San Marino. Commissione Consiliare Permanente IV – giovedi 29 maggio 2025. Report by Askanews

Commissione Consiliare Permanente Igiene e Sanità, Previdenza e Sicurezza Sociale, Politiche Sociali, Sport; Territorio, Ambiente e Agricoltura 

Giovedì 29 maggio, mattina 

La IV Commissione Consigliare Permanente torna a riunirsi nella mattina di giovedì 29 maggio. 

Il primo punto all’ordine del giorno riguarda la nomina del Presidente in sostituzione di S.E. Denise Bronzetti per il semestre reggenziale. La maggioranza propone il nome Gian Nicola Berti (AR), che raggiunge il quorum con 10 voti favorevoli. 

Il secondo punto all’ordine del giorno è dedicato al comma “Comunicazioni”. Miriam Farinelli (Repubblica Futura) ha aperto la discussione con una dettagliata riflessione sulla denatalità e l’invecchiamento della popolazione, sottolineando le ricadute economiche e sociali della crisi demografica. Matteo Casali (RF) ha riacceso i riflettori sulla gestione dei rifiuti, denunciando lo stallo politico dopo l’audizione dell’AASS dello scorso novembre. Ha lamentato l’assenza di progressi concreti e chiesto trasparenza sui progetti per la raccolta dell’umido, la tariffazione puntuale e il post-trattamento. Preoccupazioni, da Casali, sono arrivate anche per quanto riguarda l’assenza di un PRG aggiornato, ancora fermo al 1992. Michela Pelliccioni (Domani Motus Liberi) si è soffermata sulla legge sull’emergenza casa, chiedendo con “quali tempistiche si vedrà il perfezionamento delle parte tecnica: questa è una risposta che i cittadini aspettano”. Ha inoltre rilanciato il tema del sostegno alle federazioni sportive, in particolare alla Federazione Sport Speciali. 

Sul tema rifiuti è intervenuto anche il Segretario di Stato Matteo Ciacci. “Sulla questione dei rifiuti, è in corso un lavoro di approfondimento – sia politico, ma soprattutto tecnico – che, sulla base delle indicazioni arrivate dall’Azienda dei Servizi, dovrebbe portare a un aggiornamento significativo rispetto all’audizione di alcuni mesi fa. Questo perché, a mio avviso, va sottolineato un fatto evidente: negli ultimi anni si è assistito a una certa promiscuità nella gestione, con l’alternarsi di cassonetti stradali, porta a porta, il progetto delle biocelle… insomma, un sistema che negli ultimi dieci anni non ha funzionato come avrebbe dovuto. L’obiettivo è giungere a una soluzione condivisa e definitiva. Una proposta concreta dovrebbe arrivare già nel prossimo mese. L’indirizzo politico dato è piuttosto preciso: estendere il porta a porta su tutto il territorio, non solo in alcuni castelli come oggi, dove si registrano situazioni diverse tra città, Fiorentino, Chiesanuova, Acquaviva, Montegiardino e Faetano da un lato, e Borgo, Domagnano, Serravalle dove persistono i cassonetti. Questo primo passo è fondamentale, anche perché i dati sulla raccolta differenziata sono tutt’altro che positivi. Serve quindi un rafforzamento del porta a porta, e parallelamente un investimento sulle isole ecologiche. Vengo alla pianificazione territoriale. Ora serve pragmatismo. Stiamo lavorando a un provvedimento che riporti la pianificazione territoriale su binari moderni, aggiornati e concreti.. La proposta arriverà dalla Segreteria al Territorio, ma sarà poi la politica – maggioranza e opposizione – a dover fare le proprie valutazioni e portare a compimento un lavoro che il Paese attende da troppo tempo”.  

Vladimiro Selva (Libera) ha condiviso l’urgenza di uscire dall’attuale frammentazione nella raccolta rifiuti, sottolineando come il porta a porta, pur tra difficoltà iniziali, sia stato apprezzato dai cittadini nei Castelli dove è già attivo. Ha ricordato che la politica oggi deve avere il coraggio di scegliere, senza compromessi tecnici, lasciando spazio ai professionisti del settore. Selva ha auspicato una strategia chiara, stabile e condivisa, anche con le opposizioni, basata su dati, costi e risultati concreti, ribadendo la necessità per la politica di rispettare il ruolo dei tecnici. 

I lavori proseguono quindi con i riferimenti del Congresso di Stato su una serie di Istanze d’Arengo. 

Di seguito una sintesi dei lavori 

Comma 2 – Comunicazioni 

Miriam Farinelli (RF): La denatalità è un fenomeno che caratterizza molti Paesi europei, in particolare quelli con economie avanzate e una qualità della vita elevata. Anche noi, pur con le nostre ridotte dimensioni territoriali e demografiche, non siamo esenti da questa tendenza. Negli ultimi decenni, la diminuzione della fecondità e l’invecchiamento della popolazione hanno posto interrogativi importanti sulla sostenibilità del sistema socioeconomico e sulla tenuta del welfare. Secondo i dati dell’Ufficio di Statistica, negli ultimi anni si è assistito a un calo costante delle nascite. La popolazione residente è sempre più anziana: la percentuale di over 65 è in crescita, mentre la popolazione in età lavorativa tende a diminuire. Il tasso di fecondità, che misura il numero medio di figli per donna, è inferiore alla soglia di sostituzione generazionale, pari a 2,1 figli per donna. Anche se San Marino ha storicamente mantenuto valori di fecondità leggermente superiori rispetto ad alcune regioni limitrofe, nell’ultimo decennio si è allineata a una media decisamente bassa, attorno a 1,3 figli per donna. I fattori che determinano la denatalità sono molteplici e complessi. Da un lato, vi sono motivazioni di ordine economico: l’incertezza lavorativa, la precarietà contrattuale e il costo della vita rendono più difficile per i giovani decidere di avere figli. Dall’altro, entrano in gioco dinamiche sociali e culturali: l’aumento dell’età media al primo figlio, la diffusione di modelli familiari alternativi e la ricerca di realizzazione personale e professionale contribuiscono a posticipare o rinunciare alla maternità. Il calo della natalità ha conseguenze sulla struttura sociale ed economica. L’aumento della popolazione anziana comporta un aumento della spesa pubblica in sanità e previdenza. Inoltre, una popolazione anziana tende a consumare meno ed è meno propensa all’innovazione, con possibili ricadute sulla crescita economica. La contrazione del numero di giovani mette in discussione anche la sostenibilità del sistema scolastico e della formazione, oltre che l’efficacia del ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Le norme messe in atto con la legge sulla famiglia del 2022 e le successive modifiche non sembrano ancora sufficienti a invertire la tendenza. Serve una strategia più ampia e coordinata, che coinvolga anche il settore abitativo, l’accesso al lavoro e la conciliazione fra vita privata e professionale. Una particolare attenzione va riservata alle donne, che spesso si trovano a dover scegliere fra maternità e professione.I dati raccolti dall’Istat, che interessano anche San Marino, mostrano un forte incremento del ricorso alla procreazione medicalmente assistita: il numero dei trattamenti è passato da 63.585 nel 2005 a 109.755 nel 2022, con un aumento del 72,6%. Il rimborso parziale delle prestazioni di procreazione medicalmente assistita erogato dall’ISS – che copre meno della metà del costo – è rivolto solo alle donne. Credo che, nell’ottica della parità di genere, sarebbe necessario prevedere un riconoscimento economico anche agli uomini. In questo modo, per le coppie sarebbe più accessibile l’accesso a queste prestazioni specialistiche, che ruotano nella quasi totalità nel settore privato. In assenza di un’inversione di tendenza, il rischio è quello di una società sempre più vecchia, con gravi ripercussioni sul piano economico e sociale. Occorre quindi un intervento strutturato e lungimirante, capace di mettere al centro le famiglie, i giovani e la qualità della vita. Solo così sarà possibile garantire un futuro demograficamente ed economicamente sostenibile per il Paese. L’aspettativa di vita in buona salute rappresenta una sintesi efficace delle sfide poste da una società che invecchia. Non basta vivere più a lungo: occorre garantire che gli anni guadagnati siano vissuti in autonomia e con una miglior qualità della vita. Migliorare questa condizione richiede un potenziamento degli screening, della diagnosi precoce e delle terapie, continuando a mantenere un sistema sanitario in

grado di rispondere efficacemente ai bisogni di cura. Come molti altri Paesi europei, anche noi assistiamo a un progressivo invecchiamento della popolazione, dovuto principalmente all’aumento dell’aspettativa di vita e al calo delle nascite. Secondo i dati più recenti, la fascia di popolazione sopra i 65 anni rappresenta il 20% del totale. Questo dato è in costante crescita e si prevede che, entro il 2040, possa superare il 30% se il trend attuale dovesse proseguire. L’invecchiamento della popolazione comporta un progressivo aumento dei carichi sui servizi previdenziali. Gli anziani necessitano infatti di cure più frequenti e continuative, determinando un aumento della spesa pubblica nel settore della sanità e dell’assistenza. In particolare, cresce la domanda di strutture residenziali per anziani, servizi domiciliari e programmi di supporto alla non autosufficienza, oltre a progetti alternativi per anziani autosufficienti ancora capaci di rimanere nelle proprie abitazioni. La crescita della popolazione anziana è un fenomeno che richiede attenzione strategica. Non riguarda solo una questione sanitario-previdenziale, ma un cambiamento profondo che coinvolge l’intero assetto sociale del Paese. Affrontarlo in maniera proattiva sarà fondamentale per garantire benessere e coesione sociale anche nei decenni a venire. Dal 2019 è in aumento anche il disagio psicologico. Questo fenomeno interessa molti Paesi e coinvolge particolarmente gli anziani, ma è in crescita anche tra i giovani, soprattutto tra le donne. Le differenze di genere a svantaggio delle donne sono presenti in tutte le classi di età, ma sono particolarmente accentuate fra i giovani e fra gli anziani. Mi piace ricordare un emendamento proposto da Repubblica Futura – regolarmente bocciato – durante la discussione dell’atto organizzativo, che chiedeva la presenza di uno psicologo anche nei centri sanitari, per fare prevenzione, riconoscere precocemente i segnali di disagio e porvi rimedio. Lo ricordo anche a chi ha votato contro. Abbiamo avuto in territorio episodi di violenza sugli animali e un aumento dei casi di violenza sulle donne, come riportato dai dati. Episodi che pare non abbiano scosso più di tanto, a parte lo sdegno del momento. Un ulteriore esempio è il mancato rispetto delle regole, come ad esempio sparare verso le abitazioni, con il rischio di ferire o uccidere persone. Anche questo è un segno di profondo disagio. Sono fatti gravissimi, che sottolineano la fragilità della nostra società, ai quali non possiamo rimanere impassibili. 

Matteo Casali (RF): Mi trovo costretto, mio malgrado, a dover tornare su un argomento del quale, francamente, non volevo nemmeno parlare. I temi all’ordine del giorno sono molti, ma l’inerzia e la mancanza di serietà dimostrate anche in questa Commissione mi obbligano a riaprire il discorso sui rifiuti. Non mi soffermo sulla descrizione della situazione attuale dei rifiuti: la doppia raccolta, le basse percentuali di differenziazione, il disordine per strada. Sappiamo tutto. Il 15 novembre scorso, a seguito di un ordine del giorno adottato il 31 luglio dell’anno precedente, si è svolta la famosa audizione dell’AASS. Solo dopo mi sono reso conto che quella convocazione era stata fatta in funzione dell’ordine del giorno. Pensavo che tali ordini rappresentassero strumenti seri, invece sembrano spesso servire solo a mettere delle pezze quando gli argomenti diventano imbarazzanti. Si firma un bell’ordine del giorno, e si pensa di aver risolto. Durante quell’audizione abbiamo ascoltato il direttore dell’AASS, e sono emersi spunti estremamente interessanti: una relazione valida, che indicava come strada maestra il PAP, il porta a porta, capace di portare maggiore diversificazione, innovazione, ed economia rispetto a quanto era stato fatto fino ad allora. Si parlava di raccolta “on demand”, delle macroisole, di tariffazione puntuale. Insomma, proposte concrete. Cosa è successo in seguito? Due cose. Primo: è emerso chiaramente il fallimento delle politiche di non-gestione della scorsa legislatura, basate su relazioni sbagliate. Addirittura – pare – ci sono stati dubbi su una certa compiacenza da parte di vecchi consulenti. E, fatto significativo, non è nemmeno stata l’opposizione a tirare fuori la questione. Secondo: si era stabilito che entro il 2024 si sarebbe dovuta definire la strategia, da attuare nei primi mesi del 2025. All’epoca sembrava addirittura che si volesse tenere una commissione il 28 novembre, pochi giorni dopo l’audizione. Da allora, nulla. Il vuoto pneumatico.  Avevamo espresso un sostegno convinto – io stesso ringraziai i Segretari Ciacci e Bevitori – perché sembrava il giusto piglio con cui partire. Ma da sei mesi non se n’è più parlato. Non dico che si dovesse arrivare subito a una soluzione trionfalistica, ma almeno continuare il confronto. A questo punto le ipotesi sono poche: o non c’è la volontà di andare avanti, oppure – visti i recenti scossoni politici – si sta aspettando che qualcuno si lecchi le ferite e si riequilibrino gli assetti, oppure ancora si vuole arrivare in Commissione con una soluzione già confezionata, da sbattere sul tavolo. O forse è un mix di tutte queste cose. Anche in un percorso di avvicinamento alla soluzione, si potevano dare contributi importanti. Si potevano chiarire le relazioni tra macroisole e raccolta on demand, si potevano avviare campagne di sensibilizzazione, discutere della tariffazione puntuale, della possibilità di un secondo centro. Questa Commissione ha il diritto di essere informata, e il dovere di contribuire – nel rispetto dei ruoli – alla definizione di queste scelte. E poi c’è il tema del post-trattamento, che aveva già suscitato perplessità tra i commissari. In CPT, a marzo, abbiamo preso atto della richiesta di posticipo di 30 mesi – due anni e mezzo – da parte di AASS per la realizzazione dei piazzali funzionali all’umido. Questi piazzali avevano ricevuto una prima concessione nel 2019, con una variante nel 2021. Cinque anni di lavori, più due e mezzo: stiamo parlando di tempi biblici per un’opera strategica. Già allora c’erano dubbi sulla gestione dell’umido: AASS pareva avere una posizione, la politica un’altra. Ricordiamoci cosa è successo con Ecogeo: quando si fanno scelte ideologiche, si finisce col battere il naso contro il muro. Inoltre, la situazione di Gaviano – dove oggi viene accumulato il compost – non è più sostenibile, come testimoniano lamentele e articoli di giornale. In CPT, avevo chiesto una relazione sullo stato di avanzamento dell’operazione umido, sui costi complessivi e sulla gestione del pre e post-trattamento. Mi è stato risposto che la sede adeguata per quel tipo di relazione non era la CPT, ma questa Commissione, la Quarta. Ecco perché sono qui a chiedere che questa Commissione venga almeno messa al corrente degli aspetti gestionali, decisionali, economici e operativi relativi alla raccolta dell’umido. Ci eravamo detti che la trasparenza verso la cittadinanza fosse un dovere, soprattutto su un tema così delicato e pieno di dubbi. A meno che – e mi viene in mente il gioco delle tre carte – non si voglia deliberatamente spostare la discussione da una sede all’altra, finché tutto finisce nel “capitolo zero” e non se ne parla più. In definitiva: vogliamo affrontare seriamente il tema dei rifiuti, sì o no? Vogliamo rendere dotta questa Commissione dello stato dei lavori, oppure no? O ci sono scheletri negli armadi che non si possono toccare per ragioni politiche? Finita la sedicente “emergenza casa”, vogliamo iniziare a parlare, una buona volta, di pianificazione territoriale? Perché dobbiamo renderci conto, davvero, che questo Paese ha bisogno, ogni minuto di più, di pianificazione territoriale. Ed è un tema trasversale, che torna sempre e comunque. Anche quando parliamo di rifiuti, salta fuori la pianificazione territoriale. Nel PDL Casa è riemerso il discorso della pianificazione. È un argomento che non possiamo più evitare. È passato il tavolo tecnico che doveva decidere se fare o meno il PRG. È passata la “Foster Academy”, che avrebbe dovuto darci gli indirizzi. A mio avviso, quella fu solo una scusa per spendere un milioncino e rimettere mano al piano Boeri. Ma anche quella è passata. Ora, vogliamo finalmente mettere mano a un PRG che è pieno di anacronismi e risale al 1992? Noi non pianifichiamo. E quando lo facciamo, pianifichiamo “a stralcio”, oppure andiamo contro la legge, come dimostrano i casi del Congresso di Stato. Un esempio su tutti: le concessioni di suolo pubblico. Avete avuto la curiosità di leggere la risposta data a una nostra interpellanza sulle occupazioni di suolo pubblico? Le concessioni si rilasciano con due foglietti controfirmati dal Segretario di Stato al Turismo, che identifica lui stesso le aree, scavalcando i piani particolareggiati, la Commissione per i Monumenti e persino la Giunta di Castello. Ecco come stiamo facendo la pianificazione, oggi. Se l’Esecutivo non si mette a lavorare ora, sappiamo bene che – superato questo periodo – non si farà più nulla. 

Michela Pelliccioni (D-ML): In particolare, vorrei evidenziare un aspetto fondamentale: questa Commissione purtroppo si riunisce con una frequenza non adeguata rispetto alle urgenze che il Paese sta affrontando.Pare quasi che non ci sia la necessità di convocarla: potremmo farlo una volta al mese, o addirittura di più. E invece, a fronte delle tante urgenze che riguardano proprio i temi di nostra competenza, questo atteggiamento è quantomeno incomprensibile. Già questo è un indice di anomalia sul quale tutti dovremmo riflettere. Vorrei poi soffermarmi sulle urgenze che abbiamo trattato e sugli effetti reali di quelle urgenze. Abbiamo portato avanti in tutta fretta un progetto di legge sull’emergenza casa, evaso in Commissione due mesi fa e approvato in Consiglio Grande e Generale ormai da un paio di mesi. È indubbio che si trattasse di un tema di assoluto rilievo: il progetto aveva l’obiettivo di intervenire soprattutto a favore delle fasce di reddito più basse, escluse dall’accesso al merito creditizio per l’acquisto della prima casa. Ciò che la mia forza politica aveva già segnalato – e non solo in quella sede – è che mancava tutta una serie di norme di raccordo fondamentali per rendere il testo veramente efficiente ed efficace. Mi riferisco in particolare alla parte tecnica, a partire dal convenzionamento con gli istituti di credito, che avrebbe dovuto regolamentare tutti gli aspetti pratici e basilari per consentire l’erogazione dei finanziamenti. Ad oggi, purtroppo, questa parte tecnica non è stata ancora definita. E allora dobbiamo dircelo: qual è stata l’urgenza di correre nell’approvazione se poi manca tutta la parte necessaria per far funzionare davvero la norma? La mia vuole essere una domanda costruttiva: in che tempi vedremo perfezionata questa parte tecnica? Perché senza questo tassello, gli istituti bancari non potranno cominciare ad erogare nulla. E questa è la vera domanda, quella che i cittadini si pongono. Perché se così non fosse, tutto il lavoro fatto in fretta rischia di essere stato solo un grande spot elettorale, privo di effetti concreti. Credo che su questo punto possiamo essere tutti d’accordo: maggioranza e opposizione condividono l’urgenza del tema casa, così come del caro affitti e del caro mutui. Abbiamo anche riconosciuto che le soluzioni di mercato probabilmente non saranno sufficienti a incidere con efficacia. Ma almeno ciò che abbiamo messo in campo deve funzionare. Serve quindi, con urgenza, una messa a terra della parte tecnica, che ancora manca. Approfitto dunque della presenza del Segretario per chiedere chiaramente: in che tempi sarà attuato il perfezionamento e l’ordinamento tecnico necessari? Perché questa è una risposta che i cittadini aspettano. Un altro tema, nel poco tempo che mi rimane, riguarda una comunicazione ricevuta da tutte le forze politiche, un invito da parte della Federazione Sport Speciali. Questa Federazione ha inviato una nota chiedendo un incontro ai partiti e ha illustrato la sua attività sul territorio, che ritengo – al pari di molte altre federazioni – fondamentale e importante a livello sociale.  A mio parere, si tratta di un’attività che rappresenta un grande supporto al lavoro dello Stato. E lo dico anche perché Domani Motus Liberi ha sempre sostenuto l’importanza della coesione tra pubblico e privato, della sinergia necessaria per rendere i servizi più efficienti, soprattutto quando si tratta di minori e persone fragili. Le federazioni sportive, in questo, sono un aiuto prezioso. Parliamo qui del tema disabilità, e i risultati di questa attività sono sotto gli occhi di tutti. Oggi, la Federazione Sport Speciali opera su 18 diverse discipline sportive. È una macchina organizzativa che richiede tempo, energie e risorse, ma che svolge una funzione fondamentale a supporto delle strutture pubbliche.  Faccio questa premessa perché ci sono due convenzioni in scadenza, una in particolare sottoscritta con l’ISS. Ed è fondamentale capire cosa intenda fare il governo su questo fronte. La mia domanda è chiara: la richiesta – anche economica – avanzata dalla Federazione Sport Speciali è stata vagliata dal Congresso di Stato? Credo che sia assolutamente possibile intervenire. In vista della prossima variazione di bilancio, dovremo certamente fare delle valutazioni, ma esistono – e devono essere considerate – anche strade alternative più rapide e concrete, a partire proprio dal rinnovo delle convenzioni esistenti. Oggi stiamo parlando della Federazione Sport Speciali, ma vale anche per tante altre realtà che operano sul territorio. Ci deve essere la volontà di riconoscere il valore di questo supporto: l’aiuto che una federazione può dare allo Stato si traduce in una migliore efficienza, in risposte più rapide e mirate ai bisogni dei cittadini, in particolare dei più fragili.  

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Sulla questione dei rifiuti, credo sia importante ribadire quanto già ricordato dal collega Casali. Dopo la prima commissione, è in corso un lavoro di approfondimento sia politico, ma soprattutto tecnico – che, sulla base delle indicazioni arrivate dall’Azienda dei Servizi, dovrebbe portare a un aggiornamento significativo rispetto all’audizione di alcuni mesi fa. Questo perché, a mio avviso, va sottolineato un fatto evidente: negli ultimi anni si è assistito a una certa promiscuità nella gestione, con l’alternarsi di cassonetti stradali, porta a porta, il progetto delle biocelle… insomma, un sistema che negli ultimi dieci anni non ha funzionato come avrebbe dovuto.  L’obiettivo è giungere a una soluzione condivisa e definitiva. Abbiamo visto il porta a porta esteso a tutto il territorio, poi il ritorno ai cassonetti, poi di nuovo biocelle sì o no. Le analisi sui costi sono state fatte, i dati sono noti, e ora si sta cercando di costruire un modello chiaro, stabile, sostenibile. Una proposta concreta dovrebbe arrivare già nel prossimo mese. L’indirizzo politico dato è piuttosto preciso: estendere il porta a porta su tutto il territorio, non solo in alcuni castelli come oggi, dove si registrano situazioni diverse tra città, Fiorentino, Chiesanuova, Acquaviva, Montegiardino e Faetano da un lato, e Borgo, Domagnano, Serravalle dove persistono i cassonetti. Questo primo passo è fondamentale, anche perché i dati sulla raccolta differenziata sono tutt’altro che positivi: siamo fermi attorno al 43-44%, lontani dagli obiettivi europei e dagli impegni presi a livello nazionale e con le regioni. Serve quindi un rafforzamento del porta a porta, e parallelamente un investimento sulle isole ecologiche, che non siano semplici cassonetti stradali ma strumenti innovativi, in grado di incentivare la raccolta differenziata e disincentivare la produzione di rifiuti indifferenziati. Parliamo in particolare di punti raccolta per plastica, vetro, alluminio e carta, mentre umido e indifferenziato resterebbero sul porta a porta. Queste sono le linee su cui si sta lavorando, in vista di una relazione più strutturata che verrà presentata nella prossima commissione. Sulle biocelle, un tema annoso avviato nel 2017, occorre una decisione definitiva. Tre i punti da considerare: innanzitutto, la tecnologia introdotta è davvero soddisfacente e funzionante? Poi, se San Giovanni è il nostro centro raccolta rifiuti, dobbiamo davvero completare tutti e quattro i piazzali previsti dal progetto originario, o è più saggio procedere con la sistemazione di uno o due piazzali, rendendo l’area più fruibile? Infine, la collocazione: oggi biocelle sono divise tra Gaviano e San Giovanni, ma si potrebbe pensare a una terza area, come la zona bassa di Serravalle. Queste riflessioni verranno formalizzate nella relazione conclusiva. Concordo, qualche ritardo c’è stato, e dobbiamo evitare di accumularne altri. Ma è un ritardo che non nasce solo ora: viene da anni di scelte mai pienamente attuate. Passando al tema dell’emergenza casa, posso dire che, per quanto riguarda l’attuazione della legge, siamo già a buon punto. È stato sottoscritto un accordo con gli istituti di credito per applicare lo spread al 2% previsto dalla norma. Parallelamente, la misura relativa al bonus ristrutturazione è operativa: la legge prevede infatti un contributo in conto interessi, attivabile tramite convenzione bancaria. Tutto questo, come si dice, è già stato messo a terra. Inoltre, per quanto riguarda il decreto sulla coabitazione intergenerazionale, abbiamo già avviato un confronto informale con le forze di opposizione, e contiamo di adottare il provvedimento entro il mese di giugno. Anche sul fronte del monitoraggio degli immobili la procedura è in fase conclusiva: mancano solo le integrazioni dell’azienda dei servizi e della parte tributaria. Sulla questione degli affitti, confermo quanto è stato già detto: il canone calmierato è già attivo, non richiedendo decreti delegati, ma servono ulteriori interventi. La delega in materia, che ha componenti fiscali, finanziarie ed edilizie, non è solo di mia competenza, ma solleciterò anch’io i colleghi perché ritengo – come è stato giustamente sottolineato – che non possiamo fermarci a un semplice calmieramento. Serve una strategia strutturale. E vengo alla pianificazione territoriale. Sappiamo che dal 1992 non si è più fatto un PRG. È ora di porci delle domande serie. Cosa è accaduto in questi decenni nella gestione del territorio? Quante aspettative sono state alimentate, con cittadini che hanno lottizzato terreni in attesa di edificabilità che non è mai arrivata? Quante volte si è cercato di aggirare il problema con progetti affidati a “archistar” per giustificare il non decidere? Ora serve pragmatismo. Stiamo lavorando a un provvedimento che riporti la pianificazione territoriale su binari moderni, aggiornati e concreti. Ripartiremo dal PRG del ’92, analizzeremo cosa ha funzionato e cosa no, e introdurremo una pianificazione tematica, con principi urbanistici innovativi. Non ci saranno ambiguità: ci saranno linee rosse chiare, non negoziabili, ma anche una visione più snella e operativa. La proposta arriverà dalla Segreteria al Territorio, ma sarà poi la politica – maggioranza e opposizione – a dover fare le proprie valutazioni e portare a compimento un lavoro che il Paese attende da troppo tempo.  

Vladimiro Selva (Libera): Io intervengo, diciamo così, sollecitato dall’intervento del commissario Casali, in merito al tema della raccolta e della gestione dei rifiuti in generale. Devo dire che condivido pienamente quanto ha detto: diamoci dei tempi e facciamo le cose, perché è davvero da troppo tempo che discutiamo di questo tema senza arrivare a una soluzione concreta. Oggi convivono due sistemi di raccolta differenti, ed è probabilmente la situazione più inefficiente possibile. Ancora più preoccupante è il fatto che i dati sulla raccolta differenziata stiano peggiorando. Dove si era partiti con il porta a porta, si erano raggiunti valori molto alti, anche superiori al 70%, ma oggi quei numeri

stanno calando e siamo tornati sotto quella soglia. Ecco perché, a mio avviso, non possiamo più tergiversare: serve una scelta chiara e definitiva, una linea unica da seguire, un sistema unitario di raccolta per tutto il Paese. Ricordo che questo mandato è stato dato anche formalmente alla Commissione dal Consiglio Grande e Generale, a seguito di un’istanza d’Arengo. Il mandato era proprio quello di discutere e definire una linea condivisa, che diventasse vincolante e seguita da tutti. Su questo sono d’accordo con chi mi ha preceduto, anche sui tempi: avrei preferito che fossero ancora più stretti, ma spero comunque che stiano arrivando delle soluzioni. Se qualche settimana in più dovesse servire a trovare una quadra più adatta alle esigenze del nostro Paese, alle sensibilità dei cittadini, e anche a superare qualche resistenza – perché diciamolo, non tutti sono entusiasti di cambiare le proprie abitudini in materia di rifiuti – allora può valerne la pena. È importante però capire che là dove il porta a porta è stato introdotto, nonostante le difficoltà iniziali, i cittadini sono oggi soddisfatti del servizio. Lo apprezzano, ne riconoscono l’utilità, e anche da parte di chi lo gestisce si stanno individuando margini di miglioramento, ad esempio sul fronte della tariffazione puntuale. Questo, secondo me, dovrebbe essere uno stimolo per avere un po’ di coraggio e fare quel passo in avanti anche nei territori dove ancora non si è fatto. Mi chiedo però: perché non si è andati avanti? Cosa ha frenato, nonostante i riscontri fossero positivi, nonostante i risultati ci fossero? È su questo che qualche allerta si accende. Al commissario Casali vorrei anche ricordare che l’avvio del porta a porta non è cosa recente: nel 2014 partì a Chiesanuova, ma già nel 2013 era iniziato a Fiorentino, e nel 2016 ad Acquaviva. In quel periodo, il segretario competente per l’Azienda dei Servizi era Teodoro Lonfini, della Democrazia Cristiana. E va detto che, pur avendo molte perplessità iniziali, quel percorso fu comunque avviato. Io credo che questa maggioranza debba farsi carico di dare una soluzione chiara. Mi auguro che non si tratti semplicemente di un compromesso politico, ma di una scelta solida e coerente. Certo, su alcuni aspetti può essere legittimo trovare un punto di mediazione, ma ci sono ambiti in cui il compromesso non può essere la strada. Ad esempio, sul tema del compostaggio – che è un aspetto eminentemente tecnico – non si può scendere a compromessi per motivi politici. Non possiamo dire “ormai la cosa è partita, andiamo avanti lo stesso” o, al contrario, bloccarla per ragioni di opportunità. Su queste materie si deve fare ciò che è giusto fare, ciò che funziona davvero sul piano tecnico, economico, ambientale. Su altri temi, come le modalità di raccolta, è chiaro che la politica ha un ruolo nel valutare anche come i cittadini percepiscono il cambiamento. In questi casi, un certo grado di mediazione rispetto allo schema più efficiente o meno costoso può anche essere accettabile. Perché qui entriamo nel campo della sensibilità pubblica, dei comportamenti quotidiani, dei percorsi culturali che richiedono tempo e accompagnamento. È giusto, quindi, tener conto del sentimento della popolazione e immaginare un percorso graduale. Ma sugli aspetti tecnici dobbiamo essere molto cauti nel mettere “becco”. Lì devono parlare i tecnici, sulla base di dati, analisi, costi, risultati. E noi, come politica, dovremmo avere l’umiltà di ascoltare e rispettare quel lavoro, evitando di invadere campi che non ci competono. Questo è un punto su cui, secondo me, dobbiamo prestare particolare attenzione. Detto questo, mi auguro – e torno a dire che sono pienamente d’accordo con quanto ha affermato il commissario Casali – che si arrivi quanto prima alla definizione di una linea chiara. Una linea che non vada più messa in discussione, magari auspicabilmente condivisa anche con le forze di opposizione. Perché quello che ci serve è un percorso stabile, duraturo, capace di produrre risultati concreti nel medio-lungo periodo. 

Emanuele Santi (Rete): Rispetto al tema delle convocazioni di questa Commissione, credo che il commissario Pelliccioni abbia ragione. Guardavo proprio l’altro ieri il calendario delle Commissioni: da maggio 2023 ad oggi – quindi in due anni – questa Commissione si è riunita davvero molto poco. Ricordo, ad esempio, una seduta nell’ottobre 2023. Poi c’è stata la caduta del governo, è vero, ma quella è avvenuta a marzo 2024. Eppure per parlare nuovamente, per la prima volta dopo tanto tempo, ci siamo riuniti solo a novembre 2024, quindi un anno dopo, e abbiamo affrontato il tema dei rifiuti, che è uno dei temi principali di nostra competenza. Abbiamo poi convocato due sessioni fiume tra febbraio e marzo di quest’anno, e oggi siamo qui. Ma insomma, considerando tutto, la frequenza è davvero insufficiente, soprattutto se pensiamo a tematiche importanti come la sanità – con un nuovo 

comitato esecutivo in arrivo – o il territorio, che meritano attenzione e approfondimento. Adesso io ricopro il ruolo di vicepresidente e, in questo periodo, ho contattato i vari Segretari di Stato per capire la loro disponibilità e quali argomenti fosse possibile portare in Commissione. Da domani però entrerà in carica il nuovo presidente, il collega Gian Nicola Berti, e io credo che da quel momento si debba fissare una cadenza mensile per le riunioni di questa Commissione. L’hanno sottolineato bene sia i colleghi di opposizione che quelli di maggioranza: i temi da trattare sono molti, e alcuni – come rifiuti, territorio e soprattutto sanità – non possono essere messi nel dimenticatoio. Non entro qui in considerazioni politiche, perché oggi parlo nel mio ruolo istituzionale, ma mi prendo l’impegno di mandare nei prossimi giorni una proposta operativa. Negli ultimi mesi abbiamo programmato le Commissioni in modo che ciascuna avesse un giorno settimanale dedicato: la Commissione IV, ad esempio, ha il venerdì. Oggi siamo riuniti grazie alla disponibilità della Commissione III, che ci ha “ceduto” la giornata. Ecco, non dico di riunirci ogni venerdì, ma almeno una o due volte al mese questa Commissione deve lavorare. I Segretari competenti devono venire a riferire, e tutti i commissari devono essere messi a conoscenza degli avanzamenti rispetto ai temi di competenza.  Ringrazio il Segretario Ciacci che oggi ha già illustrato in modo puntuale lo stato di avanzamento delle deleghe a lui affidate, ma questa deve diventare una prassi. Una Commissione che in due anni si è riunita concretamente solo un paio di volte – escluso il tema della casa, che ha avuto due sessioni fiume – non è accettabile. Serve un cambio di passo, anche nel rispetto del lavoro consiliare e del ruolo che la Commissione deve svolgere. Credo che questo debba essere un impegno soprattutto della maggioranza e del governo, che qui è rappresentato, perché è passato un anno dalle elezioni, ed è ora di mettere sul tavolo con regolarità i dossier e affrontarli con continuità.  

Comma 3 – Riferimento, ai sensi dell’articolo 7, secondo comma della Legge 24 maggio 1995 n.72, sui provvedimenti adottati a seguito dell’approvazione delle seguenti istanze d’arengo: 

a) per l’intestazione di una strada o una piazza nei Castelli di San Marino-Città o Borgo Maggiore all’ing. Pio Venturini (Istanza n.24 del 6 ottobre 2024)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: In questo senso, stiamo dando attuazione all’Istanza d’Arengo che chiedeva la valutazione di alcune aree da intitolare alla memoria dell’ingegner Venturini. Dopo un confronto con i familiari, con gli uffici competenti e, nello specifico, con la Giunta di Castello di San Marino Città – che inizialmente aveva avanzato una proposta con una necessità più specifica – si è arrivati alla valutazione condivisa di individuare come sede idonea per l’intitolazione la scalinata che collega il Giardino dei Liburni a via Eugippo, nel cuore del centro storico, un luogo particolarmente simbolico. Devo dire che, alla luce di questi confronti, la scelta è risultata significativa e condivisa. Nei prossimi giorni sarà formalizzata attraverso gli atti amministrativi necessari l’intitolazione ufficiale della scalinata all’ingegner Venturini, una figura che abbiamo voluto commemorare sotto ogni punto di vista: non solo con la presentazione e approvazione dell’Istanza d’Arengo, ma anche con altre iniziative, come la recente pubblicazione di un libro sulla sua vita. 

b) affinché siano annualmente previsti nei bilanci dell’A.A.S.L.P. e dello Stato adeguati capitoli di spesa destinati alla salvaguardia del territorio (Istanza n.12 del 6 ottobre 2024)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: In questo senso, stiamo dando attuazione all’Istanza d’Arengo, che riteniamo di aver assolto concretamente. Come abbiamo sempre riferito fin dal nostro insediamento come Segreteria al Territorio, riteniamo che le risorse economiche debbano essere destinate in via prioritaria alla salvaguardia del territorio e alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Un edificio, una strada, un parco manutenuti con costanza ci permettono di evitare, in futuro, interventi più complessi e costosi. Questa è la nostra linea, una linea concreta e attualizzata. Nel Bilancio Previsionale 2025, infatti, sono stati aumentati gli stanziamenti complessivi destinati agli interventi sul territorio, per un totale di 3,6 milioni di euro a copertura di interventi su viabilità, bonifiche ambientali e verde pubblico. Si tratta di un incremento di oltre mezzo milione rispetto all’anno precedente, con l’intento preciso di rafforzare le azioni di manutenzione, decoro urbano e resilienza strutturale. Dopo quasi un anno di esperienza di governo, possiamo dire che stiamo cercando di dare continuità a questa impostazione. Parallelamente, nel bilancio AASLP per il 2025, sono stati previsti 850.000 euro specificamente destinati alla sistemazione di frane, al ripristino dei torrenti e ad altri interventi di consolidamento idrogeologico. Anche in questo caso si tratta di oltre il doppio rispetto al 2024, in linea con l’impegno che abbiamo assunto: dare impulso alla tutela ambientale, alla mitigazione del rischio e alla prevenzione del dissesto.  

Matteo Casali (RF): Come ebbi già modo di dire durante la presentazione di questa Istanza d’Arengo, che mi vede favorevole anche per ragioni personali, storiche e per affetto verso l’Azienda Autonoma di Stato per i Lavori Pubblici – che qui è orgogliosamente rappresentata – sono stato assolutamente favorevole all’istanza. Tuttavia, ci sono alcune osservazioni che mi preme fare. Il primo aspetto riguarda la natura stessa dell’istanza: io, già all’epoca, dissi che ci avevo visto la mano di persone esperte, e forse proprio questo ci deve far riflettere. Perché persone che conoscono bene la bonifica e la cura del territorio hanno sentito la necessità di ricorrere a un’Istanza d’Arengo per chiedere ciò che dovrebbe rientrare statutariamente nei compiti dell’Azienda dei Lavori Pubblici?  Questo è il primo grande interrogativo: se i cittadini devono formalizzare un’istanza per chiedere ciò che per legge dovrebbe essere già garantito, significa che qualcosa non ha funzionato. E sia chiaro: non parlo delle responsabilità tecniche dell’Azienda, ma di quelle politiche, perché è evidente che negli ultimi anni certe missioni non sono state portate avanti come avrebbero dovuto. Il Segretario ci ha detto che quest’anno i fondi sono stati raddoppiati, e ben venga. Ma negli ultimi anni, cosa è stato fatto? Non solo in termini di stanziamenti, ma anche in termini di competenze operative. Mi riferisco, ad esempio, alla squadra della bonifica calanchiva, che già ai miei tempi era in grande difficoltà. E vorrei ricordare che la bonifica calanchiva non si fa solo con i soldi, ma con il know-how, con l’esperienza maturata sul campo, che va dal tecnico progettista fino al caposquadra. Questo sapere si costruisce negli anni e temo che sia andato perso, soprattutto negli ultimi tempi. Perché? Perché i calanchi non portano visibilità, non si possono mettere cartelli, non si prestano alla propaganda. E questo è un segnale d’allarme: se perdiamo competenze, anche tutti i finanziamenti rischiano di non bastare. Siamo stati un’eccellenza in questo settore. Lo dico senza esagerare: le opere realizzate qui a San Marino nel campo della bonifica calanchiva sono state un modello Inoltre, l’istanza – a mio modo di vedere – non chiedeva solo un incremento di fondi, ma una maggiore specificità. Mi permetto anche un’altra osservazione: da anni non vedo più la chiusura della sottomontana per gli interventi di manutenzione della rupe del Titano. Forse mi è sfuggito qualcosa, ma io temo che da quel censimento fatto nel 2016-2017 di tutte le opere di contenimento in poi, non si sia più intervenuti come si dovrebbe. E torno a dire: forse gli istanti volevano più fondi mirati, più pianificazione strategica e meno genericità. Il tema della bonifica, dell’instabilità e del rischio idrogeologico è trasversale e va affrontato con una logica integrata. Ricordo che uno dei motivi per cui il piano Boeri si bloccò fu proprio il fatto che cominciò a segnalare le aree a rischio idrogeologico. Quindi questa istanza ha il merito di aver riaperto un tema centrale, e secondo me ha anche evidenziato criticità nella gestione politica, più che tecnica, dell’azienda negli ultimi anni. Il nostro territorio è fragile. I rischi sono reali. E se davvero vogliamo fare pianificazione, non possiamo pensare a compartimenti stagni. I temi si intersecano, si sovrappongono. Il dissesto idrogeologico è un tema che tocca tutto: infrastrutture, ambiente, sicurezza, territorio. Ben vengano più fondi, ma forse non abbiamo ancora centrato del tutto il punto. 

Michela Pelliccioni (D-ML): Di fatto, è vero che è stata data una risposta alla domanda legata agli stanziamenti. Tuttavia, la questione che gli istanti sollevavano riguardava non solo l’entità degli stanziamenti, ma il modo in cui questi fondi vengono concretamente impiegati. E questa, purtroppo, è una risposta che non abbiamo dato. O meglio: sicuramente non l’abbiamo data in modo chiaro, perché è evidente che la destinazione delle risorse cambia in base alle opere che si intende realizzare. Ma qui si tratta di qualcosa di più: di una visione, di una pianificazione, che al momento non emerge. Il concetto di pianificazione, temo, è ancora del tutto assente. Ne abbiamo già parlato più volte anche all’interno di questa Commissione: possiamo finanziare tutte le opere che vogliamo – riqualificare un’area piuttosto che un’altra – ma questo non equivale a fare pianificazione, né tantomeno salvaguardia del territorio. Su questo fronte, io credo che il governo debba dare risposte concrete. Deve iniziare a chiarire cosa intende fare e, soprattutto, come intende farlo. Perché troppo spesso, quando si tratta di capitoli di spesa, abbiamo avuto l’impressione che si facesse un po’ il gioco delle tre carte. E le attività da avviare sul fronte della pianificazione sono molte, anche considerando che il nostro territorio sta cambiando, e lo sta facendo anche a causa degli eventi climatici estremi, sempre più frequenti e dannosi. L’ho già detto in passato, e torno a ribadirlo: non mi pare che ci siano in corso analisi o studi su questi fenomeni. Non voglio fare l’uccello del malaugurio, ma quando – in questa stessa Commissione – ho proposto un ragionamento sulla piantumazione e la gestione del verde pubblico, qualcuno ha sorriso. Peccato che due giorni dopo un albero sia caduto durante un temporale, rischiando di causare danni gravissimi a due persone che passavano di lì in auto. Ecco, questo è un esempio concreto del perché questi temi non possono più essere sottovalutati. Non sto dicendo che dovremmo avere già tutte le risposte – sarebbe anche troppo – ma almeno avviare un’indagine, uno studio, un approccio metodico, anche su come il territorio reagisce agli eventi climatici, mi pare il minimo. A mio parere, quindi, questa istanza è meritevole di una valutazione ben più approfondita. E non di una risposta che, purtroppo, è apparsa superficiale e insufficiente. 

Vladimiro Selva (Libera): I protagonisti di questa attività – che io credo sia davvero esemplare – meritano grande attenzione, anche perché parliamo di un’opera straordinaria realizzata in un contesto, quello della nostra Repubblica, che negli anni ’70 era decisamente povero di risorse. All’epoca non esistevano fondi strutturali, banche finanziarie o grandi meccanismi di sostegno economico. San Marino basava la propria ricchezza sul turismo, sul lavoro, sulla produzione, eppure è riuscito a mettere in piedi un’impresa enorme: la bonifica calanchiva, che ha interessato quasi il 30% del territorio nazionale. Si è trattato di un intervento fondamentale, volto da un lato a fermare un fenomeno erosivo che tendeva ad ampliarsi ogni anno, e dall’altro a proteggere i fondovalle. Perché quando avvengono eventi meteo estremi, l’acqua trascina con sé fango e detriti, riducendo la capacità di deflusso dei corsi d’acqua. Lo stesso quantitativo d’acqua, se carico di fango, aumenta il livello del fiume, provocando esondazioni. Il progetto originario è stato sostanzialmente completato, ma le opere realizzate – che sono fatte in terra – hanno necessità di manutenzione costante. Se non si interviene tempestivamente, con magari poche migliaia di euro, si rischia poi di affrontare danni per centinaia di migliaia. È questo il senso dell’istanza: ricordarci che quelle spese non sono facoltative, sono un onere obbligatorio. E i nostri figli e i nostri nipoti si troveranno a pagare costi molto più alti. È chiaro che servono anche competenze tecniche per intervenire, ma senza fondi la questione nemmeno si pone. Possiamo avere i migliori operatori, ma se nei centri di costo non ci sono le risorse, le azioni non si fanno. Guardando agli ultimi anni, non considerando il 2025 – di cui ha parlato il Segretario – vediamo una situazione altalenante. Nel 2024, ad esempio, sono stati stanziati 100.000 euro per la bonifica calanchiva, ma solo perché 50.000 euro sono stati spostati dal fondo originario (che era di 150.000 euro) verso un intervento specifico: la discarica di Rancione. Nel 2013 erano stati stanziati 150.000 euro. Nel 2022, erano stati previsti inizialmente 150.000 euro, ma poi 100.000 euro sono stati stornati, lasciando solo 50.000 euro effettivi. Ecco, questi dati sono sintomatici di una certa altalenanza nella consapevolezza politica rispetto alla portata e alla necessità di questi interventi. Mi auguro che, con questa istanza, chi l’ha formulata sia stato realmente ascoltato, e che sia servita a riportare il tema al centro del dibattito pubblico. Perché è evidente che certi problemi diventano importanti solo quando si verificano eventi eclatanti, che fanno notizia. Quando tutto funziona, non se ne parla, ma è proprio quando non ci sono problemi che bisogna ricordarsi di mantenere le condizioni che evitano i disastri. Abbiamo firmato un nuovo contratto per la gestione dei mezzi: molti di questi interventi si fanno in economia, ma i costi sono aumentati del 15% rispetto alle tariffe precedenti. Quindi anche lo stanziamento va almeno adeguato a queste nuove condizioni operative. Questo è un

tema che non possiamo dimenticare. Mi auguro che la Segreteria ne sia pienamente consapevole – e dai riferimenti fatti oggi mi sembra che lo sia. Ma non possiamo abbassare la guardia.  

c) perché si aumentino progressivamente le alberature nella Città di San Marino e più in generale si adottino politiche di maggiore sensibilità del patrimonio naturalistico sammarinese (Istanza n.11 del 6 ottobre 2024)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Vorrei fare alcuni richiami normativi che credo siano noti, ma che è comunque importante ribadire. Sul tema del verde, delle alberature e del paesaggio, esiste un riferimento preciso: il Codice dell’Ambiente, la legge quadro del 2008, che riconosce il verde urbano come componente essenziale del paesaggio, prevedendo strumenti specifici per la sua tutela e valorizzazione. La stessa legge ha istituito il Comitato tecnico-scientifico per l’ambiente, organo consultivo che esprime pareri su forestazione urbana, gestione del verde e adattamento climatico.  Inoltre, i piani particolareggiati urbanistici devono includere disposizioni per la salvaguardia e l’incremento del verde, sia in ambito urbano che periurbano e agricolo. Per l’anno 2025, come già accennato poco fa, sono stati incrementati i capitoli di spesa destinati al verde pubblico, con risorse che rientrano nel più ampio capitolo delle bonifiche ambientali. L’obiettivo è migliorare il paesaggio urbano, in particolare con nuove alberature nelle aree a maggiore afflusso pedonale, come piazze, parcheggi e assi stradali. C’è un’importante sinergia fra l’Azienda dei Lavori Pubblici e l’Ufficio Gestione Risorse Agricole e Ambientali, che sovrintende sulla base di indirizzi politici chiari, fra cui quello di destinare maggiori risorse al tema del verde. Nella programmazione tematica che stiamo portando avanti, un punto che mi sta particolarmente a cuore – e che esprimo anche come auspicio politico – è che si possa partire proprio dal piano del verde. Sarebbe un cambio di passo culturale e amministrativo. Il PRG del 1992 viene spesso ricordato per la sua spinta urbanizzativa. Ecco, oggi potremmo fare il contrario: partire dal verde e costruire il resto attorno a esso. Sarebbe una vera rivoluzione, e mi piacerebbe che fosse questo l’input politico da lanciare. Parallelamente, sono in corso interlocuzioni con le Giunte di Castello per coinvolgerle attivamente nella gestione partecipata del verde pubblico e per individuare aree naturali, parchi e orti sociali, sempre più richiesti anche dai cittadini. Il tema è concreto e sentito, e – se la politica lo vorrà – potremo davvero partire da un piano del verde per costruire una nuova visione del territorio. Città come Rimini stanno già adottando questi approcci: si tratta, quindi, non solo di una scelta politica e amministrativa, ma anche di un cambio culturale che può fare bene al nostro Paese. 

Matteo Casali (RF): Rispetto alla risposta del Segretario all’istanza sul verde pubblico, comprendo perfettamente la difficoltà politica nel rispondere a un’esortazione generica come “più verde”. È una richiesta che, detta così, si presta a due sole risposte: o si annuncia che da domani pianteremo un certo numero di alberi – e questo non rappresenta un vero approccio pianificato – oppure si resta su dichiarazioni di principio, come in effetti è stato fatto. E anche questo è comprensibile. Detto ciò, credo che l’istanza sia stata comunque utile, perché ha permesso di innescare una riflessione sul tema, che ancora una volta ci riporta a una parola fondamentale: pianificazione. In questo caso parliamo soprattutto di pianificazione attuativa, ma anche la pianificazione generale – quella di più ampio respiro – deve oggi più che mai tenere conto del verde come asset strategico. Come ha detto il Segretario, potrebbe essere addirittura uno degli elementi centrali su cui costruire una visione del territorio. Ora, permettetemi una riflessione personale. Nei confronti del verde urbano, del verde d’arredo, credo sia necessario adottare un approccio equilibrato, non ideologico. I benefici dell’incremento di alberature e spazi verdi sono indiscutibili e ampiamente dimostrati, ma il “più verde per tutti” non può diventare uno slogan vuoto, privo di contesto, se non accompagnato da una pianificazione mirata, misurata e ponderata. In alcune circostanze, questo approccio al verde rischia di diventare quasi fideistico. Vorrei inoltre cogliere questa occasione per fare un’ulteriore riflessione sull’approccio che si è avuto, anche in passato, su questi temi. Ci sono stati casi in cui questioni legate al verde sono state strumentalizzate politicamente. Ricorderete l’istanza sulla ripiantumazione di via Paolo III: era il 2019 e quella battaglia, legittima nei contenuti, è stata in alcuni casi cavalcata con modalità discutibili. Ci fu chi costruì su quell’episodio buona parte della propria visibilità pubblica e della successiva carriera politica. Quei pini, va detto, erano stati giudicati pericolosi dagli uffici competenti, avevano le radici danneggiate, ed era quindi corretto intervenire. Concludo dicendo che anche queste esperienze devono insegnarci a mantenere equilibrio e razionalità quando si parla di verde pubblico. Benissimo l’incremento, benissimo la tutela, ma sempre con una visione tecnica, responsabile e non strumentale. 

d) per l’installazione di opere o dispositivi quali autovelox per rallentare i veicoli che percorrono Via Giovanni Guiduccio nel Castello di Acquaviva (Istanza n.9 del 6 ottobre 2024)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Sarò molto breve, anche perché l’oggetto dell’istanza è attualmente al centro del lavoro del gruppo tecnico sulla sicurezza stradale, che coinvolge, tra gli altri, rappresentanti della Polizia Civile, dei Dipartimenti del Territorio e dell’Azienda Autonoma di Stato per i Lavori Pubblici. L’obiettivo di questo gruppo è quello di individuare soluzioni efficaci e concrete, che siano da un lato coerenti con le richieste avanzate dagli istanti, e dall’altro tecnicamente adeguate a garantire la sicurezza viaria. Tra le ipotesi in valutazione vi sono anche interventi strutturali e l’installazione di dispositivi come autovelox, per una risposta che sia realmente utile e rispondente ai bisogni evidenziati. Si tratta dunque di un tema attualmente in fase di confronto e approfondimento, che sarà oggetto di aggiornamenti non appena saranno individuate le soluzioni più idonee. 

e) per la collocazione di erogatori di acqua potabile nelle mense sammarinesi (Istanza n.8 del 6 ottobre 2024)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: A seguito dell’approvazione dell’Istanza d’Arengo numero 8 del 2024, che chiedeva al Governo di valutare la possibilità di installare erogatori di acqua potabile nelle mense scolastiche pubbliche, ci siamo attivati per capire concretamente come poter procedere.  Abbiamo avviato i primi incontri con il Fondo Servizi Sociali, che – come sapete – è l’ente che si occupa della gestione dei servizi di ristorazione nelle scuole. L’obiettivo era avviare un confronto di carattere tecnico e operativo, per capire se e come questa proposta potesse diventare realtà. Ci siamo concentrati su diversi aspetti: innanzitutto abbiamo valutato le possibili soluzioni tecnologiche, come ad esempio gli erogatori a microfiltrazione oppure quelli refrigerati. Abbiamo poi fatto una prima ricognizione degli spazi fisici disponibili all’interno delle varie strutture scolastiche, per capire dove eventualmente questi erogatori potrebbero essere collocati. Ovviamente abbiamo anche iniziato a fare qualche ragionamento sui costi, sia per quanto riguarda l’installazione, che la manutenzione e la gestione nel tempo. E non da ultimo, abbiamo considerato quali potrebbero essere gli impatti organizzativi sui servizi che già oggi vengono erogati. Questa istanza rappresenta sicuramente un primo passo importante verso politiche pubbliche più attente alla sostenibilità ambientale, alla promozione dell’acqua pubblica, e alla riduzione della plastica monouso. Temi sui quali credo che tutti noi siamo particolarmente sensibili. Oltre al valore ambientale, c’è anche un forte valore educativo: abituare fin da piccoli le nuove generazioni a scegliere l’acqua del rubinetto e a ridurre il consumo di plastica è un messaggio importante. Nei prossimi mesi proseguiremo con le valutazioni tecniche, organizzando dei sopralluoghi nei plessi scolastici e continuando il confronto con tutti i soggetti coinvolti, in modo da arrivare a una soluzione praticabile e condivisa. 

Michela Pelliccioni (D-ML): Mi pare che, ad oggi, la risposta sia che è in corso uno studio di fattibilità su questa proposta – e chiedo conferma al Segretario se ho ben compreso. Si tratta di una proposta che, sinceramente, trovo piuttosto semplice da realizzare, anche perché non introduce nulla di particolarmente nuovo rispetto a soluzioni già adottate altrove. Mi viene in mente, ad esempio, quanto già avviene nella vicina Italia, dove – come è possibile vedere anche sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità – è stato avviato il progetto “Scuole che promuovono salute”. In quel contesto, molte regioni a statuto autonomo si sono già dotate, tramite decreto, di misure volte proprio a fornire le mense scolastiche di acqua potabile gratuita. Credo quindi che ci troviamo davanti a un indirizzo coerente con logiche di risparmio, sostenibilità e attenzione alla salute pubblica. Detto questo, capisco che vadano fatte anche delle valutazioni legate ai costi complessivi, in particolare in riferimento al servizio mensa. Oggi dobbiamo dirlo chiaramente: il costo della mensa per le famiglie è molto basso, probabilmente non copre nemmeno interamente le spese per l’acquisto e la preparazione di cibi che, va detto, sono di qualità ancora soddisfacente. E quindi anche il tema dell’acqua, che oggi viene fatta pagare un euro a bottiglietta, merita una riflessione. È giusto garantire l’accesso gratuito all’acqua potabile, ma occorre anche valutare come suddividere i costi in modo sostenibile, affinché il sistema resti in equilibrio. A mio avviso, questo è probabilmente il nodo più delicato da affrontare: non tanto la fattibilità tecnica dell’intervento, quanto la sua gestione economica nel contesto più ampio del servizio mensa. Quindi bene andare avanti, bene il confronto tecnico, ma senza perdere di vista la necessità di una copertura sostenibile dei costi. 

f) affinché un tratto di Strada Borrana sia intitolato a Gian Franco Terenzi (Istanza d’Arengo n.27 dell’8 ottobre 2023)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Rispetto a questa istanza d’Arengo, presentata con l’intento di ricordare in modo concreto la figura di Gianfranco Terenzi, già Capitano Reggente e cittadino che ha dedicato con grande impegno la propria vita alla politica e alla comunità sammarinese, desidero fornire un aggiornamento. Per garantire un giusto equilibrio tra il valore simbolico dell’intitolazione e la necessità di contenere al minimo l’impatto amministrativo e logistico, si è optato per una soluzione mirata: si propone infatti che l’intitolazione riguardi esclusivamente il primo tratto di Strada Borrana.  In questo modo si evita di dover procedere alla modifica di tutti gli indirizzi esistenti lungo l’intera via, che avrebbe comportato inevitabili disagi sia per i residenti che per le attività economiche.  L’intervento interesserà quindi soltanto il tratto iniziale, dove si trovano tre numeri civici riconducibili a un’unica società privata. Per questi civici verrà effettuata la variazione necessaria in base alla nuova intitolazione. La società coinvolta è stata informata ed è già stata affiancata per tutti gli adempimenti relativi agli aggiornamenti anagrafici e logistici. Questa soluzione ci consente di onorare in modo visibile e significativo la memoria di Gianfranco Terenzi, senza generare complicazioni o disagi per gli altri residenti e utenti della via. Siamo in contatto costante con gli istanti promotori dell’istanza e stiamo lavorando per arrivare alla concretizzazione formale di questa intitolazione nel più breve tempo possibile. 

g) per l’introduzione di una normativa che preveda la piantumazione di un albero per ogni nuovo nato (Istanza d’Arengo n.25 del 2 aprile 2023)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: La Segreteria di Stato per il Territorio ha dato piena attuazione a questa istanza d’Arengo, operando in sinergia tra diversi attori: gli uffici pubblici, l’UGRAA, il Comitato tecnico-scientifico per l’ambiente e, non da ultimo, anche con il coinvolgimento delle scuole. È stato un lavoro condiviso e strutturato, che ha permesso non solo di dare seguito a un principio importante, ma di farlo in modo concreto e tangibile. Devo dire che c’è stata grande partecipazione, vivacità e anche soddisfazione, sia da parte degli uffici sia da parte dei cittadini, per essere riusciti a realizzare questo progetto in tempi particolarmente brevi. Il principio che ha ispirato tutto è stato quello del “fare”, dell’agire concreto, più che quello di definire una nuova normativa. Abbiamo infatti già gli strumenti: le commissioni competenti, il Comitato tecnico-scientifico per l’ambiente, che ha definito delle linee guida operative. In questo ambito, e in collaborazione con il servizio verde pubblico e l’UGRAA, abbiamo strutturato un percorso semplice ma significativo. Ora, ogni cittadino, in occasione della nascita di un figlio – o anche in caso di adozione – può recarsi presso l’Ufficio Gestione Risorse Agricole e Ambientali oppure presso il servizio verde pubblico. 

Insieme, sulla base delle indicazioni definite dalla CTS, si procede alla piantumazione simbolica di un albero. Un gesto concreto, educativo e profondamente simbolico, che unisce ambiente, cittadinanza attiva e senso di comunità. 

h) affinché si proceda alla ristrutturazione manutentiva dell’edificio della Mensa in Località Ca’ Chiavello a Faetano (Istanza n.2 del 2 aprile 2023)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: In merito a questa istanza, posso riferire che è stato effettuato un sopralluogo tecnico, in collaborazione con l’Azienda dei Lavori Pubblici, per valutare concretamente lo stato dei luoghi e gli eventuali interventi da programmare. A seguito di questo confronto e in accordo con la Giunta di Castello di Faetano, si è ritenuto opportuno posticipare i lavori previsti presso la mensa in località Cà Chiavello, in quanto sono emerse altre priorità più urgenti per il Castello, da affrontare nel breve termine. Si è quindi deciso, congiuntamente, di rinviare l’intervento alla mensa all’anno 2026, dando così modo di riorganizzare le risorse disponibili all’interno del bilancio 2025, che – come noto – presenta dei limiti e richiede una gestione oculata delle priorità. In ogni caso, il progetto rimane in programma, ed è stato inserito nella pianificazione futura proprio grazie al confronto positivo e costruttivo avuto con la Giunta. 

Matteo Casali (RF): Questa Istanza, come altre simili, ci offre un’occasione di riflessione importante: perché si è arrivati a doverla presentare? Stiamo parlando della richiesta di ristrutturazione o manutenzione di un edificio pubblico, un intervento che – in teoria – dovrebbe rientrare nella normale programmazione delle amministrazioni competenti. E allora la domanda è: perché i cittadini hanno sentito il bisogno di ricorrere a uno strumento così formale e impegnativo per ottenere qualcosa che dovrebbe essere ordinario? Ci si deve interrogare se l’istanza sia stata vista dagli stessi proponenti come la via più veloce o più efficace, oppure se, prima di arrivare a questa, abbiano tentato altre strade – magari attraverso le giunte di Castello o gli uffici competenti – senza ottenere risposte. E questo dovrebbe preoccuparci. Perché l’istanza, quando viene accolta, diventa un impegno vincolante per le istituzioni. E non possiamo usarla come scorciatoia ogni volta che il sistema ordinario non funziona. Colgo l’occasione anche per una precisazione su un punto che ho espresso in precedenza: non è sempre necessario creare nuove normative, ma va detto che alcune istanze – come questa – chiedono esplicitamente di colmare un vuoto normativo o organizzativo. Abbiamo visto istanze respinte proprio con la motivazione che “non si può normare”, ma così facendo si entra in un campo scivoloso, dove il giudizio diventa troppo discrezionale. Tornando al caso specifico: il segretario ha chiarito che in accordo con la Giunta di Castello di Faetano, si è ritenuto di posticipare l’intervento sulla mensa in questione, privilegiando altre priorità per il 2025. Questo chiarimento è importante e rassicurante, ma rimane il nodo di fondo: perché la manutenzione di un edificio pubblico è finita in un’istanza d’Arengo e non è stata intercettata prima dai canali ordinari?  Nel recente passato abbiamo visto una gestione delle opere pubbliche nei Castelli non sempre equa, dove alcune Giunte sembravano avere corsie preferenziali – forse per una maggiore affinità politica – e altre invece venivano sistematicamente trascurate. È un rischio che non possiamo più permetterci e che dobbiamo affrontare con trasparenza. Colgo infine l’occasione per una breve digressione legata al PEN – il Piano Energetico Nazionale. In quel documento si parlava chiaramente della necessità di dotare l’amministrazione di figure manageriali competenti per la gestione del patrimonio immobiliare pubblico: dal property manager al facility manager, fino all’energy manager. Ruoli che, senza bisogno di normative monumentali, potrebbero essere attivati con semplicità e che garantirebbero una gestione più razionale, efficiente e preventiva degli immobili. Purtroppo, molte di queste proposte – pur sensate e già strutturate – giacciono da anni nei cassetti delle Segreterie di Stato. E intanto, i cittadini continuano a presentare Istanze d’Arengo per ottenere ciò che dovrebbe essere normale. Forse, basterebbe semplicemente rispondere per tempo a un telefono che squilla.

i) per l’attuazione dell’articolo 22 della Legge 24 dicembre 2018 n.173 in materia di classificazione sismica degli edifici (Istanza n.14 del 3 ottobre 2021)

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Grazie, presidente. L’istanza n. 14 del 3 ottobre 2021 chiedeva l’attuazione dell’articolo 22 della Legge 24 dicembre 2018 n. 173, relativo alla classificazione sismica degli edifici. Su questo fronte, posso confermare che è stato emanato il Decreto Delegato del 30 novembre 2023 n. 168, intitolato “Sisma Bonus per la riduzione del rischio sismico”. Questo provvedimento rappresenta un primo tassello operativo importante, che introduce una serie di misure volte a incentivare interventi di adeguamento e miglioramento sismico sugli edifici, nonché l’effettuazione delle verifiche tecniche necessarie. La normativa prevede agevolazioni fiscali molto significative, con detrazioni che variano a seconda della tipologia di intervento e della sua incidenza sul miglioramento della sicurezza strutturale. Si tratta di una misura che si rivolge tanto ai privati cittadini quanto alle persone giuridiche, con modalità di fruizione calibrate in base alla natura degli interventi. È un passo avanti concreto che mira non solo a stimolare l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente, ma anche a promuovere una nuova cultura della prevenzione e della sicurezza.  Sappiamo bene che in materia di rischio sismico non bisogna mai abbassare la guardia. Per questo motivo stiamo lavorando anche su altri fronti: nei prossimi giorni, ad esempio, sarà pubblicato un ulteriore intervento normativo dedicato alla prevenzione antincendio, il cosiddetto “Fire Bonus”, che andrà a integrare il quadro delle misure già attivate in questi mesi. Attraverso questi strumenti vogliamo dimostrare con i fatti l’impegno del Governo su temi centrali come la tutela della sicurezza dei cittadini, la valorizzazione del patrimonio edilizio e la promozione di comportamenti responsabili e lungimiranti. 

Matteo Casali (RF): Il decreto delegato introduce una classificazione sismica degli edifici? Perché per “classificazione sismica degli edifici” io intendo una distinzione in classi, in base — presumo — alla vulnerabilità sismica degli stessi. Vi confesso che non so bene che cosa si intenda, precisamente, con questa espressione. Per come la capisco io, la classificazione sismica degli edifici è, appunto, una classificazione basata sulla loro vulnerabilità sismica. Non vedo altra possibile definizione. Ma entro il 2020 questa classificazione doveva essere normata. Siamo nel 2025. Giustamente, direi anche, perché è difficile comprendere cosa effettivamente si volesse intendere. Il punto è che ad oggi, quella classificazione non è stata fatta. E non è certamente attraverso un decreto che incentiva il miglioramento o l’adeguamento sismico che si può dire di aver realizzato una classificazione sismica degli edifici. Perché — se per classificazione sismica si intende l’analisi e la catalogazione degli edifici in base alla loro vulnerabilità sismica — allora significa che sarebbe stato necessario predisporre una normativa che classificasse in modo sistematico gli edifici pubblici secondo alcuni parametri: ad esempio, lo stato strutturale e la “magnitudo attesa” del danno, in senso lato, quindi anche in base alla frequentazione dell’edificio. Quindi, non è con l’incentivazione che si adempie a quel disposto di legge. E adempiere a quel disposto è estremamente complesso, perché significherebbe avviare un’analisi di vulnerabilità sismica sull’intero patrimonio immobiliare dello Stato. Analisi costosa, a meno di non ricorrere a formule normative approssimative, come la data di costruzione, gli aspetti macroscopici a livello materico, la regolarità in pianta, in altezza, eccetera.  Sappiamo bene che il rischio va valutato anche in base a chi frequenta quel luogo. Ora, questo approccio però confliggerebbe con il fatto che la richiesta era di avere una normativa secondo i più elevati standard mondiali. E allora bisogna capire cosa si intenda esattamente. Se le normative recentemente introdotte rispondano o meno a quanto effettivamente richiesto. Nel caso non lo facciano, bisogna allora valutare quale approccio seguire. Perché, altrimenti, o si fa una classificazione sismica poco concreta e poco utile, oppure — e forse questa sarebbe la strada — si potrebbe procedere di concerto con la Protezione Civile e con i piani di emergenza, identificando le strutture strategiche e avviando studi di vulnerabilità sismica su quelle, per poi pianificare eventuali interventi di miglioramento. Tutto questo in un’ottica di impatto complessivo dell’eventuale evento sismico sul sistema sanmarinese. Perciò, chiedo al Segretario maggiori delucidazioni rispetto alle normative recentemente introdotte. 

Vladimiro Selva (Libera): Su questi temi erano già stati avviati dei gruppi di lavoro, e si era iniziato a stilare un elenco degli edifici pubblici con funzioni più “sensibili”, quelli cioè che, a parità di rischio strutturale, potevano comportare un maggior pericolo per le persone e per il sistema. La “classificazione”, in questo contesto, andrebbe forse letta in modo diverso rispetto a quanto si intende nella normativa sismica tecnica, dove la “classe d’uso” viene definita in fase progettuale. Qui, probabilmente, si sarebbe dovuto intendere una classificazione basata sulla capacità dell’edificio di resistere a un’azione sismica, espressa magari come percentuale rispetto ai carichi previsti dalla normativa vigente per gli edifici di nuova costruzione. Quella normativa, però, non è mai stata realizzata. E anche la stessa “verifica di vulnerabilità sismica” degli edifici pubblici — che detta così sembra semplice, bastano tre righe — è in realtà un’operazione molto onerosa. Se la si vuole fare seriamente, servono competenze, tempo e risorse. Nessun ingegnere, infatti, può stabilire a vista il grado di vulnerabilità di un edificio, senza aver condotto prima prove sui materiali, rilievi geometrici delle strutture e verifiche puntuali. Come sottolineava anche Casali, si tratta di studi tecnici complessi e costosi. Già solo classificare gli edifici in base a parametri “macro” — come l’anno di costruzione, il tipo di struttura (muratura, cemento armato, ecc.) — potrebbe dare indicazioni utili su quali edifici potrebbero presentare maggiori criticità. Ma l’idea di fare un’analisi completa e dettagliata su tutti gli edifici pubblici richiederebbe un investimento davvero molto consistente. Per questo, come in effetti era stato avviato, forse l’approccio più sensato è quello di procedere per priorità: cioè valutare il rischio anche in base alla funzione dell’edificio. Per alcuni di essi, infatti, avrebbe sicuramente senso procedere a studi approfonditi, soprattutto quando si prevede di investire risorse significative per ristrutturazioni o nuove funzioni. 

Segretario di Stato Matteo Ciacci: Ha ragione il consigliere Matteo Casali. In effetti, l’istanza richiedeva una normativa e l’attuazione dell’articolo 22 in materia di classificazione sismica degli edifici, che è cosa ben diversa rispetto al sisma bonus. Il sisma bonus rappresenta un incentivo per favorire la realizzazione di edifici che rispondano a parametri sismici adeguati e aggiornati, ma non corrisponde a una classificazione del patrimonio edilizio esistente. Quindi, per ricapitolare: il decreto sul sisma bonus esiste, è attivo e sta andando avanti. Tuttavia, parallelamente a questo strumento, una vera e propria classificazione sismica degli edifici pubblici non è stata ancora realizzata. Al momento, si procede un po’ “a sport”, nel senso che, ogni volta che il settore pubblico pianifica la ristrutturazione o la riqualificazione di un edificio, si prende in considerazione anche l’adeguamento sismico. Ma ciò avviene caso per caso, e non all’interno di una strategia organica di classificazione.  Accolgo quindi con favore l’approccio proposto dal consigliere Casali: cercare di portare avanti questo lavoro tenendo conto della dimensione reale della nostra Repubblica e della necessità di un metodo praticabile, adatto alla nostra struttura e alle nostre risorse. In conclusione, sì, l’istanza d’Arengo è stata approvata, ma il lavoro da fare per arrivare a una classificazione sismica completa e strutturata del patrimonio pubblico è ancora tutto da esplorare. 

Alle 13.00 terminano i lavori della seduta.