Non starò qui a raccontare tutta la storia criminale di Giovanni Brusca. Consiglio di acquistare un qualsiasi giornale per gli approfondimenti del caso. Basti dire che il boss di San Giuseppe Jato era nel cuore di Riina e fu l’artificiere che fece esplodere la bomba di Capaci. Arrestato nel 1996, è uscito lunedì dal carcere romano di Rebibbia. Libero, seppure con qualche residua limitazione e sempre sotto protezione, inserito a pieno titolo nel programma per la sicurezza dei pentiti. Brusca i delitti commessi non riusciva nemmeno a contarli, per quanti erano. Ma grazie alla decisione di confessare, denunciare e far condannare gli altri mafiosi, capi, sottocapi e gregari, ha evitato l’ergastolo: si è beccato trent’anni e adesso il fine pena è arrivato. Prima di collaborare veramente, Brusca tuttavia ordì un tentativo di depistaggio. All’inizio parlò di patti sottobanco, provò a svelare ambigui contatti con lo Stato e cercò di tirare in ballo l’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante, ma erano bugie orchestrate per mettere in crisi le istituzioni e il pentitismo. Con le sue dichiarazioni questo tremendo assassino ha dato il via anche alle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Chi mi legge sa benissimo come la penso. Sono e resto garantista. Ma come ho spesso avuto modo di scrivere, garantista non significa avere l’anello al naso, bersi qualsiasi insulsaggine o perdonare tutto e tutti. Davanti a qualcuno che confessa efferati delitti o che viene colto con in mano la classica pistola fumante, non si può essere compassionevoli e solidali. E per quanto mi riguarda, diventa anche difficile perdonare. Non nascondo di non avere mai compreso come il confessare o il collaborare possa lavare la coscienza (e la fedina penale) di chi si è macchiato di atti indegni a dire poco. Così lasciare Brusca libero è come uccidere due volte le sue vittime. Eppure non dobbiamo mai scordarci che la legge che ha permesso a Brusca di uscire dal carcere è stata particolarmente utile per fermare le stragi e combattere un nemico che dopo anni di guerra e sangue di eroi versato sul campo, non siamo stati ancora in grado di sconfiggere. Non a caso questa è stata la reazione di Maria Falcone, sorella di Giovanni, alla scarcerazione di Brusca: “Umanamente è una notizia che mi addolora, però questa è la legge, che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata”. Sicuramente ai tempi delle stragi quello dei pentiti era uno strumento valido o addirittura l’unico in grado di fornire agli inquirenti piste ed elementi preziosi. Oggi però, grazie alla tecnologia e alle nuove tecniche investigative, si dovrebbe forse pensare di rivedere il sistema. Perché assistere a tutto questo francamente fa venire meno la fiducia non solo nella giustizia, ma nell’intero genere umano.
David Oddone
Rubrica “Qui gatto… ci cova”