Buriani e Mazzini: che strana coppia. Eppure da una decina di anni, i due nomi si rincorrono periodicamente nelle vicende politiche, sui giornali e, ovviamente, nelle questioni di giustizia.
Il nuovo ragionamento, che li vede ancora intimamente legati, si innesta proprio sulla sentenza Bin, che assolve Buriani da tutte le accuse mossegli dalla Commissione Giustizia per richiederne la sospensione dal servizio.
Partiamo da alcuni “rapporti anomali” tenuti dal giudice Alberto Buriani che vengono annullati perché non si riconosce il potere di impeachment alla Commissione Giustizia, in quanto organo squisitamente politico. Poi ci sono personaggi, che sono stati indagati da Buriani, ma che proprio per questo non possono a loro volta denunciarlo perché sembrerebbe una vendetta.
Prendiamo il caso della presidente Tomasetti, denunciata dallo stesso Buriani per aver acceso un rapporto di consulenza con Sandro Gozi. Una denuncia avviata sulla scorta di una lettera anonima. Ora, è vero che un giudice ha l’obbligo di procedere in qualunque maniera gli sia arrivata la notitia criminis, anche se non sempre accade. Tuttavia, un conto è avviare delle indagini, un conto è il rinvio a giudizio, che dovrebbe basarsi su prove inconfutabili. Infatti la Tomasetti è stata discolpata. Nel mezzo della vicenda, gli incontri segreti di Celli e di Buriani, con la Tomasetti, per la vendita da banca Cis, svelati dall’esposto della Tomasetti. Insomma, una vicenda tutta anomala e il fatto che Buriani possa avere usato il potere giudiziario per altri fini, come sembrerebbe, non conta.
Conta invece che la successiva denuncia della Tomasetti sui comportamenti “anomali del giudice Buriani” sia stata considerata alla stregua di una “vendetta politica”. Quindi, da ritenere non valida al fine della sentenza del Collegio Garante.
Altrettanto è per il processo Ercolani, l’ex presidente di Asset Banca, che si è fatto le sue ragioni per la chiusura d’imperio. Ogni suo atto potrebbe sembrare una vendetta contro il giudice inquirente.
Ma se così fosse, nessuno dei politici che sono stati perseguiti da Buriani (ce ne sono davvero tanti attualmente in Consiglio, in Commissione Giustizia e in altri organismi) potrà mai denunciarlo per i soprusi eventualmente commessi, perché ogni atto potrebbe sembrare una rappresaglia, una ripicca, una rivalsa. Peggio che peggio se tra eventuali accusatori dovessero esserci gli indagati del conto Mazzini, ai quali la sentenza Bin impedisce per sempre la possibilità di farsi le proprie ragioni. Anche se, sempre dalla relazione della commissione di inchiesta, emerge come il tutto sia partito solo per far fuori una parte della classe politica dirigente, tant’è che proprio la fase inquirente (il capo del pool era proprio Buriani) appare come la gamba zoppa di tutta l’impalcatura processuale.
Giornalisticamente parlando si potrebbe dire che, con il processo Mazzini, il giudice Buriani si è messo al riparo da tutto e da tutti.
Ma la domanda è: adesso cosa succede? Diciamo subito che non è nelle nostre facoltà prevedere il futuro. Al massimo, possiamo fare qualche ragionamento e molte domande. Quantunque assolto da ogni accusa, l’immagine che il giudice Buriani ha costruito attorno a sé, non è né bella, né buona, checché ne pensino i suoi amici di RF e di parte del giornalismo locale.
Tornerà a giudicare le multe, o verrà premiato con un’altra assegnazione di incarico? Quanta gente sarà disposta a farsi giudicare da lui e non provvederà a ricusarlo, per motivazioni politiche? Ma lui stesso, dopo quanto è successo, avrà la necessaria serenità per intervenire nella vicende sammarinesi? Pare fuor di dubbio che ci saranno altre storie da raccontare.
a/f