San Marino. Bernini (Cemec): “Siamo un punto di riferimento per il Consiglio d’Europa ma a San Marino…”

Non è da irresponsabili affermare che il ‘brutto’, almeno a livello sanitario, ce lo siamo lasciati alle spalle. Se ci ostinassimo a voler far perdurare ‘il regno della peste’, il rischio sarebbe quello di precipitare in un regime medicalizzato, con tutte le conseguenze che questo comporta. Per tale ragione ora sembrerebbe più il tempo di gestire al meglio la fase due, forti delle esperienze e, ahinoi, anche degli errori commessi durante l’emergenza coronavirus. Di questo abbiamo parlato con il presidente del Cemec, l’infettivologo Enrico Bernini Carri.

Presidente, il Cemec è un punto di riferimento a livello europeo, l’averlo qui a San Marino ha sicuramente rappresentato un valore aggiunto durante l’emergenza sanitaria. In che modo Iss ha potuto avvalersi delle sue competenze?
“La ringrazio per questa domanda. Il mio ruolo è quello di Presidente del Cemec, il Centro Europeo per la Medicina delle Catastrofi che, operando sotto l’egida del Consiglio d’Europa e dell’Oms, persegue la missione di mitigare le conseguenze dei disastri naturali e tecnologici attraverso la diffusione della cultura della medicina dei disastri e la formazione degli operatori dell’emergenza. Quindi considerato che San Marino possiede l’unica agenzia al mondo che si occupa di pandemia e catastrofi, ho trovato strano che nonostante io abbia immediatamente dato la mia disponibilità a collaborare, in fondo siamo un Ente di Stato, siamo stati pochissimo coinvolti. Non sono dunque stato parte attiva, ho percepito che non c’era la volontà di avvalersi delle professionalità del Cemec, quando invece avremmo potuto mettere a disposizione i migliori tecnici ed esperti. Ho solo mandato delle lettere con dei suggerimenti che ho avuto l’impressione siano state considerate con poca attenzione. Non è stato dato rilievo alle mie osservazioni, nessun riscontro è mai giunto a parte una telefonata del Segretario di Stato alla Sanità. Anche ultimamente ho spedito una lettera sulla gestione della fase due, senza peraltro ricevere riscontro. Il 27 febbraio intervenni in una trasmissione in cui dicevo che San Marino non avrebbe dovuto illudersi di essere immune ma anche allora ebbi poca credibilità nella mia veste di infettivologo”.

Guardando alla fase due, a suo avviso è giusto che le scuole continuino a rimanere chiuse? I bambini sono dei portatori sani della malattia?
“I bambini non è detto che siano per forza portatori sani, la carica virale che esprimono è bassa, la contagiosità va di pari passo alla sintomatologia clinica, quindi i bambini si ammalano meno e la loro contagiosità è più bassa. La scuola chiusa quando si è chiuso tutto era giustificata dal fatto che i bambini non riescono a rispettare le regole come gli adulti. E’ stato saggio chiudere le scuole nel momento in cui non era ancora stato acclarato che i bambini fossero un modesto veicolo di infezione ma ora quella di riaprirle è una opzione certamente da non scartare. Realisticamente non credo che la riapertura possa comportare un aggravamento della situazione epidemiologica”.

Le cose sono notevolmente migliorate. Per quale ragione?
“Adesso ci sono dei farmaci più efficaci, ora c’è la capacità di fare diagnosi migliori, all’inizio molti medici confondevano la sintomatologia e scambiavano la Covid19 per una influenza, questa sottovalutazione iniziale ha avuto le conseguenze che conosciamo. Complice anche la temperatura più alta ed un clima più favorevole e considerato che i pazienti più fragili purtroppo sono già morti, le cose ora stanno andando meglio. Nei primi mesi chi entrava in terapia intensiva aveva il 50% di possibilità di cavarsela, si è sbagliato il protocollo, si è pensato che la malattia avesse solo effetti di carattere polmonare invece aveva gravi conseguenze anche a livello vascolare ed in altri distretti come sta emergendo adesso”.

San Marino ha gestito al meglio l’emergenza sanitaria?
“Premesso che io ho l’abitudine di non giudicare i tecnici che lavorano e che certamente lo hanno fatto al meglio considerando i pochi dati che avevamo a disposizione, ritengo però non veritiera la lettura che si è voluta far passare di una San Marino come esempio virtuoso nell’affrontare la pandemia. I dati sono stati sconfortanti, abbiamo avuto uno tra i più alti numeri di contagi e di morti al mondo. E la distinzione che si è voluta fare tra coloro che sono morti con il coronavirus o per il coronavirus è a mio avviso artificiosa. Questo nonostante sia chiaro che si trattasse di persone fragili che sarebbero morte anche per altre patologie. C’è stata a San Marino, così come in tutti i paesi del mondo, una incapacità di gestire la situazione che doveva prevedere una organizzazione specifica dell’emergenza pandemica. Gli ospedali dovevano continuare a fare la loro funzione, creando se possibile una struttura ad hoc per la pandemia, mentre invece siamo stati travolti da questo “tsunami”: questa situazione emergenziale ha sottratto risorse per la gestione ordinaria delle altre patologie e temo pagheremo a caro prezzo in futuro per questa “sospensione”. Mi riferisco alle conseguenze per tutti quelli che si sono visti negare la possibilità di essere sottoposti a interventi, a visite specialistiche o che per timore non si sono recati in ospedale per i controlli previsti. Ci sono stati globalmente errori di carattere strategico, noi abbiamo pensato solo alla Covid19 in dimensione di emergenza ospedaliera dimenticando la gestione del territorio dove andava combattuta la vera battaglia di identificazione ed isolamento dei casi. Si è trattato comunque di una situazione straordinaria, ora non è il caso di parlare di errori o incapacità ma occorre concentrarsi nel gestire al meglio e con competenza la Fase Due. Non va bene invece convincersi che San Marino sia stata l’esempio perfetto tanto da essere diventato un modello nel mondo, se no rischieremo di ripetere gli stessi errori”.

Si parla sempre di convivere con il virus e di un mondo destinato a cambiare. Ma la pandemia non ha un inizio e una fine?
“In effetti la cinetica virus ha un suo ciclo, sappiamo che ogni ciclo pandemico ha un inizio e una fine (e questo lo sanno tutti gli epidemiologi). Questo non vuol dire che a ottobre non si possa presentare nuovamente una situazione seria (anche se io credo gestibile attraverso il controllo del territorio). Si dovrebbe però smettere di prefigurare scenari eccessivamente allarmistici ma basarci sui dati oggi in nostro possesso. Mi pare una sciocchezza prevedere ad esempio un rientro a scuola a settembre diverso dalla “normalità”. Ci sono tutti i presupposti per programmare una scuola normale con le dovute precauzioni (distanza tra i banchi, igiene, mascherine), nel caso poi dovesse tornare una situazione difficile da gestire, avremmo già l’esperienza di questi mesi ma gli scenari peggiori possono essere scongiurati con il presidio accurato del territorio”.
Olga Mattioli

Repubblica Sm