San Marino. 500esimo Raffaello: occasione persa per il Titano

C’è un legame strettissimo tra San Marino e Raffaello. Ed è un legame che sarebbe stato più che opportuno portare in luce e fare emergere specie nell’anniversario della nascita e della morte del pictor divinus. E’ arcinoto come quest’anno si celebri il cinquecentesimo anno dalla morte in senso stretto, l’artista urbinate nacque il 6 aprile del 1483 e morì il 6 aprile 1520. Sarebbe bastato poco per organizzare per tempo un evento sammarinese legato alle grandi mostre italiane a partire da quella di Urbino. Non a torto il direttore di Rtv Carlo Romeo fece notare in una trasmissione andata in onda prima che il Covid-19 innescasse il dramma collettivo che stiamo vivendo, che sarebbe bastato poco reperire documenti presenti presso il nostro archivio i quali attestano lo stretto rapporto tra il grande pittore e Antonio da San Marino che ne fu l’esecutore testamentario. Ovviamente sarebbe stato necessario organizzare il grande evento per tempo ma forse chi fino a poco fa ricopriva la carica di segretario alla cultura aveva in testa altre priorità. Che la cultura torni ad essere prioritaria è l’appello lanciato in Italia da Vittorio Sgarbi che si sta mobilitando per fare in modo che mostre come quella di Raffaello alle scuderie del Quirinale non vengano sprecate visto che sono state chiuse dopo appena due giorni dalla loro apertura. “Faccio un appello – ha detto il noto critico d’arte – a tutto il mondo della cultura affinché nei provvedimenti non ci siano tagli per la cultura ma che alla ripresa essa sia il primo punto di riferimento. Chiedo non solo che non vengano tagliati i fondi per la cultura, perché si possa investire su musei e mostre ma che tra le prime cose che si riapriranno ci siano i musei e le mostre considerato che la conoscenza è un bene primario. Non si può lasciare un bene primario perennemente chiuso, rispettando lo stesso contingentamento applicato ai supermercati si deve pensare ad una immediata riapertura”. Tornando alla figura di Antonio da San Marino, esso “Nacque a San Marino, da Paolo de’ Fabri, nel sesto decennio del sec. XV; trasferitosi a Roma nel 1476, fu allievo di Antonio Bregno, orefice di Sisto IV. Nel 1492 acquistò in Borgo Vecchio la bottega di Guglielmo di Bartolomeo Fiorentino e divenne uno dei più apprezzati orefici romani, tanto da essere ascritto da Alessandro VI tra gli orafi di corte. Fu probabilmente tra gli artefici delle statue argentee degli apostoli per la cappella privata del pontefice. La repubblica di San Marino lo elesse suo rappresentante permanente a Roma e A., che alla corte pontificia godeva di molte e potenti relazioni, poté rendere alla sua patria importanti servigi: ottenne la protezione di Innocenzo VIII e di Alessandro VI nelle interminabili contese della piccola repubblica con i signori confinanti, in particolare con Pandolfo Malatesta e col vescovo di Montefeltro Celso Melini, e indusse Giulio II ad inviare a San Marino, il 31 marzo 1509, un breve in cui si assicurava la protezione papale alla repubblica minacciata dalle mire di Venezia sulla Romagna; un breve di protezione ottenne anche dal pontefice Leone X nel 1516. Alla fine del sec. XV fu ad Urbino ed eseguì alcune opere di oreficeria per quella corte; ivi conobbe Raffaello Sanzio, al quale rimase sempre legato da viva amicizia. Tornato a Roma, nel 1508, fu console dell’università degli orefici, e l’anno successivo poté aprire una nuova bottega nella famosa strada dei Banchi. Ottenne importanti commissioni dal banchiere e mecenate Agostino Chigi, che molto ne apprezzò l’opera, e collaborò assiduamente con Raffaello alla Farnesina ed alle cappelle di S. Maria della Pace e di S. Maria del Popolo, non soltanto come orefice, ma anche in qualità di architetto e di decoratore. Nell’aprile del 1520, alla morte di Raffaello e di Agostino Chigi, per disposizione testamentaria di quest’ultimo, assunse la direzione dei lavori per il completamento della cappella di S. Maria del Popolo. Nel marzo dell’anno successivo la repubblica di San Marino lo incaricò di una ambasceria a Firenze, ma non si hanno notizie sugli scopi e sui risultati di essa. Oltre alle attività di diplomatico e di artista, A. si dedicò anche al commercio del sapone, del quale aveva il monopolio per Roma; il consiglio comunale della città gli impose, però, nel 1521 di non superare il prezzo di vendita di dieci quattrini la libbra. Nel primo semestre del 1522 fu nuovamente console dell’università degli orefici; morì a Roma alla fine di ottobre di quell’anno. Aveva sposato nell’anno 1512 la fiorentina Faustina di Giovanni Federici, dalla quale ebbe cinque figli”. Un’occasione perduta per San Marino di celebrare la grandezza di un proprio concittadino e quella di chi con la sua opera e il suo ideale di bellezza classica ha lasciato un segno indelebile sulla nostra cultura estetica. Tanto che sull’epitaffio composto dall’amico Pietro Bembo e fatto incidere sulla tomba di Raffaello al Pantheon di Roma troviamo scritto: «Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori». “Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire”.
Olga Mattioli

Repubblica Sm