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Nuovi sviluppi nel caso di una 59enne ravennate, deceduta il 5 maggio 2019 dopo un lungo ricovero ospedaliero di 28 giorni. La signora era stata trasferita tra vari reparti della struttura sanitaria di Ravenna mentre i medici escludevano diverse patologie, fra cui il morbo di Creutzfeldt-Jakob, una delle ipotesi più allarmanti sollevate inizialmente. L’indagine, avviata dalla Procura a seguito della denuncia dei familiari, aveva portato a iscrivere 40 professionisti nel registro degli indagati per omicidio colposo.
Tuttavia, una consulenza medico-legale ha chiarito, alla fine del 2019, che la causa della morte non era da ricondurre alla malattia degenerativa temuta. Gli esperti hanno lodato il comportamento del personale sanitario, portando il pubblico ministero a chiedere l’archiviazione del caso.
Adesso, a distanza di cinque anni, la questione è tornata in tribunale. Il giudice per le indagini preliminari, Andrea Galanti, ha programmato una nuova udienza dopo la richiesta di opposizione presentata dalla figlia della defunta. Il legale, Francesco Furnari, ha avanzato la tesi che il decesso sia stato causato da un grave ritardo diagnostico, evidenziando un’analisi mal condotta del caso che era stato discusso in maniera multidisciplinare pochi giorni prima della morte.
La Procura, supportata dalla relazione di due consulenti esperti, aveva indicato che le cause del decesso erano da attribuire a uno “shock terminale” dovuto all’encefalite e alla polmonite, con la certezza che non ci fossero stati errori nel trattamento e nella diagnosi da parte del personale medico.
Il giudice dovrà ora decidere se archiviare definitivamente la vicenda o se avviare ulteriori indagini sulla condotta dei medici coinvolti, difesi sia da legali di fiducia che da avvocati esperti.