San Marino. Alluvioni, fango e polemiche. Ma nessuno parla di prevenzione … di Angela Venturini

San Marino. Alluvioni, fango e polemiche. Ma nessuno parla di prevenzione … di Angela Venturini

Seimila interventi per la difesa idraulica, per la rete stradale e la rete ferroviaria danneggiate, per altre infrastrutture pubbliche. Difficile capire quanti ne siano stati portati a termine dopo l’alluvione del 2023 in Emilia Romagna, quanti siano in progetto, quanti realmente finanziati. 

Sta di fatto che la recente alluvione che ha colpito di nuovo la Romagna, a distanza di 16 mesi da un altro evento altrettanto dannoso, infuria la polemica sugli aiuti effettivi ricevuti e sugli interventi concretamente realizzati. 

La Regione Emilia Romagna si trova alla vigilia di elezioni per eleggere il Consiglio regionale e il Presidente della giunta regionale, che si terranno domenica 17 e lunedì 18 novembre. Comprensibile ma non giustificabile la polemica tra le diverse forze politiche e gli amministratori locali, mentre ci sono persone fuori di casa, strade e campi allagati, un’economia agricola di nuovo in ginocchio. Il classico rimpallo di responsabilità. Questo invece è di nuovo il momento di rimboccarsi le maniche e dare una mano, come stanno facendo militari, pompieri, forze dell’ordine, protezione civile e centinaia di volontari, tra cui anche quelli sammarinesi in coordinamento con la protezione civile regionale. 

Eppure, qualche considerazione va fatta. Prima tra tutte il raffronto con il terremoto del 2012. Un fenomeno mai visto e inaspettato, visto che la Pianura Padana non è catalogata tra le zone a più alto rischi sismico. Danni complessivi pari a 12,2 miliardi di euro, 66 mila le imprese colpite. Pievi e chiese distrutte; fabbriche, capannoni e abitazioni crollate. In tutto, 656 mila tonnellate di macerie. Chi fosse passato da quelle parti appena tre anni dopo, non ha visto segni di distruzione. Prima di tutto sono ricostruite fabbriche e opifici, poi le case, poi chiese e monumenti. Città, paesi e campagne sono tornati belli ed efficienti come prima in pochissimo tempo. Era presidente della Regione Vasco Errani. 

Esempi simili sono accaduti in Veneto e in Friuli per emergenze altrettanto catastrofiche, mentre in altre zone d’Italia sono passati decenni e la ricostruzione ancora stenta ad andare avanti. La differenza come sempre la fanno le persone e i romagnoli sono gente che non aspetta la manna dal cielo: di fronte ad una catastrofe si mette subito a lavorare e se ha soldi li spende in quello che serve a ripristinare e a migliorare l’intera comunità. Si sente raccontare che molte persone che hanno avuto la casa distrutta dalla precedente alluvione, hanno ricevuto 4 o 5 mila euro al massimo. E adesso sono punto e a capo. Loro sì che sarebbero giustificate a fare polemiche. Ma sicuramente si metteranno subito a lavorare di nuovo per ripristinare le loro proprietà e le loro aziende.

Non facciamo commenti perché in questi momenti ci sono altre considerazioni da fare, non tanto sul maltempo quanto piuttosto sui cambiamenti climatici che provocano eventi meteo estremi e sui comportamenti umani non sempre intelligenti. 

Il climate change ha origine nell’inquinamento dell’aria a causa delle emissioni di CO2 e nel disfacimento del Pianeta Terra sommerso dalle plastiche e da mille altri rifiuti. Se non ci mettiamo in testa – noi semplici cittadini e i governi di tutti i Paesi – di cambiare mentalità e atteggiamenti riguardo ai consumi e allo sviluppo esagerato, i disastri meteo saranno sempre più frequenti e sempre più disastrosi. 

Ma ci sono altri comportamenti da rivedere. In Italia ci sono circa 12mila chilometri di corsi d’acqua “tombati”. Fiumi, torrenti e rivi trasformati in canali sotterranei, quindi coperti da edifici e strade. Per due secoli nelle Università si è insegnato che un fiume è un semplice collettore. Un “tubo” che si può trasformare in qualcosa d’altro usando cemento e buoni calcoli. La dinamica naturale di un fiume, che da sempre “vive” passando per fasi di magra e di espansione, ma anche di esondazione, è stata cancellata attraverso l’ingegneria. Finché la natura non si riprende i suoi spazi. Così è successo in Emilia Romagna e in altre zone devastate da alluvioni improvvise. 

Adesso che giocoforza abbiamo capito queste cose, è ora di porre rimedio, magari costruendo vasche di espansione dove un eventuale allagamento non faccia danni e vietando di costruire case e negozi sulle rive di fiumi e torrenti. Questo devono fare Comuni, Province e Regioni, investendo i soldi messi a disposizione. In una parola: prevenzione! Una parola magica, che riguarda anche i singoli, i quali dovrebbero sapere che non ci si mette sull’argine di in fiume in piena per filmare un video da mettere sui social, oppure vanno a spostare la macchina quando l’acqua comincia a salire, oppure vogliono attraversare un sottopassaggio che si sta riempendo di fango. Sono comportamenti irresponsabili, per evitare i quali ci sono precise campagne di informazione. Basterebbe ascoltarle. 

Angela Venturini