San Marino. Capitani Reggenti, garanzia e popolarità … di Michele Bovi

palazzo pubblicoLa partita è ormai chiusa. Ma il contraddittorio che tiene banco in questi giorni ha l’energia per rimanere attuale e riproporsi con le future scadenze semestrali.

Ha ragione chi  ha rifiutato la definizione di “reggenza di garanzia” replicando che la Suprema Magistratura dello Stato è già impegno istituzionale di inconfutabile rispettabilità.  La discussione e le proposte andrebbero invece orientate in virtù dell’esigenza sempre più percettibile di soluzioni se non proprio estranee alla politica almeno affrancate dal prontuario dei partiti (e dei movimenti). Appare quindi altrettanto impercorribile l’alternativa della coppia di Reggenti nominata dalle forze di minoranza.  Il dibattito nasce dal momento difficile – esecutivo dimissionario, elezioni alle porte, incertezza delle coalizioni, litigiosità nelle formazioni – che stimola la suggestione di veder nominati due Capi di Stato “super partes”, che in questo caso non significherebbe al di sopra delle parti (perché la Reggenza lo è comunque), bensì svincolati dal legame diretto coi partiti. La proposta che sembrerebbe consentire questo passaggio è targata Rete che ha prospettato la nomina di Reggenti esterni al Consiglio. In realtà questa possibilità fu arginata nel 2005 da una modifica all’ordinamento – l’articolo 8 – che richiede obbligatoriamente la partecipazione di 58 Consiglieri per eleggere le massime cariche.  La concezione di quell’articolo aveva sostanzialmente funzionato da freno alle aspettative di un’area politica che intendeva premiare la virtuosa carriera di una ex componente del Consiglio, Patricia Busignani, con la nomina a Reggente.  Trascorsi undici anni, avvertita un po’ da tutti l’urgenza di riguadagnare attrattiva, anche l’articolo 8 potrebbe piegarsi a convenienti modifiche. E la proposta di Rete divenire così oggetto di confronti brillantemente costruttivi.  Reggenti esterni al Consiglio, scelti con quale criterio? Quello dell’alta rappresentatività ad esempio, diretta a richiamare l’attenzione internazionale su cittadini sammarinesi di elevato prestigio. Immaginiamo una coppia formata da Luciano Maiani, sammarinese, fisico nucleare candidato al Premio Nobel, già direttore generale del CERN  e Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano, e da don Ciro Benedettini, sammarinese, per 22 anni vice direttore della Sala Stampa Vaticana. Entrambi oggi sono più liberi da impegni: Maiani insegna Fisica all’Università di Roma, Benedettini scrive articoli per pubblicazioni della Santa Sede, incombenze che verosimilmente potrebbero sopportare una pausa di sei mesi. Va detto che il criterio dell’alta rappresentatività, all’esterno del Consiglio, potrebbe riguardare anche cittadini residenti non più assoggettati a incarichi di partito ma noti per aver ricoperto in passato ruoli istituzionali con eccellente reputazione. Immaginiamo una coppia formata da Maria Lea Pedini, la prima donna Reggente nella storia della Repubblica con all’attivo incarichi apicali nella diplomazia e da Renzo Ghiotti, il politico che ha raccolto più successi in quanto responsabile della Sanità pubblica. O ancora Giancarlo Ghironzi, medico insigne, coordinatore di alcune tra le più importanti iniziative della salute sammarinese, nonché  Segretario agli Esteri quando 45 anni fa San Marino ebbe la lungimiranza di intraprendere relazioni ufficiali con la Cina;  in coppia con Gastone Pasolini, già Capitano Reggente e con mansioni di governo che gli valsero l’apprezzamento unanime per equilibrio e integrità. Insomma la politica sammarinese, ammessa una minore rigidità delle norme vigilate dai partiti, sarebbe già nella condizione di  allargare il consenso dell’elettorato mostrandosi più libera fin dalla decisione relativa ai vertici dello Stato.  Non è la Reggenza che ha bisogno di maggiore garanzia, è la politica che necessita di più popolarità.

Michele Bovi