Rimini, padre accusato di abusi sulla figlia minorenne. Inchiodato anche dalla “sorellina” della vittima: costretta a mentire sotto minaccia di morte

Una testimonianza che si è rivelata un inatteso colpo di scena ha scosso ieri il tribunale di Rimini, durante l’udienza per violenza sessuale e maltrattamenti a carico di un 50enne di origine rumena, residente da tempo nella città romagnola. Una delle figlie dell’imputato, fino ad oggi considerata testimone a suo favore, ha ritrattato le sue dichiarazioni, accusando il padre e raccontando di essere stata costretta a mentire sotto minaccia di morte.

L’uomo è sotto processo con l’accusa di aver abusato sessualmente della figlia maggiore – che all’epoca dei fatti era minorenne – e di aver esercitato per anni un regime di violenza psicologica e fisica nei confronti degli altri due figli. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2010 e il 2013. Proprio ieri, davanti al gup Raffaele Deflorio, nel corso di un rito abbreviato condizionato, la figlia più piccola ha fornito una testimonianza che ha stravolto gli equilibri del procedimento.

In passato, la giovane e la madre (poi deceduta) avevano negato qualsiasi episodio di abuso, sostenendo anzi che le accuse mosse dalla figlia maggiore – la prima a denunciare – fossero false e pretestuose. Durante l’udienza di ieri, giovedì 10 luglio, però, la ragazza ha riferito in aula di essere stata costretta dal padre a sostenere quella versione, minacciata ripetutamente con frasi del tipo “se parli, ti ammazzo”. Ha inoltre ammesso di essere stata anch’ella vittima di maltrattamenti.

Le nuove dichiarazioni hanno avuto un impatto rilevante sul processo. Il pubblico ministero Davide Ercolani, a conclusione della discussione, ha chiesto per l’imputato una condanna a 12 anni di reclusione. La difesa, affidata all’avvocato Morena Ripa, interverrà nella prossima udienza, attesa per la prossima settimana, prima che venga pronunciata la sentenza.

Un passato di soprusi e terrore domestico

Secondo quanto emerso dalle indagini e dalla ricostruzione dei magistrati, il quadro familiare sarebbe stato segnato da anni di abusi, minacce e privazioni. Il padre avrebbe più volte aggredito fisicamente la figlia maggiore quando si rifiutava di sottostare alle sue richieste, costringendola inoltre, insieme alla madre, a mendicare. Episodi di violenza fisica e verbale sono stati documentati anche nei confronti del figlio maschio, anch’egli fuggito di casa prima delle sorelle.

Tra gli episodi più gravi contestati: una fuga disperata verso Prato bloccata con telefonate minatorie ai conoscenti della figlia; il sequestro di libertà personale imposto con il divieto di uscire o usare il telefono per due anni; il controllo ossessivo della vita privata tramite accesso forzato alle password dello smartphone; e aggressioni fisiche legate alla frequentazione di un fidanzato, fino a un violento colpo in volto che le procurò un ematoma e la rottura degli occhiali.

Solo nel 2022 la giovane riuscì a liberarsi, grazie al supporto di un Centro antiviolenza e della questura, che l’accolsero in una struttura protetta dove ha vissuto per due anni. Dopo la denuncia, l’uomo era stato arrestato ma poi scarcerato e posto ai domiciliari, anche grazie alle precedenti dichiarazioni a suo favore della figlia minore e della moglie.

Oggi, con il cambio netto di posizione della testimone più giovane, il quadro si è ribaltato. Per la giustizia, è il momento decisivo. E per i tre fratelli, l’orizzonte di una fine definitiva del lungo incubo familiare sembra finalmente possibile.