Matteo Ricci per convincere gli indecisi, che hanno partecipato alla riunione proclama: “Qualcuno non si fida ancora? Bene: allora diciamo una cosa in più. Facciamo rischiare solo Pesaro. Il contributo dello Stato di un milione e mezzo per tre anni, un milione e mezzo all’anno, lo mettiamo nelle opere di Mombaroccio. Fanno quattro milioni e mezzo, ovvero il conto delle opere che Mombaroccio non farebbe neanche in 30 anni”. Sulla rappresentanza, continua con le promesse: “Mombaroccio avrà sempre un assessore in giunta e sarà rappresentata, in quota Pesaro, nelle società dei servizi. E’ un pacchetto serio e pragmatico”. Va avanti: “Per noi è un onore: Mombaroccio è uno dei territori più belli della provincia. E’ un elemento che sottolineo. I servizi rimarranno, così come i dipendenti”. Le fusioni possono avvenire, “al loro interno”, tra i Comuni più vicini: “I numeri non sono interpretabili. E la legge riconosce a chi si fonde un milione e mezzo per 10 anni. – Ma come? non aveva detto che era Pesaro a rischiare? Allora se è così Pesaro prende la quota di sette anni (10,5 milioni). – Più i risparmi organizzativi di 500-600mila euro all’anno. E in più cinque anni dello sblocco del patto. Si poteva aspettare? Sì, ma oggi i vantaggi sono massimi e i Comuni che si fondono sono ancora pochi. – Chissà perché? Forse qualcuno ancora da importanza e valore alle identità! Conclusione: è tutta una questione di cassa. Pesaro che è rimasta capoluogo di provincia solo sulla carta non avrà più i trasferimenti dallo Stato e dalla Regione che aveva in precedenza sta raschiando il barile sulla pelle e sulla rottamazione di Mombaroccio.
di Roberto Zaffini