Roma. Tornano Cerci e Marchisio

MARCHISIOUN RIGORE che non c’è, due galassie lontane. Sono passati dieci minuti, quando Gentiletti atterra Dzeko appena fuori area. Tagliavento fischia, il bosniaco la mette sul dischetto e segna. Quel rigore è l’ombelico di due mondi. Il pianeta Garcia è tre metri sopra il derby: «Rigore o no non sarebbe cambiato nulla: abbiamo meritato di vincere, eppoi c’erano due espulsioni per loro… Se Lulic non ha fratturato la caviglia di Salah è un miracolo». L’asteroide in caduta di Pioli è un puntino opaco: «Il rigore non c’era, episodio determinante».
Tutt’attorno al dischetto, c’è una Roma in palla che colpisce e controlla, per poi colpire ancora, protetta da un super Manolas e da un Vainquer mai visto prima. Più tosta e messa meglio atleticamente la Roma dei due mondi, che vince il derby senza romani nè italiani – Florenzi a parte che entrerà nel finale – in campo al fischio d’inizio. Una Roma che non gira più attorno agli umori e le meraviglie di un imperatore, Totti, con De Rossi a festeggiare in tribuna. Una Roma trascinata, dai due giganti e un ninja: Manolas, Dzeko (6 gol in 6 derby, compresi quelli di Manchester), Nainggolan, quest’ultimo capitano per un giorno. Un triumvirato sul quale Garcia ha puntato forte: «Avevo chiesto a loro tre di trascinare la squadra». Dopo il gol di Dzeko, che sbaglierà il facile 2-0, la Lazio s’è illusa con la splendida traversa centrata da Felipe Anderson e il gol sfiorto da Djordjevic. Due lampi nel buio, alla fine: «E’ un momento delicato, tre sconfitte in campionato di fila non le avevamo mai subite», dirà Pioli, ripensando all’errore di Marchetti sul raddoppio di Gervinho.
E in sala stampa c’è anche lo scivolone di Garcia, quando gli chiedono se si senta l’allenatore ideale della Roma: «A Roma non ci sono Re a parte il Papa, Totti e il ‘Libanese’ di ‘Romanzo Criminale…», precisando che il senso della sua battuta è legato alla tv: «Sto guardando la serie, fatemi andare che ho una puntata da vedere..».

Resto del Carlino