C’è chi ha parlato della vicenda Asset Banca come di un caso di studio. Certamente si tratta del primo istituto bancario cui è stato riservato il trattamento che tutti conosciamo all’interno dei nostri confini. Ampliando gli orizzonti si scoprono però realtà che pur rare possono dirsi in qualche modo simili. Ne abbiamo parlato con Silvano Trucco, ex direttore generale di Bene Banca che abbiamo contattato dopo alcuni suoi articoli in cui, venuto a conoscenza dai media del caso Asset, ha subito ravvisato analogie con quanto accaduto all’istituto che guidava. “Ci sono ovunque – ha detto – delle leve di potere che muovono il destino di realtà bancarie e finanziarie, del tutto incuranti della dignità delle persone che calpestano con una facilità disarmante. Ritenendo di aver subito una ingiustizia colossale, gli ex vertici della bcc cuneese stanno portando avanti da ormai 6 anni una battaglia a suon di ricorsi e controricorsi affinché la verità possa finalmente emergere”. “Nel caso di Bene banca – ha proseguito – l’istituto è stato commissariato nonostante esprimesse ratios patrimoniali ampiamente rispettosi dei limiti di vigilanza ed avesse appena registrato un risultato lordo più che triplicato, un record assoluto per la storia pluricentenaria della bcc. Forse le leve del potere volevano portare in dote l’istituto di Bene Vagienna ad una banca vicina; magari si voleva massacrare una realtà sana e solida che ambiva a crescere stand alone con un intervento di rigore che altrove è stato spesso devastante, per poi obbligarla alla fusione. Questo potrebbe essere uno scenario plausibile, anche alla luce di cosa la storia ha raccontato nei mesi successivi al commissariamento, che in ogni caso è balzato agli onori della cronaca per essere il caso di amministrazione straordinaria più veloce della storia bancaria italiana. La querelle è stata oggetto di una fitta schiera di articoli sulla carta stampata, cui non è sfuggita la singolare convocazione dello stesso Sindaco di Bene Vagienna presso la filiale di Cuneo della Banca d’Italia da parte del direttore della sede regionale di Torino, nel probabile tentativo di catechizzare il Primo cittadino perché l’organo di vigilanza caldeggiava apertamente un simile sposalizio, nonostante la versione ufficiale, poi diramata a mezzo comunicato, contemplasse un semplice colloquio sul progetto di riforma del credito cooperativo. Il singolare ed ingiustificato tentativo di moral suasion sul primo cittadino benese da parte di Banca d’Italia, che per statuto ha funzioni di controllo e non di preciso indirizzo strategico delle banche sottoposte alla sua vigilanza, è stato peraltro oggetto di una precisa interrogazione parlamentare, tuttora giacente alla Camera dei Deputati senza risposta”.
“Dalla straordinaria brevità della gestione commissariale – ha rimarcato Trucco – Bene Banca è uscita senza traumi, quali cessioni di cespiti e sportelli o licenziamenti collettivi e/o contratti di solidarietà, bensì con 4 nuove assunzioni ed un patrimonio netto di fine procedura in crescita del 4,57%, ben potendo così essere restituita in bonis ai soci a tempo di record.
Tanto Banca d’Italia quanto la Giustizia Amministrativa italiana (TAR del Lazio e Consiglio di Stato, aditi nei ricorsi intentati contro il commissariamento) hanno riconosciuto come la banca benese non avesse problematiche patrimoniali o versasse in situazione di crisi irreversibile, trattandosi invece di un caso di vero e proprio intervento PREVENTIVO; usando le stesse parole degli organi della procedura alla stampa, la vigilanza è intervenuta con un provvedimento di massimo rigore su una realtà economia ancora sana e solida per evitare che la gestione ordinaria potesse creare possibili problematiche.”
Il commissario di Bene Banca – lo abbiamo già evidenziato in un precedente articolo – era Giambattista Duso (il consulente incaricato di scrivere in pochi giorni la relazione che ha condannato Asset) che “appena sei giorni dopo il suo insediamento ha assunto la determina per accendere presso la banca popolare di Vicenza un conto corrente di corrispondenza, sul quale nelle settimane successive ha dirottato una raffica di bonifici per investire presso la popolare berica 48 milioni (circa l’80% del patrimonio di vigilanza di Bene Banca – non proprio un edificante esempio di ‘sana e prudente gestione’ tanto cara alla vigilanza) tra depositi e titoli obbligazionari, operazione in possibile conflitto di interesse vista la carica di amministratore delegato al contempo rivestita dal Duso presso la Marzotto SIM SpA, società di intermediazione mobiliare partecipata dalla stessa BPVi al 9,8% la quale esprimeva nel board della SIM un proprio rappresentante”.
In ogni caso per i vertici deposti di Bene Banca si è trattato di un vero e proprio calvario, sia giudiziario che esistenziale.
Oltre a dover convivere con un clima di diffidenza ed ostilità, mai sperimentato prima quando invece erano rispettati se non addirittura osannati da soci, dipendenti e clienti, gli ex vertici hanno assistito loro malgrado ad una vera e propria strategia diffamatoria e denigratoria, sperimentando casi di dietrologia anche infamante sugli accadimenti della Bene Banca, venendo taluni addirittura indagati per ben 2 volte per i medesimi rilievi di Bankitalia, con procedimenti penali conclusisi con archiviazione per totale infondatezza delle notizie di reato, avendo operato ‘in maniera scrupolosa ed accorta, oltre che nel rispetto delle procedure’.
Una simile chiosa si è registrata anche nella sentenza della Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il commissariamento, ove alle critiche pertinenti circa la mancata indicazione delle precise norme asseritamente violate, la Suprema Corte ha riconosciuto come ‘esaustivo l’impianto motivazionale fatto da Banca d’Italia, a prescindere dalla eventuale individuazione di specifici illeciti in relazione ad altrettanto specifiche disposizioni normative’.
A ben vedere, usando un parallelismo automobilistico, agli ex vertici di Bene Banca è stata sequestrata l’autovettura anche se non sono state riscontrate precise violazioni del codice della strada …”
“In sostanza – ha concluso Trucco – si è fatta terra bruciata attorno a coloro che prima erano al timone della banca, azzerando loro ogni possibilità di lavoro o riscatto in ambito bancario e finanziario, nonostante sotto la loro guida la banca avesse registrato risultati in crescita esponenziale sia in termini di clienti, soci e capitale, in un contesto di surplus di capitale di circa il 23% sui requisiti minimi di patrimonializzazione e di una redditività record per la bcc con un R.O.E. di oltre il 16% tra i migliori indici italiani, con criticità sul credito inferiori alla media nazionale (sofferenze al 7% contro una media di sistema pari al 9,4% nel medesimo periodo). Quello delle banche è un ambiente singolare, dove quando sei ai vertici della piramide vieni osannato e corteggiato per poi perdere ogni considerazione quando per qualsiasi ragione non hai più alcun potere decisionale; ecco che in siffatti casi quasi tutti sono pronti a voltarti le spalle, proprio gli stessi che mesi prima facevano a gara per salire sul treno in corsa”.
