e dai molteplici aspetti, ogni volta che viene affrontato dalla politica.
Il primo Consiglio Grande e Generale di ottobre ha riconfermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, questo assioma, anche perché al di là degli interventi, anche la stessa opinione pubblica, tramite soprattutto i sociale network e i mezzi di comunicazione, non ha esitato a esprimere pareri e considerazioni, un po’ come capita con le squadre di calcio. E certi interventi si sono in effetti dimostrati poco dissimili dal tifo da stadio.
Alcune letture che sono state però date all’esito del dibattito e della votazione dell’ordine del giorno non possono che suscitare qualche perplessità e dubbi di genuinità.
Che attorno alla Carisp, si giochi una partita importante dal punto di vista economico non v’è dubbio, se non altro per i volumi in milioni di euro delle partite in ballo: dai 40 milioni di prestito ibrido che andranno ad aumentare il capitale sociale, ai 30 di finanziamento per le opere infrastrutturali. E poi ci sarà la partita di Palazzo Sums e della vendita della sede centrale che potrebbe riguardare anche più di un paio di decine di milioni di euro.
Ma c’è da dire che dal punto di vista della gestione economico-finanziaria il più antico istituto di credito del Titano, vanta una situazione decisamente migliore rispetto a solo un paio di anni fa, con un costante seppur lento miglioramento, una liquidità discreta e indicatori positivi anche frutto di una politica di tagli e riduzione di costi che hanno portato la banca ad avere i tassi di interesse tra i più bassi della media delle banche sammarinesi, chiudere un paio di filiali e non esitare a ridurre personale. Tutte operazioni che per una banca considerata “di sistema” hanno suscitato critiche anche tra la popolazione.
Una politica messa in atto però seguendo quelle che sono state le indicazioni giunte dal Fondo Monetario internazionale, che tra l’altro mira anche a un altro obiettivo, quello di rendere del tutto ininfluente il ruolo della Fondazione Cassa di Risparmio – Sums sulla governance dell’istituto di credito, cosa che però, a San Marino, potrà essere raggiunta solo attraverso un adeguamento normativo perché attualmente non sarebbe possibile.
Stupisce quindi in un quadro come questo e facilmente verificabile dai dati a disposizione e dai vari report e raccomandazioni, vedere valutazioni di chi chiede un cambio di governance, soprattutto da movimenti, ma non solo, quando già ora su 9 membri del Cda la politica ne nomina 6. Stupisce ancora di più che a firmare un ordine del giorno che di fatto, oltre a vari passaggi di ridondanti interventi di Banca Centrale, vorrebbe avere ulteriori verifiche sui numeri e le azioni della Cassa quando poi si presenta alle riunioni in cui i dati vengono forniti, con dipendenti di altre banche, ex dipendenti, ecc…. Non è certo un atteggiamento, ci riferiamo sempre ai movimenti, di rispetto per una banca che si vuole di sistema quando su di essa non si fa sistema.
E stupisce anche leggere chi critica spesso le politiche dell’FMI (sempre i movimenti), invocare una nuova governance che è ciò che chiede proprio l’FMI.
Il rischio infatti è che di fronte a una Cassa debole, possano rafforzarsi alcuni poteri forti presenti a San Marino che visto il complesso e altamente democratico livello di ingresso tra i soci della Fondazione, non hanno mai davvero fatto breccia nella Cassa.
E la politica ha palesemente dimostrato che dai poteri forti non si sa difendere un gran ché.
Alla luce di tutto questo come si potrebbe leggere quindi l’odg di Upr, Su e C10 poi votato anche da Ap, ma non dal Ps?
Di sicuro sarebbe una visione limitata e parziale vedere solo il voto contrario del Ps, quando l’azione che sta portando Ps ed ex Upr verso un rapporto più ravvicinato con la maggioranza abbraccia una pluralità di temi tale, che una divergenza sulla Cassa ha una valenza del tutto incidentale.
Più completo e corretto sarebbe forse analizzare anche il voto a favore di Ap che proprio con ciò che resta dell’Upr sta facendo un chiaro discorso di avvicinamento reciproco e che è anche attraversata da almeno un paio di correnti interne inusuali fino a qualche anno fa. Basti pensare infatti che il consigliere scelto da Ap nel Cda Carisp ha votato per il licenziamento del vice direttore Vladimiro Renzi, mentre l’unico a votare contro è stato il rappresentante del Psd. E che poi Ap votando a favore dell’Odg ha dimostrato di volere una governance diversa della Cassa.
È evidente quindi che una politica debole, oltre a non fare bene al paese, non fa bene alla Cassa e una politica debole non è in grado di aspettare l’anno e mezzo che manca ancora alla scadenza del Cda Carisp. Anche perché potrebbe non durare tanto.
[L’Infiltrato]