Rimini, sammarinese nei guai giudiziari: accusato di evasione da due milioni. La difesa: macchè conto svizzero, fu tutto uno scherzo fra amici

È un cittadino sammarinese il protagonista di un’intricata vicenda giudiziaria italiana che si trascina ormai da quasi un decennio. L’uomo, oggi cinquantenne, è imputato davanti al tribunale di Rimini con un’accusa pesantissima: avrebbe nascosto al fisco italiano un presunto conto milionario in Svizzera, evitando di pagare oltre due milioni di euro di imposte nel 2016. Ma lui respinge ogni addebito e parla di uno “scherzo di amici”, finito per trasformarsi in un incubo giudiziario.

L’origine del caso risale al 2017, quando – durante una perquisizione condotta dalla Guardia di Finanza nella sua abitazione – venne rinvenuto nel suo telefono un file sospetto: l’immagine di un documento bancario svizzero, apparentemente riconducibile all’imputato, con un saldo a sei zeri risalente all’anno precedente. Secondo gli inquirenti, si trattava della prova di un deposito occultato al fisco italiano. Per la Procura, quel conto era reale, e i capitali al suo interno erano frutto di attività illecite.

L’indagine – che inizialmente mirava a chiarire presunti traffici di carburante e trasferimenti fraudolenti di valori – si trasformò così in un procedimento per evasione fiscale. L’uomo, che nel frattempo si è visto sequestrare parte del proprio patrimonio, ha affidato la propria difesa all’avvocato Paolo Ghiselli, del Foro di Rimini. La linea difensiva è chiara: il conto non è mai esistito, e quella prova è frutto di una burla orchestrata da conoscenti, forse senza immaginare le conseguenze legali.

Un punto chiave a favore della difesa è l’assenza di qualsiasi riscontro concreto sull’effettiva esistenza del conto. Nessuna rogatoria internazionale è mai stata avviata per ottenere conferma dalle autorità bancarie svizzere, e non risultano accertamenti ufficiali presso istituti elvetici. Un dettaglio, questo, che solleva più di un dubbio sull’impianto accusatorio.

«Sono finito in un incubo per una goliardata che si è trasformata in un boomerang giudiziario», ha raccontato più volte il sammarinese. Una storia che riaccende i riflettori sul delicato rapporto tra giurisdizioni confinanti, sul peso delle prove digitali e su quanto possa costare, in termini di tempo e reputazione, un presunto scherzo finito male.

Il processo è ancora in corso, ma l’attenzione nella Repubblica di San Marino resta alta: in ballo non c’è solo il destino di un suo cittadino, ma anche il confine sottile tra leggerezza e responsabilità penale.