San Marino. Commissione d’inchiesta: l’abbiamo già messa in archivio? … di Aberto Forcellini

L’ambasciata francese invia sul Titano un proprio consulente per un confronto da effettuarsi con la Commissione Finanze e poi con la Commissione d’Inchiesta sulle banche. La Francia sta ricoprendo la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea e segue da vicino il negoziato sammarinese. La cosa non dovrebbe stupire se per un intervento più motivato vuole conoscere da vicino la situazione economico finanziaria locale, visto che quelle di Monaco e di Andorra le conosce molto bene.

Stupisce invece (e ci sono Consiglieri che non lo nascondono affatto) il fatto che il diplomatico voglia parlare con il presidente della Commissione d’inchiesta. Evidentemente quello che a San Marino non ha destato risonanza e non ha provocato conseguenze, altrove ha destato molta attenzione. Siamo sempre portati a pensare che fuori confine nessuno si accorga di quanto succede da noi, ma non è così.

Poi le suscettibilità si placano, secondo quanto riferito da fonti televisive, perché anche in Francia ci sono stati scandali bancari e i funzionari francesi del Tesoro, che hanno visto le due relazioni, probabilmente sono interessati a vedere come si è mossa la piccola Repubblica. Quindi, in qualche maniera è stata apprezzata la volontà sammarinese di fare chiarezza e di adeguare il sistema locale agli standard internazionali. Ergo, una nota di merito per San Marino.

Quello che gli osservatori d’oltralpe non sanno è che la Commissione è ormai andata in archivio e che le due relazioni prodotte, probabilmente, altrettanto. Eppure, chi ha letto entrambe le risultanze non riesce a dimenticare certe frasi del tipo: ” (…) appare pertanto lecito per la Scrivente affermare che Simone Celli ha agito nell’interesse del Gruppo Grandoni che poteva così contare sull’affiliazione al gruppo, oltreché di un magistrato inquirente, anche del Segretario di Stato per le Finanze in carica fra l’inizio del 2017 e l’ottobre 2018.”

È vero che sia Simone Celli, sia il giudice citato nel testo, Alberto Buriani, sono stati rinviati a giudizio con capi di imputazione pesantissimi, ma non ci si può esimere dal chiedere: perché Buriani è ancora al suo posto? Tutti i dipendenti pubblici, qualora incorrano in vicende penali, anche per questioni molto più leggere rispetto ai nostri personaggi, si imbattono in sanzioni che prevedono l’ammonizione, la censura, la sospensione, le quali vengono applicate in maniera immediata, indipendentemente dallo sviluppo del processo. Solo a posteriori, di fronte ad un’eventuale assoluzione, il dipendente viene ripristinato nella sua posizione lavorativa e risarcito degli stipendi non percepiti. Abbiamo visto esempi recenti, anche di personaggi noti. Allora perché la stessa norma non viene applicata al giudice? Oltretutto appena sancita da una legge di riforma dell’ordinamento giudiziario. Quale credibilità può avere la giustizia quando si avvale di un giudice accusato di vari crimini?

Ma gli stessi interrogativi vengono avanti anche su tutti gli altri protagonisti delle due relazioni: gli ex vertici di banca CIS, di Banca Centrale, di Cassa di Risparmio. In particolare di quelli che avevano avuto il compito di affossare il più antico istituto di credito della Repubblica, che l’hanno spolpato e poi l’hanno fatto diventare di proprietà pubblica. C’è qualcosa a loro carico? E Confuorti? Sparito dalla circolazione sparito dalle carte. Che bellezza!

Che fine ha fatto il caso Titoli? È ancora in piedi, o si aspetta che ogni eventuale reato vada in prescrizione? Anche sulla vendita di oltre 2 miliardi di NPL sono state rilevate molte irregolarità: c’è qualcuno che indaga?

Volendo continuare, anche prima dell’era confuortiana, le irregolarità sono state così tante da riempire più 300 pagine di relazione: lasciamo scorrere via tutto confidando nel tempo, che è un grande medico e pian piano nasconde tutte le cose nell’oblio?

Abbiamo letto di una vasta corte di faccendieri e pseudo-investitori, che la Commissione non si fa scrupolo di definire “delinquenti” attirati da un sistema privo di controlli, dove tutto era possibile. È davvero difficile credere che i governi non si rendessero conto delle loro azioni e che le varie maggioranze abbiano votato senza sapere quello che facevano. C’è qualcuno di quei politici che, oggi, dopo tutto quello che si è detto, è ancora convinto di avere agito in buona fede e negli interessi dello Stato?

È anche vero che bisogna distinguere la responsabilità politica da quella penale, ma bisogna anche vedere quante scelte politiche abbiano poi avuto conseguenze perseguibili penalmente. Cercare di coprire non è mai buona politica. Anche perché il dissesto finanziario dello Stato e una credibilità tutta da ricostruire, è sicuramente cosa che ci riguarda tutti e che ci porteremo dietro per un bel pezzo.

Proprio ieri è arrivata la notizia che Carisp, a cui fu fatta assorbire Asset, dovrà pagare parte delle spese processuali di Asset per il procedimento “Re nero”. Un’eventualità che gli strateghi politici del 2017 non avevano calcolato, e che oggi ricadano addosso alla banca di Stato.

a/f