Rimini, protesta dell’opposizione per il no ai manifesti “anti gender”: Montevecchi parla di “deriva totalitaria” nel Pd

La decisione della giunta comunale di Rimini di negare l’affissione dei manifesti “anti gender” proposti dall’associazione Pro Vita e Famiglia ha acceso un nuovo fronte di polemiche nella città. L’amministrazione ha motivato il rifiuto con la necessità di tutelare la dignità di tutti, inclusi bambini e adolescenti, ma il gesto è stato immediatamente contestato dall’opposizione politica.

fonte immagine: Radio Pride
fonte immagine: Radio Pride

A sollevare la questione è stato Andrea Pari, consigliere comunale della Lega, che ha definito la decisione “ingiustificata” e ha denunciato una forma di censura nei confronti di un’associazione spesso osteggiata. Pari sottolinea come il tema del gender sia certamente sensibile e divisivo, ma ritiene che la pluralità di idee debba essere garantita senza limitazioni. Richiama inoltre la coerenza della giunta, che poco tempo fa ha approvato un ordine del giorno sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole, riconoscendo l’identità di genere come valore essenziale.

A rincarare la dose è Matteo Montevecchi, ex consigliere regionale dell’Emilia-Romagna, che accusa la giunta guidata dal sindaco Jamil Sadegholvaad di “censurare ogni voce che non si allinea al pensiero unico del Pd riminese”. Montevecchi denuncia una “paura della verità e della realtà” da parte della maggioranza, definendo il provvedimento una chiara “deriva totalitaria”. Non risparmia critiche anche ai consiglieri comunali definiti “sedicenti cattolici” della maggioranza, ritenuti complici per il loro silenzio e la loro “compiacenza” verso questa situazione.

La controversia è destinata a proseguire, con l’opposizione pronta a trasformare il diniego in un’occasione per amplificare il proprio messaggio. Sullo sfondo, un dibattito che coinvolge sensibilità sociali, identità culturali e la percezione stessa della libertà di espressione all’interno dell’arena politica locale.