San Marino. Caso Sindacato Buriani. ”L’utilizzo di denunce anonime o di espedienti inidonei a radicare la competenza tabellare del Giudice”. L’esposto anonimo contro la Tomasetti

Nelle motivazioni in fatto e in diritto per promuovere l’azione di sindacato nei confronti del Commissario della Legge Dott. Alberto Buriani, inviate al Prof. Roberto Bin, l’Avvocatura dello Stato scrive:

”1.1. Nel caso segnalato dal Presidente di BCSM il procedimento viene attivato sulla base di una denuncia che deve considerarsi a tutti gli effetti “anonima”.

A scrivere l’esposto è infatti un tal Matteo Poletti: non identificato tramite documento d’identità, il preteso esponente rivolge, con deposito il 23 novembre 2018, il suo documento direttamente al Magistrato Dirigente (si veda l’all. 1, pagina 1 e ss.). 

Come viene correttamente rilevato, al Giudice è inibita l’apertura di un procedimento penale mediante l’utilizzo di denunce anonime: l’anonimo può, eventualmente, costituire la base per indagini di polizia, che, nel caso, porterà la notitia criminis a conoscenza dell’Autorità giudiziaria. Si deve infatti ricordare che l’art. 21 del c.p.p. – il quale riconosce al Giudice inquirente il potere di avviare indagini dopo avere ricevuto la denuncia, la querela o “qualunque altro mezzo atto a rendere edotto il Giudice inquirente dell’avvenuto reato” – deve essere posto in correlazione con l’art. 28 c.p.p., che prevede la prestazione del giuramento di calunnia da parte di “chiunque si faccia a denunciare in giudizio un reato qualunque”. Il modello inquisitorio che caratterizzava – all’origine e prima delle riforme – il processo penale sammarinese prevedeva già limiti al potere del giudice inquirente di iscrivere motu proprio la notitia criminis: il denunciante deve essere identificato e deve essere ammonito sulla gravità dell’atto che sta compiendo e sulle correlative responsabilità che si va ad assumere.

L’indicazione “qualunque altro mezzo” non può pertanto essere riferita a scritti anonimi, ma, semmai, a rapporti di polizia o referti (come poi successivamente precisato negli articoli relativi alle prove del reato, la maggior parte dei quali non più attuali).

Si deve anche ricordare che nel modello processuale sammarinese l’iscrizione del procedimento è atto del “giudice” e non del Pubblico Ministero (da cui dipende la polizia giudiziaria): quindi, ne è autore un soggetto per definizione terzo ed imparziale, tenuto a garantire i diritti dell’indagato. In altre parole, il Giudice Inquirente, proprio in ragione del suo essere “giudice”, non è libero di attivare indagini di sua iniziativa (cosa che avverrebbe se si ammettesse la possibilità di procedere sulla base di scritti anonimi, o di “voci” e “pettegolezzi”), ma è vincolato dalla notizia di reato qualificata (denuncia, querela, esposto, rapporto o referto), che deve essere circostanziata e cioè consistere non in generiche affermazioni, ma contenere precise indicazioni degli elementi di fatto.

Qualora si ammettesse che il giudice inquirente possa attivare indagini sulla base di scritti o comunque di riferimenti anonimi, gli si riconoscerebbe il potere assoluto di scegliere autonomamente chi perseguire e per quali fatti, trasformando lo Stato di diritto (che vede il giudice soggetto alla legge) in uno Stato di polizia, ove la delazione viene non solo incoraggiata, ma diviene essa stessa strumento di lotta politica: la giurisdizione non è più funzionale alla tutela dei diritti, ma alla repressione del dissenso e l’indipendenza diviene arbitrio (chi potrebbe escludere che sia il Giudice stesso a formare lo scritto anonimo?).

A riguardo lo stesso decreto del Giudice Inquirente del 4 giugno 2020 (si veda quindi l’allegato 2 all’esposto della Presidente di BCSM del 04/08/2020), nel motivare la legittimità (presunta, ma in realtà inesistente) dell’avvio di un’indagine penale sulla base di un esposto anonimo, cita un precedente giurisprudenziale italiano(v. all. 7) non solo travisandone il contenuto, ma richiamando una citazione in realtà assente nella sentenza.

Nell’ordinanza infatti viene citata la suddetta sentenza con la testuale espressione: “la denuncia anonima è sufficiente a far scattare il sequestro, ovvero lo strumento principale per l’accertamento della prova”. La proposizione citata (in apposito virgolettato) nell’ordinanza non solo non è presente nella pronuncia in oggetto ma al contrario nella stessa sentenza della Cassazione Penale italiana viene ribadito quanto esposto nel presente atto introduttivo, ovvero che “una “denuncia anonima” non può essere posta a fondamento di atti “tipici di indagine” e, quindi, non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità”.

Si sottolinea ulteriormente, come già indicato in precedenza, che nell’ordinamento sammarinese (ma anche in quello italiano) è possibile utilizzare l’anonimo solo per costituire la base per indagini di polizia, che, nel caso, porterà la notitia criminis a conoscenza dell’Autorità giudiziaria, mentre illegittima è l’apertura di un’indagine da parte del Giudice Inquirente sulla base di un esposto anonimo. Ciò rileva anche secondo quanto evidenziato a pagina 98 nella Relazione del Magistrato Dirigente del Tribunale Unico sullo stato della giustizia per l’anno 2009 (v. all. 8) e quella redatta per l’anno 2010(v. all. 9 a pagina 95 e seguenti).

Vi è anche da rilevare che nel sistema processuale sammarinese vi sono due importanti contrappesi al potere del giudice inquirente: il primo è costituito dal Cancelliere, atteso che ai sensi dell’art. 17 c.p.p. dal simultaneo concorso dei due funzionari dipende la legalità del procedimento, per cui se il Giudice bypassa il Cancelliere o dà ordini al Cancelliere senza ostendergli gli atti, la legalità è compromessa; il secondo è il Procuratore del Fisco, il quale, lungi dal poter essere assimilato all’ “accusa” – come purtroppo ora si tende a fare – è in realtà il controllore della legalità del procedimento. Infatti, come risulta dalla Relazione del Dirigente del Tribunale sullo stato della giustizia per l’anno 2018 (all. 10 e si veda in particolare p. 105) egli è “parte pubblica che interviene obbligatoriamente nel procedimento penale al fine di stimolare e controllare l’attuazione della pretesa punitiva dello Stato e vegliare sulla correttezza formale degli atti, sulla esatta applicazione della legge e sulla giusta amministrazione della giustizia, assolvendo così ad una funzione della regolarità del processo”. Se il Procuratore del Fisco avesse svolto il ruolo che gli compete, il procedimento non sarebbe mai stato iscritto, né – come si avrà modo di meglio argomentare in seguito –  avrebbe potuto essere definito con le modalità impiegate.”

1.2 Nei diversi casi segnalati il Giudice Inquirente ha qualificato (abusivamente) la notitia criminis in modo da aggirare i criteri tabellari allora vigenti sulla distribuzione del lavoro.

Nel caso del Presidente di BCSM il reato per il quale si è proceduto (ossia, come risulta dal decreto di archiviazione, il reato di amministrazione infedele, punito all’art. 198 c.p.) non rientrava nella competenza del Commissario della Legge Alberto Buriani, bensì del Commissario Morsiani, secondo le disposizioni sulla distribuzione del lavoro vigenti nel novembre 2018 (v. all. 11).

Sempre ai sensi delle disposizioni sulla distribuzione del lavoro allora vigenti l’assegnazione sarebbe dovuta avvenire ad opera del Cancelliere sulla base della prospettazione contenuta nella notitia criminis, rimanendo nella responsabilità del giudice sollevare la sua incompetenza qualora la qualificazione non corrispondesse al fatto esposto (v. all. 12 disposizioni del 20 novembre 2003 p. 46).

La stessa problematica si riscontra nella segnalazione del dott. Ercolani: “l’esposto” non contiene alcuna notizia, ma solo una ipotetica qualificazione (“reati contro lo Stato”) per consentire l’assegnazione del procedimento al Commissario Buriani. Infatti, i fatti vengono esposti solo successivamente in sede di prestazione del “giuramento di calunnia”. Orbene, il procedimento non doveva nemmeno essere iscritto, per assenza, appunto, della descrizione del fatto.

Il procedimento penale n. 296 del 2017 (v. all. 13) è attivato, infatti, da un esposto del Segretario di Stato alle Finanze Celli per il reato di cui all’art. 346 c.p. (“attentato contro i poteri pubblici”), con il quale intendeva segnalare un clima intimidatorio attraverso il quale si sarebbe voluto incidere, usando minacce e pressioni, sulla linea politica intrapresa dal Governo di cui faceva parte, atti che minavano la sua serenità in quanto facevano temere per l’incolumità sua e della sua famiglia: nell’esposto, particolarmente sintetico, non si indicano i fatti né i pretesi responsabili. Solo il giorno successivo l’allora Segretario di Stato Simone Celli, assistito da difensore, è comparso dinnanzi al Commissario Buriani (al quale il procedimento è stato assegnato, per competenza tabellare), specificando i fatti ed indicando il responsabile: il Commissario Buriani, venuto a conoscenza dei fatti, avrebbe dovuto rimettere il procedimento al Giudice competente.

Ciò non accade. Anzi, con decreto del 20 giugno 2016 viene disposta la perquisizione a carico del prevenuto, al fine di acquisire i documenti cartacei ed informatici relativi a contatti con il Segretario di Stato Celli o con terzi ma aventi ad oggetto la persona di Simone Celli e dei suoi famigliari.

Il prevenuto presenta reclamo al Giudice d’Appello, che lo accoglie con ordinanza del 31 agosto 2017. In seguito, il Procuratore del Fisco ricorre avanti al Giudice per la terza istanza, il quale con sentenza dell’11 dicembre 2017, respinge il ricorso pur con annullamento della parte dell’ordinanza con cui viene riqualificato il reato.

L’ordinanza e la sentenza contengono censure significative sull’operato del Commissario Buriani, soprattutto in ordine alla mancanza di riscontri oggettivi, ad alcune affermazioni contenute nel decreto di perquisizione (relative all’impedimento della libertà d’azione del Congresso di Stato) ed ai timori paventati sia dal Giudice inquirente che dal Procuratore del Fisco, che si sarebbero rivelate “congetture infondate, capaci di essere intese e usate in più modi”.

Originale è anche l’attivazione del procedimento penale n. 517/2016 (v. all. 14) nei confronti del dott. Bizzocchi (all’epoca dei fatti Vice Presidente di BCSM, non in linea con il Presidente Wafik Grais), con una denuncia presentata dall’allora Presidente di BCSM in una busta chiusa all’attenzione del dott. Buriani per fatti antecedenti, ancora una volta al fine di radicare la competenza tabellare di quest’ultimo (procedendo appunto per “rivelazione di segreti d’ufficio o professionale” di cui all’art. 192 del c.p. come si evince da pagina 3 dell’allegato 11).

In definitiva: il dott. Buriani ha orientato la qualificazione giuridica dei fatti al fine della attribuzione a lui dei procedimenti, di cui già conosceva la genesi.

(FINE PARTE SESTA)