San Marino. Buriani rinviato a giudizio: potrebbe essere l’avvio di una riscrittura della storia di questi ultimi anni. A cominciare dal processo Mazzini … di Alberto Forcellini

La notizia è di quelle da prima pagina, da titoloni in locandina: Buriani e Celli rinviati a giudizio. È vero che probabilmente la maggioranza della gente non sa neppure chi sia Buriani, ma Celli lo conoscono tutti. Invece, i giornali dei partiti di opposizione, venerdì mattina, preferiscono dare i titoli di testa alla smentita di Celli, oppure scrivono: si scatena l’artiglieria pesante contro il conto Mazzini, Buriani e pro Asset.

Ancora una volta la difesa cieca, folle, irragionevole, del giudice amico della “cricca” e protetto da una certa classe politica: quella del governo Adesso.sm. Un giornalismo né etico, né umano. Come già era avvenuto quando in campagna elettorale si scagliava ogni giorno contro Tonnini, Ciavatta e Santi, che lo stesso Buriani aveva rinviato a giudizio con un tratto di penna, ispirando una vera e propria guerra contro quegli “sfigati” di Rete.

Adesso gira voce che molti articoli riguardanti il tribunale e la giustizia, pubblicati da quel giornale, fossero scritti ogni giorno dallo stesso Buriani. Compreso l’ultimo di venerdì mattina, riguardante la sentenza del Collegio Garante sulla retroattività del reato di riciclaggio.

È chiaro: tutte le vicende più gravi di questi ultimi anni vanno a braccetto. L’indagine su Buriani fa luce sulla sua condotta, come è emerso dalla relazione della commissione banche: frequentazioni molto strette con i vertici di banca CIS, tanto da andarci in vacanza insieme e intrattenere rapporti a livello familiare. Il giudice poi si sdebitava ricevendo e assecondando gli input provenienti dall’indirizzo della banca.

La vicenda Asset c’entra perché ora viene alla luce come la chiusura fu una decisione politica presa dalla cricca. Tra l’altro, San Marino perse in quell’occasione circa 600 milioni di euro per la sfiducia verso il sistema che si era innescata tra i risparmiatori, corsi subito a portare i loro soldi fuori confine. I famosi collateral domages (danni collaterali) che nessuno va mai a calcolare. Oggi, probabilmente, lo Stato sarà chiamato a pagare il danno di quell’avventatezza (dietro alla quale c’era sempre la cricca). L’unica speranza è che lo Stato proceda con una rivalsa verso i responsabili materiali e politici.

Il processo Mazzini c’entra perché Buriani era a capo del pool inquirente e, stando agli sviluppi di questi anni e alle dichiarazioni di autorevoli esponenti del Foro sammarinese, pare che fosse tutta una storia romanzata, senza alcun supporto giuridico, solo per colpire una certa classe politica e sostituirla con un’altra. Le accuse più frequenti: corruzione (reato che all’epoca non era ancora contemplato nel Codice Penale) e riciclaggio. Adesso, la recente sentenza del Collegio Garante afferma che il reato di riciclaggio, qualora venga provato, ha una reazione istantanea, non retroattiva. Quindi, sequestri milionari potrebbero sciogliersi come ricotta scaduta.

Giocando con una sapiente campagna mediatica, il processo Mazzini è sempre servito alla cricca per fare le campagne elettorali e, soprattutto, per distogliere l’attenzione del popolino da ogni altro tipo di attività. Insomma, la classica foglia di fico.

La “sfiga” vera è che nulla a questo mondo è eterno. E così, prima è crollata la banca di Grandoni, che all’improvviso si è scoperta piena di debiti, nonostante i magheggi e i favoritismi. E allora si cerca un compratore, che è farlocco, ma che si tenta di far passare ad ogni costo. Perfino cercando di ricattare la presidente di Banca Centrale. Ovviamente sono manovre nascoste, di cui nessuno sa nulla, mentre le cronache politiche indugiano coi titoloni sulle dichiarazioni infuocate dell’allora capogruppo di Rf Roberto Giorgetti (occorre vendere banca CIS per fare il bene del paese) e il trappolone messo in atto da Matteo Fiorini, sempre di RF, per far fuori Roberto Ciavatta e con lui la cosiddetta legge salva banche.

Ma sono state proprio le manovre per la vendita a Stratos a rivelarsi la buccia di banana su cui è scivolato Buriani, tirandosi dietro l’ex Segretario alle Finanze Simone Celli. Tutto ciò avviene quando cambia il governo e finalmente si squarcia il velo di omertà sul tempio degli affari loschi e delle manovre politiche sostenute dalle opportunistiche inchieste del giudice per far fuori gli avversari.

Una spy story da best seller internazionale, con tantissimi retroscena che cominciano a svelare il coinvolgimento di nomi eccellenti, che scambiavano informazioni e documenti sul cellulare di Buriani. Abuso di autorità, falsa testimonianza, tentata concussione: sono accuse molto pesanti per un tutore della legge, che tra l’altro intratteneva contatti e scambiava informazioni con alcuni politici. I suoi precedenti amici (Menicucci, Marcucci, Mularoni, Lonfernini) sono finiti tutti dentro al processo Mazzini: questi nuovi amici, che fine faranno?

Diciamo che l’ordinanza di rinvio a giudizio è solo un primo passo nella ricostruzione della storia di questi anni. Un passo assolutamente impensabile fino a ieri, ma non si può certo cantare vittoria.

Innanzi tutto perché un rinvio a giudizio non è una condanna definitiva e la strada del processo è ancora lunga. Poi, perché i danni fatti da quella gente al sistema finanziario, al bilancio dello Stato, ai fondi pensione, ora li dobbiamo pagare noi.

Intanto, Celli è ormai fuori dai giochi e non ha più influenze politiche; Buriani si spera che venga definitivamente sospeso dal suo ruolo e dalle sue funzioni, come qualsiasi dipendente pubblico che abbia un procedimento penale in corso; amici, colleghi e compagnucci della parrocchietta si spera che stiano un po’ più guardinghi e abbassino la cresta perché ormai sanno che c’è un tribunale che lavora con scienza e coscienza.

a/f

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