San Marino. Conferenza pubblica DC sulla scuola. Nessun Castello rimarrà privo di un presidio formativo

Oggi non ci sono più bambini, domani non ci saranno più lavoratori. La denatalità è un problema complesso, che investe non solo le scuole ma l’intera struttura sociale ed economica, con proiezioni future preoccupanti

Nel 2024 ci sono state 149 nascite, meno della metà di quelle di una decina di anni fa. Scuola dell’infanzia: da 800 a 540 bimbi. Scuole elementari: da 1330 a 800. Abbiamo 38 plessi in nove Castelli per 36 mila anime, ma lo stato di conservazione degli edifici scolastici, in molti casi è al limite della fatiscenza.

La scuola è il secondo centro di costo del bilancio pubblico, dopo l’ISS. Ogni anno, costa 55 milioni, che corrispondono al 2,85% del PIL: una percentuale tra le più basse europee se presa come valore assoluto, ma molto alta se considerata in rapporto pro-capite perché corrisponde a circa 2000 euro al giorno per ciascun bambino. Insieme ai 3000 euro al giorno per la sanità, lo Stato investe quotidianamente circa 5000 euro a testa per ogni cittadino. La popolazione cresce ogni anno, pur con poche nascite, ma questo è un altro fenomeno. 

Cosa fare? Come affrontare il futuro di fronte ad una tale situazione? Proposte, ma anche decisioni prese sono state illustrate dalla DC nel corso di un incontro pubblico dal titolo: “La scuola sammarinese in evoluzione: identità, strategie, protagonisti”. Affollatissima la sala polivalente di Murata, con docenti (di cui molti precari), famiglie, rappresentanti di Giunta. Altrettanto gremito il tavolo dei relatori con: il Segretario all’Istruzione e Cultura Teodoro Lonfernini, il direttore di dipartimento Emanuele D’Amelio, il dirigente delle scuole d’infanzia e asili nido Francesco Giacomini, la dirigente delle scuole elementari Arianna Scarpellini, la segretaria generale CDLS Milena Frulli, il vicesegretario DC Manuel Ciavatta. 

Dal Segretario di Stato sono venute le prime proposte. Obiettivo: “Mantenere l’equilibrio nei presidi territoriali di ogni Castello”. E già qui c’è una prima risposta al Comitato “Scuole vive nei Castelli” di recente costituzione. Ma la situazione si presenta a macchia di leopardo: ci sono località dove si registra un solo nato; ci sono classi che hanno appena 7 o 8 bambini, in decrescita. Sempre più difficile formare classi con almeno 15 / 18 alunni se non si fanno accorpamenti. Nell’arco di una decina di anni, sono venute a meno ben 15 classi. Un impoverimento che impone la presa in carico immediata, per non trovarsi totalmente spiazzati fra qualche anno, come hanno sottolineato un po’ tutti i relatori. 

La relazione di accorpamento, a cui tutti i relatori hanno fatto più o meno espliciti riferimenti, è un lavoro istituzionale, prodotto da un apposito gruppo di lavoro che ha riferito al Congresso di Stato, il quale a sua volta ha portato il riferimento in commissione, dove è stato votato un ordine del giorno che stabilisce le modalità operative per l’esecutivo. Di qui è partito il coinvolgimento dei diretti interessati: dirigenti scolastici e sindacati. Ma la relazione rimane tuttora un documento riservato, come traccia di lavoro. 

Ciò nonostante, alcune indicazioni sono arrivate. Come ad esempio su Città, dove la scuola dell’infanzia, che ha spazi molto grandi, è attualmente sovradimensionata per una sola sezione di bimbi. Gli spazi sono invece del tutto insufficienti per l’asilo nido, quantunque le liste di attesa si siano molto assottigliate rispetto al passato. Quindi si è pensato ad una riorganizzazione degli spazi, ad un ampliamento dei servizi (ivi compresa l’accoglienza dei bimbi da 0 a 1 anno) e ad una complessiva modernizzazione di tutta la struttura. 

Le stesse modalità operative a livello infrastrutturale e organizzativo interesseranno: Acquaviva, Chiesanuova, Montegiardino, Faetano, Borgo. “La scuola va pensata anche per i contenuti, non solo come contenitore” ha detto Arianna Scarpellini, focalizzando i profondi cambiamenti avvenuti nella didattica con l’introduzione di nuove materie come musica, teatro, lingue straniere e altri laboratori. Anche la matematica, oggi, può essere insegnata ai bimbi facendo educazione fisica. Per questo è necessario rivedere gli spazi, adeguarli alla metamorfosi didattica e all’evoluzione delle competenze. Il tutto nell’ottica di un equilibrio anche numerico, perché classi troppo piccole non sono accettabili per una completa educazione e socializzazione dei bimbi. 

La chiusura di un plesso, o l’accorpamento delle classi, non determinano la riduzione degli insegnanti” ha detto Lonfernini, anticipando l’orientamento politico del governo a dare una risposta decisiva anche ai precari. Ci sono insegnanti che hanno toccato perfino 17 anni di precariato: non è accettabile. Si pensa alla stessa soluzione adottata per la PA, con la stabilizzazione e l’introduzione di un meccanismo di automazione. C’è anche la necessità di molti insegnanti di sostegno, dal momento che ogni anno vengono impegnati tutti quelli che ci sono. 

L’immigrazione potrebbe essere una soluzione? Oppure, l’accoglienza dei figli dei frontalieri? I dirigenti hanno spiegato che già questo avviene, anche se in proporzioni molto limitate. Ma differenza dell’Italia, i bimbi che vengono dal circondario, non è detto che domani saranno cittadini sammarinesi; quindi, non ci sarebbe nessun contributo dal punto di vista sociale. 

Insomma, il buco generazionale c’è e nonostante gli sforzi per cercare di invertire la tendenza dal punto di vista di aiuto alle famiglie e dal punto di vista normativo, al momento pare irreversibile. Lo Stato e le sue istituzioni avrebbero potuto fare aggiustamenti temporanei (mettere delle toppe) e cercare di arrivare fino al 2030. Ma a quel punto, la situazione sarebbe divenuta irrecuperabile. Per questo si è voluto agire subito, cambiando anche il metodo di lavoro: “Le cose vanno spiegate, ragionate e condivise – è stato detto – perché ci sia sempre una maggiore consapevolezza delle scelte da prendere, sia per la scuola, sia per le famiglie. La traiettoria da seguire deve essere sempre migliorativa”.