San Marino. Consiglio Grande e Generale – Report giovedi 15 maggio

Giovedì 15 maggio 2025

Un lungo applauso ha salutato l’approvazione all’unanimità, da parte di tutta l’Aula consigliare, di un Ordine del giorno condiviso riguardante la questione palestinese. 

Nel dettaglio l’Odg impegna impegna il Congresso di Stato, per il tramite del Segretario di Stato agli Affari Esteri, a: riconoscere entro il 2025 lo Stato di Palestina, dando in tal modo piena attuazione al principio “due Popoli, due Stati”, previo riferimento in Consiglio Grande e Generale circa le modalità del riconoscimento anche alla luce delle risultanze della prossima conferenza internazionale di New York che si terrà nel prossimo mese di giugno; collaborare con quegli Stati che hanno espresso la medesima volontà, affinché l’azione della Repubblica di San Marino risulti da incentivo per una più vasta comunità di Stati; confermare l’impegno di San Marino in tutte le sedi internazionali a favore della realizzazione del principio “due Popoli, due Stati” da parte di tutti i paesi, coerentemente con la politica di neutralità attiva perseguita dalla Repubblica, quale via per garantire una coesistenza pacifica, rispettosa della dignità, sicurezza e sovranità di entrambe le Nazioni; procedere nella nomina di un rappresentante diplomatico sammarinese presso il governo Palestinese; intensificare, in collaborazione con le organizzazioni umanitarie riconosciute a livello internazionale, tutte le possibili azioni di aiuto e assistenza alle popolazioni colpite, con particolare attenzione a bambini, donne e persone vulnerabili;  continuare a sostenere, in ambito ONU, il processo di ammissione della Palestina come membro effettivo dell’Assemblea Generale; promuovere ogni iniziativa utile al raggiungimento della fine delle ostilità, alla liberazione degli ostaggi, alla protezione dei civili e alla ripresa del dialogo politico tra le parti, anche attraverso la partecipazione attiva di San Marino nei fora internazionali pertinenti; difendere e sostenere il ruolo ed il prezioso lavoro svolti dalla Corte Internazionale di Giustizia e dalla Corte Penale Internazionale, affinché le stesse possano continuare a tutelare tutti i popoli contro le violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario; riferire alla Seconda Commissione Consiliare Permanente sugli sviluppi”. 

La definizione e l’approvazione dell’Odg arriva al termine del lungo dibattito che si è sviluppato a seguito del riferimento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Luca Beccari, sul percorso per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Inizialmente proposto dalla sola maggioranza, sull’Odg è stato in seguito raggiunta una mediazione anche con le forze politiche di minoranza. 

Di seguito una sintesi dei lavori

 

Comma 10 – Ratifica ai sensi dell’art.1, ultimo comma, della Legge n.13/1979 così come modificato dall’art.1 della Legge n.100/2012 dei/ai seguenti Accordi: a) Convenzione Europea sulla soppressione della legalizzazione di atti compilati dagli agenti diplomatici o consolari, fatta a Londra il 7 giugno 1968 

Ratificato all’unanimità con 39 voti a favore.

1 b) Accordo tra il Governo della Repubblica di San Marino e il Governo del Regno del Marocco in materia di promozione e protezione reciproca degli investimenti, firmato a New York il 27 settembre 2024 

Ratificato all’unanimità con 36 voti a favore.

 

Comma 11 – Riferimento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri sul percorso per il riconoscimento dello Stato di Palestina e successivo dibattito 

Segretario di Stato Luca Beccari: Arriviamo a questo dibattito sul tema della Palestina. E’ un dibattito che scaturisce da un percorso che abbiamo avviato l’estate scorsa dopo un lungo confronto in quest’Aula.  Chiedendoci cosa San Marino può fare nel panorama internazionale per la definizione di una situazione che consideriamo inaccettabile. Non sto a ripercorrere la storia. Il perché di questo conflitto, di questo scontro ormai secolare. E che ci porta però oggi ad una situazione di inasprimento insostenibile. In questo contesto, al di là delle legittime pretese, e anche di quelle illegittime, ci sono sul campo vittime di questa guerra, persone normali, civili, bambini, donne. Persone che se non cadono sul campo, purtroppo vanno incontro a povertà, malnutrizione, violazione dei diritti umani, perdita delle loro cose. Sono relegati ad una vita o da rifugiati o da prigionieri nella loro terra. Questa è la Palestina oggi. Ed è così anche perché la comunità internazionale in 80 anni non è riuscita ad accompagnare quest’area verso una soluzione pacifica. Le premesse a volte sono sbagliate all’origine, ma si possono portare dei correttivi strada facendo. Siamo un Paese che esprime nei contesti internazionali un sentimento nazionale, un sentimento pacifico, forse a volte anche utopico. La nostra speranza è sempre quella di una coesistenza lontana da forme di guerra. Evidenziamo due fattori equivalenti. Un popolo, quello israeliano, che ha vissuto una vicenda terribile, martoriato, decimato, che trova una nuova prospettiva dopo la Seconda guerra mondiale, purtroppo con una soluzione internazionale che penalizza un altro popolo. Forse vi era l’illusione di poter trovare una soluzione di coesistenza tra quei due popoli che sono divisi e hanno una condizione economica fondamentalmente diversa. Dall’altro lato abbiamo un popolo, quello palestinese, che ha subito queste scelte. Gli accordi di Oslo sono gli accordi faro di quella che era la possibile soluzione, totalmente disattesi. All’interno della Palestina si sviluppano delle forme di terrorismo a danno di Israele e della comunità internazionale. Oggi ci troviamo a dover considerare una soluzione piuttosto complessa, ma che vede la comunità internazionale fortemente unita almeno a parole sull’idea di due popoli e due Stati. Questa è la soluzione. Soluzione che è rimasta per molti anni uno slogan e per la quale non si è lavorata sufficientemente. La presa degli ostaggi è stata l’innesco delle ostilità, ma è altrettanto chiaro che la reazione israeliana è stata inaccettabile per il tributo di vite umane e per il danno alle popolazioni palestinesi. San Marino, che ha una vocazione pacifica, ha sempre fatto emergere negli anni un atteggiamento cauto, attendista. Usciamo dagli schemi ideologici. Oggi non è questione di ideologia politica. Fino all’estate scorsa San Marino è rimasta ferma, senza mai esporsi. Da agosto dell’anno scorso con un ordine del giorno ben preciso abbiamo lanciato un percorso importante, abbiamo scalato le marce, ci siamo prefissi un percorso chiaro di quello che vogliamo fare: contribuire attivamente a realizzare il concetto di due popoli/due Stati. Ci siamo dati tre obiettivi. Avviare un riconoscimento diplomatico del governo palestinese, quello dell’autorità nazionale. Sostenere la Palestina in sede ONU per il suo riconoscimento, come membro effettivo. Terzo passaggio: arrivare ad un pieno riconoscimento. A gennaio c’è stata la presentazione delle credenziali dell’ambasciatore di Palestina. Questa è l’occasione per fare il punto della situazione e capire cosa fare. Il riconoscimento dell’ambasciatore è avvenuto. Arriverà anche la nomina di un nostro ambasciatore presso la Palestina. Non sarà un ambasciatore residente, dovremo individuare un candidato che possa essere un rappresentante di San Marino, vorremmo poter trovare un candidato con un peso importante, che sia una persona che ci aiuti ad esprimere questa linea di dialogo. Abbiamo contribuito a sostenere emendamenti e risoluzioni che potevano essere decisive in ambito ONU. L’atteggiamento all’interno del Consiglio di sicurezza sta cambiando. Il Paese principale che pone veti ha una posizione isolata. La Palestina come Stato richiede un approccio non emotivo, ma scientifico. Bisogna dichiararsi a favore di confini, di un Governo, di una capitale: sono i tre temi oggi sul tavolo. Su questo dobbiamo ancora fare della strada. Però ci viene in aiuto un’iniziativa francese e saudita: una conferenza internazionale che si terrà a New York tra il 17 e il 20 di giugno. Avrà un segmento di alto livello e uno tecnico. L’obiettivo è quello di un approccio internazionale, comune, al riconoscimento della Palestina. Trovare una convergenza su questi tre temi fondamentali. La partecipazione di San Marino è un’occasione per diventare parte di un dibattito internazionale con un ruolo da protagonisti. Noi non siamo anti-israeliani, non abbiamo quel sentimento. Noi condanniamo quello che non va bene: una escalation di violenza che non possiamo ignorare, ma non siamo anti-israeliani e questo Israele lo sa. Vogliamo contribuire ad una risoluzione pacifica. Il cessate il fuoco non è bastato. Se riusciamo a trovare condivisione di intenti, il nostro sarà un segnale forte. Dobbiamo continuare a seguire la logica che ci ha portati qui tutti insieme. Facciamo diventare questa giornata una giornata di confronto positivo su questo tema. Dobbiamo trovare una sintesi importante su un tema che merita massima attenzione e capacità di sintesi.

Lorenzo Bugli (PDCS): Il conflitto israelo-palestinese è da troppo tempo una ferita aperta nella coscienza del mondo. Una tragedia che si rinnova a ogni generazione, lasciando alle spalle cenere, orfani e odio.  Ripercorrere le tappe del conflitto significa ricordare l’esodo del 1948, la guerra dei Sei Giorni del 1967, la Prima e la Seconda Intifada, gli accordi di Oslo traditi e i fallimenti diplomatici che si sono succeduti. Ma significa anche guardare in avanti, con uno spirito profetico e di speranza, non rassegnato. Da quando il popolo di Israele è tornato in quella terra, non vi è mai stata pace duratura né per lui, né per chi quella terra la abitava. Il 7 ottobre scorso, abbiamo assistito a una delle pagine più nere di questa lunga spirale. Un attacco brutale, una barbarie terroristica firmata Hamas, disumana, spietata, profondamente antistorica. E di fronte a quell’orrore, la risposta dello Stato di Israele si è tramutata in una contro-offensiva militare efferata, sproporzionata, che ha travolto i civili palestinesi come un’onda cieca e distruttrice. Ma la nostra Repubblica, come spesso accade nei momenti difficili, non ha scelto il silenzio. Già con l’Ordine del Giorno votato all’unanimità il 28 agosto 2024, questo Consiglio ha espresso una posizione chiara: condanna di ogni forma di violenza, appello al cessate il fuoco, richiesta di liberazione degli ostaggi, e – soprattutto – l’impegno per una pace giusta e sostenibile, fondata sul principio dei due popoli e dei due Stati. A quella voce si è unita, con forza e chiarezza, l’intervento del nostro Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Luca Beccari, alla 79ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In quell’occasione, Beccari ha pronunciato parole che resteranno: ha condannato senza esitazione gli attacchi terroristici del 7 ottobre, ha denunciato l’insopportabile livello di distruzione a Gaza, ha ricordato le vittime tra i civili, tra gli operatori umanitari, tra i giornalisti, ha invocato il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco immediato, e soprattutto ha ribadito l’impegno della Repubblica di San Marino per una pace basata sulla coesistenza di due Stati sovrani, sottolineando come l’ammissione della Palestina alle Nazioni Unite come membro effettivo rappresenti un passo fondamentale verso una soluzione stabile. Nel solco di quell’indirizzo, sono già stati intrapresi atti concreti: è stato accreditato l’Ambasciatore della Palestina presso la nostra Repubblica, un gesto politico e diplomatico di grande rilevanza; è stata rafforzata l’azione multilaterale di San Marino in ambito ONU a favore del riconoscimento pieno della Palestina; è stata manifestata, attraverso la voce del nostro Segretario, la disponibilità a sostenere il processo di adesione della Palestina all’ONU, condizione utile al raggiungimento di una pace reale. E oggi, la maggioranza consiliare ha lavorato a un nuovo Ordine del Giorno, che verrà presentato a breve, e che auspico possa essere votato con la stessa unanimità con cui è stato approvato quello di agosto. Non è un atto formale. È un nuovo passo, concreto e responsabile, verso il riconoscimento dello Stato di Palestina, fondato sul rispetto dei criteri di statualità previsti dal diritto internazionale e allineato alle dinamiche globali in corso. E lasciatemelo dire chiaramente: questo riconoscimento non è e non sarà mai un sostegno ad Hamas, che anzi ha contribuito a perpetuare la sofferenza e la ghettizzazione del proprio stesso popolo. Al contrario, può e deve essere uno spartiacque storico per il popolo palestinese, affinché esso stesso possa finalmente scegliere chi davvero vuole rappresentarlo: chi semina terrore o chi costruisce istituzioni, chi grida vendetta o chi chiede dignità. San Marino – piccolo Stato ma grande di valori – può e deve scegliere. Non possiamo restare neutrali di fronte all’ingiustizia, né timidi davanti alla Storia. Siamo chiamati ad agire con quella coerenza che ci ha sempre contraddistinto: sostenere la pace, sostenere due popoli, sostenere due Stati. E se oggi ci interroghiamo su cosa possiamo fare, la risposta è qui, nelle azioni già intraprese e in quelle che si prefigurano: proseguire il percorso verso il riconoscimento dello Stato di Palestina; sostenere l’ammissione della Palestina all’ONU; rafforzare la nostra presenza diplomatica nella regione; attivare corridoi umanitari; lavorare, senza timidezze, per un dialogo politico vero. La Storia ci chiede da che parte stiamo. E noi, con fermezza e con coscienza, possiamo rispondere: dalla parte della pace, della giustizia e della dignità umana.  

Giuseppe Maria Morganti (Libera):  Il 9 maggio è stata la giornata dell’Europa ma anche l’ultimo giorno di Gaza. Il tempo sta finendo per questa terra. Senza Gaza, il mondo muore. In quella terra, l’esercito israeliano sta seppellendo sotto i corpi di 20mila bambini il diritto internazionale e i diritti umani. Se non si interviene su Gaza, siamo noi a morire. Muore quel mondo che dal 1945 ha cercato di evitare che si ripetesse il dramma grave della seconda guerra mondiale. Per questo ha lavorato perché si formassero le Nazioni Unite, perché si costituisse il Consiglio d’Europa, le Corti internazionali che difendono i diritti dei popoli e dei singoli, condannando i crimini e i criminali che imperano sulle sorti dell’umanità. La battaglia per Gaza è rappresentata dal dramma che si consuma a scapito dei bambini, tutti i giorni uccisi, mutilati, lasciati orfani, affamati, a cui vengono negate cure, istruzione e gioco. La crudeltà di un Governo che sta occupando in modo illegittimo ma anche con l’invio sistematico di coloni un territorio non suo, è senza pari nella storia del nuovo secolo che avrebbe dovuto segnare la solidarietà tra i popoli. Siamo di fronte all’azione di chi governa un Paese che dovrebbe far parte dell’Occidente illuminato, che ripudia la guerra, che difende il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Per questo dobbiamo essere consapevoli: a noi verrà chiesto conto della morte dei palestinesi. A compiere la strage è uno che dovrebbe essere un nostro alleato. Siamo tutti complici, scrive Emilio Carelli. Il silenzio del mondo diventa connivenza. E’ un silenzio assordante, amplificato da un clima politico internazionale in cui la difesa dei diritti umani viene trascurata dagli interessi geopolitici. L’Unione Europea si limita ad esprimere preoccupazione, manifestando una grave assenza politica. Il tutto mentre il diritto internazionale viene ignorato. Le autorità hanno il dovere di garantire un trattamento umano alla popolazione civile. Ciò implica non solo il diritto al cibo e alle medicine, ma anche standard igienici adeguati, consentire il passaggio dell’assistenza umanitaria, permettere alle organizzazioni internazionali di operare. Bloccare il passaggio di aiuti ad una popolazione affamata è un atto criminale. Stiamo assistendo inermi al più grande sterminio di innocenti, preludio all’aggravarsi della situazione del mondo. Chi può fare qualcosa lo faccia adesso. La stampa pare anestetizzata dal timore di nuocere ai potenti. Sono 217 i giornalisti uccisi in Palestina, un dramma che alimenta l’angoscia del silenzio dei colleghi europei che proteggono quello che dovrebbe essere un nostro alleato e che invece dimostra di essere l’usurpatore dei diritti civili. Genera angoscia che una ferita così grave, prodotta nell’Occidente democratico, non produca reazioni. E il tutto venga distorto o ignorato dalla maggioranza dei media. Genera angoscia che Stati dell’Europa democratica non prendano posizione in modo deciso per fermare la carneficina e ancora non abbiano riconosciuto lo Stato di Palestina. Genera sconforto che la libera e democratica San Marino non abbia fatto altrettanto, non oggi che finalmente si sta muovendo con determinazione, ma ieri, succube di logiche geopolitiche che nulla hanno a che fare con il diritto internazionale, ma legate ad un Occidentalismo illogico. Eppure San Marino ha un passato virtuoso di politica estera, in cui ha sostenuto il dialogo con l’equidistanza. Nonostante ciò, le condizioni per riconoscere lo Stato di Palestina non si sono mai verificate. Oggi dobbiamo pertanto cogliere questa opportunità, scritta chiaramente nel programma di Governo, sostenuta quasi all’unanimità dalle forze di quest’Aula. Benissimo quindi l’accreditamento dell’ambasciatore della Palestina. Ora occorre un passo in più. Nominare al più presto un ambasciatore di San Marino presso il legittimo governo palestinese. Un ambasciatore pienamente operativo, capace, che conosce la situazione e possa sostenere la posizione di San Marino. L’obiettivo non può che essere di dare alla popolazione palestinese la sovranità sul proprio Stato. Per ottenere la pace occorrono regole, certezze, accordi inscindibili, che facciano da baluardo alla cieca violenza. Partendo da questa posizione, di un Paese serio come San Marino, è possibile ottenere risultati oggettivi. Questo va fatto per proteggere noi stessi e l’Europa, le regole, il diritto internazionale. Ecco perché San Marino ha finalmente imboccato senza tentennamenti la strada che chiede che lo Stato della Palestina entri a far parte a pieno titolo delle Nazioni Unite. Potranno così essere le Nazioni Unite stesse a farsi carico della difesa della popolazione palestinese, di un Paese sovrano e non confinato in una riserva. Ecco perché San Marino deve allearsi con i Paesi che hanno espresso il medesimo obiettivo. Va dato un mandato chiaro al Segretario Esteri affinché San Marino si ponga in quel movimento politico internazionale che sta crescendo, procedendo nel reciproco riconoscimento dei due Stati. Il diritto dei due Stati ad esistere e vivere in pace dev’essere l’obiettivo della comunità internazionale. Occorre che la comunità internazionale imponga ad Israele, anche attraverso specifiche sanzioni, l’apertura dei varchi umanitari bloccati dal 2 marzo alle frontiere. Occorre che la disponibilità del governo sammarinese venga intensificata soprattutto nelle relazioni affinché le violenze abbiano fine. Cogliamo l’occasione per fare un passo in avanti, per dimostrare che San Marino nei fatti difende i valori umani al di sopra degli interessi e delle ingerenze politiche.

Morganti dà quindi lettura di un Ordine del giorno della maggioranza.  

Tommaso Rossini (PSD): Il conflitto israelo-palestinese perdura ormai da un secolo. La risoluzione dei due popoli e due Stati non ha mai trovato seguito. Una guerra si è scatenata giorno dopo giorno, con eserciti e attacchi terroristici. Quando la pace è costruita a tavolino e non viene inseguita dalla comunità internazionale, questa situazione è improbabile possa verificarsi. Nell’ultimo anno di attacchi e guerra disumana, abbiamo sentito testimonianze di molte persone. Persone che affrontano la morte giorno dopo giorno, senza farmaci, senza assistenza sanitaria, senza cibo e acqua. È una situazione denunciata da chi si interessa della questione, ma non affrontata per tempo dalla comunità internazionale. Questa situazione mette a rischio il diritto internazionale. Per noi di San Marino questo è un pilastro fondamentale. Non potremmo sopravvivere se non ci fosse il diritto internazionale. La scelta di San Marino di riconoscere lo Stato di Palestina è arrivata, finalmente, forse un po’ tardi. Dobbiamo accelerare i tempi il più possibile, non possiamo perdere altro tempo. Bambine, donne e civili muoiono per stenti, sotto le bombe, mentre sono in fila per il cibo. Il fatto di bloccare gli aiuti umanitari è un crimine disumano che va assolutamente denunciato e fermato. La posizione che San Marino sta prendendo all’ONU è importante, ed è importante fare parte di una comunità di Stati che vuole il riconoscimento della Palestina. Ci si deve schierare a favore di questa risoluzione, si deve verificare che la risoluzione vada in porto, accompagnare i due Stati a una soluzione duratura. Non possiamo fare semplicemente un diktat. Questa guerra si è scatenata come vendetta per gli attacchi, per l’invasione di territori. È una cosa ciclica che va avanti da 100 anni. Questa cosa va interrotta. Non possiamo continuare a dire che le responsabilità sono qua o là. Dobbiamo accompagnare i due Stati in una pace duratura, senza che si rinneschino questi episodi. San Marino ha questo compito. Chiediamo di sostenere questa situazione, di velocizzare il più possibile i tempi di realizzazione. Non possiamo lasciare altro tempo alle morti per stenti e all’odio che sta nascendo nelle popolazioni. Dobbiamo continuare a insistere, insistere ed insistere affinché la risoluzione avvenga nel più breve tempo possibile, con accreditamento degli ambasciatori, riconoscimento della Palestina, creazione di un tavolo alle Nazioni Unite per interrompere il massacro.

Antonella Mularoni (RF): Io vorrei soffermarmi su un aspetto che mi pare poco trattato dai media ma anche dalla politica. Si dà molto per scontato. Ci sono cose che mi stanno preoccupando molto. Se il diritto internazionale cade a pezzi, rischiamo di trovarci tutti dentro la Terza Guerra Mondiale senza essere capaci di risolvere i problemi più importanti che il mondo sta affrontando e senza essere capaci di creare prospettive. Israele sa che San Marino è sempre stato un paese amico, ha riconosciuto sin dall’inizio questo Stato nato dalla volontà degli Stati dopo la seconda guerra mondiale, per la forza del diritto internazionale. Israele sa anche che la volontà indicata era stata quella di avere due popoli in due Stati. Ci sono state tante guerre, le colpe non sono attribuibili solo ad una parte. Abbiamo avuto la costruzione di campi profughi, ma non c’è stata la volontà, al di là delle difficoltà pratiche che c’erano, di arrivare ad una soluzione pacifica. Hamas è un’organizzazione terroristica, ma è anche vero che al popolo palestinese non viene concesso di votare. Il  popolo palestinese ha preso una posizione chiara rispetto alla volontà di porre termine alle ostilità. La risposta ottenuta è stata quella di essere bombardati, vivere in campi profughi, distruzione delle case, privazione di assistenza sanitaria, e anche della possibilità di mangiare e bere. Bloccata anche la possibilità di desalinizzare l’acqua. La comunità internazionale deve urlare nella maniera più forte possibile che quello che sta succedendo in quei territori è intollerabile. Ci sono elementi di novità nell’ultimo periodo. La corte di giustizia internazionale ha emanato un decreto vincolante dove ha detto che ci sono indizi che Israele stia commettendo atti di genocidio. Questo fatto non viene puntualmente messo in luce da nessuno. Tutti noi dobbiamo impegnarci a livello internazionale affinché vengano rimosse tutte queste criticità. L’ONU, composto dalla totalità degli Stati presenti a livello internazionale, sa che ci sono passi in avanti da fare. L’urgenza fondamentale è che Gaza non sia completamente distrutta, che il popolo palestinese non sia completamente annietato, che si cessi di far morire di fame quel popolo. Se San Marino si muove da solo non potrà fare molta paura, ma ci sono molti Stati che si stanno muovendo con iniziative di vario genere per far sì che certi atti possano cessare il prima possibile. San Marino valuti la possibilità di aderire a tutti gli atti promossi a livello internazionale per convincere tutti gli stati membri a porre termine a questa tragedia. Chiedo che venga fatto il possibile perché si ponga fine a quanto sta succedendo adesso. Non è accettabile che gli aiuti umanitari vengano sottratti alla possibilità di essere distribuiti. Non è accettabile questo atteggiamento per cui non solo Israele non aderisce allo statuto della Corte penale internazionale ma non fa nemmeno in modo che la Corte penale possa lavorare. La Corte penale è stata istituita per volontà delle Nazioni Unite: è stato un grandissimo successo. Si è riusciti ad arrivare anche a questo obiettivo. Ora addirittura si attaccano i giudici, si bloccano i loro beni, si impedisce alle società che forniscono i software di funzionare. Anche questo non è accettabile e vorrei che anche noi come Paese lo dicessimo senza se e senza ma. Sono profondamente colpita perché la comunità internazionale oggi non riesce nemmeno più ad applicare il diritto umanitario. Vogliamo dare il nostro contributo all’Odg che la maggioranza ha preannunciato. La comunità internazionale deve convincere Israele ed Hamas a rispettare il diritto internazionale. Dovremo lavorare perché possa esistere lo Stato palestinese, il suo popolo ha diritto ad essere governato autonomamente. 

Carlotta Andruccioli (D-ML): A Gaza la fame è diventata arma di guerra. Ci sono civili che muoiono di fame, si impedisce l’arrivo di aiuti umanitari. C’è un accanimento assurdo nei confronti di un popolo che è sempre stato sfortunato. I bambini subiscono, rimangono feriti e orfani. Ci sono le donne che da sempre in quei contesti sono esseri umani senza diritti. E ci sono i cristiani di Gaza, minoranza nella minoranza. Cito alcune tappe importanti che intersecano la storia recente di San Marino con la Palestina. Il 10 maggio 2024 San Marino ha votato a favore della risoluzione generale delle Nazioni Unite, a seguito anche di un Odg approvato nella passata legislatura. Cito il dibattito di agosto 2024, quando grazie al Pdl di Rete quest’Aula ha discusso un Odg condiviso per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Cito il momento di gennaio 2025 con la presentazione delle lettere credenziali. La politica ha avuto un ruolo attivo, ma soprattutto lo ha avuto la società civile con petizioni e manifestazioni. In tutti i contesti c’è stata sicuramente una forte condanna nei confronti del regime di Hamas, ma anche nei confronti della risposta israeliana che abbiamo ritenuto spropositata e in violazione dei diritti umani. Si richiede di rafforzare l’impegno per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Un atto politico forte, il primo passo per ribadire il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Non c’è soltanto un intervento diplomatico. Se si continua così, non ci saranno neanche due Stati. Gli interventi dovranno essere anche sul piano umanitario per favorire il massimo supporto alle popolazioni colpite. Dovremo condannare ogni violazione dei diritti umani, gli attacchi contro i civili, i bombardamenti contro ospedali, reti idriche, scuole. E penso che in tutto questo non c’è maggioranza o opposizione. Anche noi daremo il nostro contributo all’Odg. Non ci sono nemmeno destra o sinistra. Non ci devono essere bandierine. Ma la coscienza di ciascuno di noi. Al pensiero che un giorno la storia chiederà conto del nostro silenzio, vengono i brividi. Dobbiamo essere dalla parte giusta, anche dal punto di vista mediatico. A volte l’approccio mediatico è un po’ ipocrita. A San Marino è sempre stato riconosciuto un coraggio da grandi, dobbiamo esercitarlo con convinzione.

Giovanni Zonzini (Rete): Lo scorso anno abbiamo depositato un Pdl per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Dal dibattito derivò l’ordine del giorno condiviso che ha portato all’allacciamento di rapporti diplomatici con la Palestina. Tuttavia, crediamo che questo percorso debba essere completato in tempi celeri, certi e dichiarati. Si dice che per il riconoscimento sono necessarie tre cose: confini, capitale, governo. E’ una cosa concettualmente sbagliata. Queste tre cose per il diritto internazionale esistono. Il Governo spagnolo ha riconosciuto lo Stato di Palestina sulla base di queste tre circostanze. Effettivamente, l’Anp non controlla Gerusalemme est né parte dei territori del ‘67. Perché vi è una potenza che li occupa illegalmente. Dire che non riconosciamo la Palestina senza queste condizioni, significa dire che non la riconosceremo mai. Il riconoscimento ha un valore programmatico. Non serve a prendere atto di uno stato di fatto, ma ad imporre una realtà che ancora non c’è. Colonialismo e mentalità coloniale sono ora alla loro conclusione. Ciò a cui stiamo assistendo è l’ultima guerra coloniale. Dietro le stragi di civili, vi è la stessa strategia suprematista e la stessa ferocia che c’erano dietro all’ordine di Mussolini di usare il gas all’iprite contro la popolazione etiope. Quello a cui stiamo assistendo è l’ultima fase, mi auguro vittoriosa, della decolonizzazione. L’ultima guerra di liberazione coloniale che i palestinesi stanno duramente combattendo per la loro libertà. Io non criminalizzo la lotta e la resistenza armata. C’è il diritto di fare la guerra e il diritto della guerra. I palestinesi hanno il diritto di resistere militarmente ad una potenza occupante, diritto riconosciuto dal diritto internazionale. Non si può criminalizzare la resistenza palestinese in quanto tale. Nell’ambito della resistenza possono essere commessi atti contrari al diritto internazionale, ma non si può non partire dal presuspposto che chi resiste militarmente ad una occupazione coloniale che impone segregazione razziale ad un popolo, stia agendo in modo legittimo. Non neghiamo lo stesso diritto agli ucraini. Dal mio punto di vista, San Marino dovrebbe riaffermare un principio che si è iniziato ad affermare nella nostra diplomazia: la neutralità attiva sviluppatasi negli anni Settanta con la Segreteria di Reffi nel 1978 e che ebbe una prima definizione ai tempi della Segreteria di Gian Luigi Berti. Qual è la differenza? Il fatto che nella politica internazionale, la neutralità non attiva ripudiava la lotta armata in quanto tale, la neutralità attiva la ripudiava nelle forme in cui essa era contraria al diritto internazionale. Su questa linea San Marino ha impostato la sua partecipazione ai consessi internazionale. Il nostro Paese riconosce lo Stato di Palestina perché deve esistere. Perché il diritto internazionale prevede che esista quel Governo in quel territorio. Il nostro è un riconoscimento propedeutico e programmatico. Noi risponderemo di quello che non stiamo facendo a Gaza. Il resto del mondo ci guarda e ci giudica. Vede che abbiamo fatto alla Russia ogni tipo di sanzione, e dico giustamente. Ma vede anche che i Paesi occidentali vendono armi ad Israele per compiere crimini di guerra. Questo lo pagheremo tutti. Il nostro Paese deve assumere una posizione morale e politica chiara. Che conduca a dire che il nostro Governo riconosce lo Stato di Palestina, nei confini del 67, con capitale Gerusalemme Est, con governo quello di Anp. 

Oscar Mina (PDCS): L’intervento del Segretario Beccari ha ripercorso gli sviluppi delle relazioni con la Palestina. L’impegno di San Marino non si è mai fatto attendere. Il 10 maggio 2024 il nostro rappresentante aveva espresso voto favorevole alla risoluzione delle Nazioni Unite, con una nuova testimonianza della volontà della Repubblica nel riconoscimento della Palestina. Un voto favorevole in linea con il mandato conferito dal Consiglio Grande e Generale con un Odg condiviso dall’intera Aula per sostenere in ogni sede internazionale il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. E’ difficile accertare se l’entità sia diventata uno Stato, riconoscerne la sua statualità, la qualità politica e giuridica, indipendente da ogni altro potere. Riconoscere lo Stato palestinese significa riconoscere l’autorità palestinese come legittima rappresentanza di tutto il suo popolo. Un’iniziativa che potrebbe dare nuovo impulso alla credibilità e alle istituzioni, a danno di una legittimazione di un potere come quello di Hamas. Il dilemma resta: la Palestina è uno stato o no? Difficilmente può dirsi abilitata ad esercitare il governo effettivo sul proprio territorio e che le politiche di occupazione israeliane siano del tutto svanite. La Palestina è stata riconosciuta da un ampio numero di Stati, ma non ha i diritti dei Paesi membri delle Nazioni Unite. Credo che l’audizione dell’ambasciatore ha testimoniato l’impegno politico concreto della Repubblica che si pone in linea di coerenza con il suo passato ponendo ai diritti umani un’attenzione particolare. Riconoscere la Palestina significa stabilire relazioni diplomatiche con i suoi rappresentanti, ponendo San Marino a sostegno di una soluzione pacifica alla perdurante crisi del Medio Oriente e del disegno dei due Stati. San Marino adotterebbe una prassi insolita, disponendo dell’autorità di riconoscere altri Stati membri tramite l’avvio di relazioni diplomatiche. Il riconoscimento di uno Stato è un atto di natura politica, quindi discrezionale. Un percorso che tutti quanti auspichiamo abbia una conclusione positiva, con la risoluzione del conflitto e il riconoscimento legittimo della statualità di questa parte della Palestina.

Michele Muratori (Libera): Sono soddisfatto del dibattito che sta maturando all’interno dell’Aula consiliare. Ringrazio chi, in passato, ha iniziato a sensibilizzare la tematica palestinese, ancora prima di quanto sta avvenendo adesso. Io credo che l’affermazione che Israele abbia il diritto all’autodifesa è riconosciuta e giustificata. Ma dove tracciamo il limite, dove mettiamo il paletto? L’attuale situazione è il risultato diretto di due anni e mezzo di escalation che hanno causato oltre 40mila vittime. Immagini strazianti, che fanno rabbrividire. Ci sono ripercussioni. Questi numeri riflettono il devastante costo umano e la grave destabilizzazione della Regione. Portare entrambe le parti al tavolo delle trattative è urgente. Senza un dialogo significativo, l’eventualità di una guerra totale diventa sempre più concreta. Un tale conflitto non rimarrebbe confinato alla Regione, si estenderebbe all’Europa. Una guerra regionale più ampia potrebbe destabilizzare i mercati energetici globali. Questo non è solo un imperativo morale. Come istituzioni abbiamo il dovere morale e politico di affermare con forza un principio imprescindibile: ogni vita ha lo stesso valore, non possono esistere morti di serie A o serie B. Sono diritti inalienabili per qualsiasi popolo, una necessità per le potenze globali: prevenire un conflitto di vasta portata. Le implicazioni di una guerra tra Israele ed Iran sarebbero devastanti per chiunque. Per evitare uno scenario così drammatico, la comunità internazionale deve assumere un ruolo proattivo, con sforzi concreti per risolvere le questioni di fondo, per una soluzione duratura e giusta. Solo tramite un approccio multilaterale si potrà evitare una catastrofe. Sono commosso dal fatto che il 14 gennaio, con l’accreditamento dell’ambasciatore, si è dato avvio al processo di riconoscimento dello Stato di Palestina. Questo chiaramente non basta. Quando si è parlato dell’impegno di San Marino per una pace duratura e sostenibile, basata sul riconoscimento dei due Stati, credo che questa sia la strada da percorrere, su cui tutti noi ci dobbiamo impegnare, come Paese piccolo ma dignitoso. Un riconoscimento da quest’Aula è un sassolino nella montagna, ma penso possa essere utile per andare nella direzione giusta.

Segretario di Stato Andrea Belluzzi: E’ una riflessione estremamente importante e delicata. Ringrazio per l’Ordine del giorno che è stato presentato. La pacificazione è la necessità più pressante, la cessazione delle conflittualità. Per la stima e la considerazione che nascono da un percorso storico, San Marino ha voce in capitolo per ribadire la richiesta di pace in quei territori. Il primo momento da perseguire è quello. Il ruolo di San Marino può essere importante, seppur piccolo. San Marino può spendere una credibilità che altri paesi non hanno. Abbiamo monete da spendere e utilizzare. Per questo l’impegno del Governo dev’essere sostenuto, nell’andare avanti. Mi permetto di dire che questo Odg valorizzi in modo forte il termine pace. Un termine che va rinforzato in un momento come questo. Siamo alla vigilia, a cavallo di una nomina, quella del Santo Padre, che può avere un ruolo importante. Sicuramente un altro ruolo importante sarà riconoscere il diritto internazionale. Dunque essere dalla parte di questi organismi, valorizzarli, perchè possono dare un contributo forte al percorso di pace, contenendo le quotidiane ed ingiustificate morti che ad ogni apertura di telegiornale dobbiamo vedere. 

Mirko Dolcini (D-ML): La disumanità del conflitto è evidente a tutti. Il diritto umanitario internazionale sta fallendo? Di indizi ne abbiamo tanti. Non so se c’è un diritto alla guerra. Quando si arriva alla guerra c’è la sconfitta della diplomazia, della civiltà, dell’umanità. Le guerre ci saranno sempre. Tra Israele e Palestina l’odio ci sarà ancora per tanto tempo. Non può essere tollerata l’incapacità del diritto internazionale di farsi avanti, di usare strumenti per impedire sacrifici umani di chi la guerra la vive ma non è parte attiva: civili, bambine, donne, giornalisti. Non può essere che il diritto internazionale non riesca a fermare qualcosa che tutto il mondo dice deve essere fermato. A Gaza ci sono violazioni del diritto internazionale, che secondo la Corte di giustizia internazionale vanno immediatamente fermate. Tutto va avanti. Addirittura Papa Francesco aveva dichiarato, parlando di Gaza, di un bombardamento continuo sui bambini e che quella non è più guerra ma crudeltà. La mia domanda è: il multilateralismo ha fallito? Qualsiasi problema si risolve comprendendo che c’è un problema. La comunità internazionale non ha strumenti in grado di tutelare il diritto umanitario.

Iro Belluzzi (Libera): Ci sono stati interventi molto interessanti. Quello della collega Mularoni mi ha toccato. Ha indicato i percorsi che dovremmo tenere per combattere i soprusi sui popoli inermi. Stiamo parlando di un vero e proprio genocidio. Riconosco al Segretario di Stato una grande lucidità nel portare avanti la battaglia sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Io lo riconoscerei oggi lo Stato di Palestina. Noi riconosciamo, al di là dei confini, della capitale, quello che è importante. La possibilità di avere una dignità e una forza e il sostegno alla Palestina stessa perché possa entrare nell’ONU non solo da osservatore ma da membro attivo. Il dolore di quello a cui stiamo assistendo è il dolore nei confronti del popolo israeliano che ha subito un genocidio. Tante volte i Governi perpetrano politiche avulse e impensabili, perché stanno minando la vicinanza della comunità internazionale al popolo israeliano. Questo mi fa profondamente male perché può creare la recrudescenza anche di quell’antisemitismo che ha causato milioni di morti. Il riconoscimento è utile affinché non venga confuso il popolo israealino con quello che un Governo sta perpetrando. Sarebbe bello uscire con un riconoscimento da parte della Repubblica di San Marino verso lo stato palestinese. Due popoli e due Stati si sostanziano attraverso qualcosa che viene toccato immediatamente. Riconosciamo il percorso che sta facendo il Governo, il coraggio del Segretario Beccari: ma occorre ancora più coraggio per compiere una scelta fondamentale.

Gemma Cesarini (Libera): Ringrazio il Segretario Beccari per il riferimento pubblicato sul sito. Il riconoscimento dello Stato di Palestina tocca la coscienza democratica e la responsabilità storica del nostro Paese. Non esiste una procedura perfettamente codificata per riconoscere uno Stato. Rimane un atto politico discrezionale. Prendo atto con favore del riferimento sull’imminente conferenza a New York. Conferenza in cui San Marino potrà avere un ruolo propositivo e da protagonista. Riconoscere uno Stato non significa legittimare un Governo. Riconoscere lo Stato di Palestina non equivale a legittimare Hamas, né tantomeno schierarsi contro Israele. Significa affermare il diritto all’autodeterminazione dei popoli, ribadito da numerose risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU. Il popolo palestinese esiste, ha diritto a uno Stato, a vivere in libertà e dignità, a non essere decimato e massacrato. Così come gli israeliani non devono essere ostaggi. San Marino non può rimanere spettatore passivo, mentre altri Paesi europei scelgono con coraggio di riconoscere la Palestina come Stato, senza rinunciare a condannare il terrorismo. Non si può invocare la pace negando i diritti. San Marino ha sempre basato la propria autonomia sulla politica estera. A San Marino però oggi viene chiesto di fare un passo in più. Apprezzo le considerazioni del consigliere Zonzini sulla neutralità attiva. Noi oggi possiamo e dobbiamo affermare un principio. Non siamo qui per schierarci con un partito o un Governo, ma con il diritto internazionale, con la pace, con i diritti umani, con la dignità umana, dalla parte del diritto umanitario. Dare un valore maggiore a questo diritto, e quando non viene rispettato, vanno adottate le adeguate misure. Non è un atto contro Israele, ma un passo per affermare che la sicurezza di uno non può esistere senza la libertà dell’altro. Il popolo palestinese non può rimanere ostaggio di regimi estremisti né dell’immobilismo internazionale. Riconosciamo la Palestina perché crediamo nella pace, non nella vendetta. La pace ha bisogno di due Stati, non di due prigioni. Questo significa schierarsi dalla parte della pace, di ogni mezzo utile a fermare lo sterminio. San Marino dovrebbe portare una voce libera, coerente, che afferma che la pace nasce solo dove prevale la difesa dei diritti.

Andrea Menicucci (RF): Le parole di Netanyah sono durissime e rimandano alle parole rivolte dalla Germania nazista agli stessi ebrei ottant’anni prima. Parole che introducono probabilmente una soluzione finale della questione palestinese. Più case si distruggono a Gaza, più aumentano le probabilità che i palestinesi scompaiano. Qui si parla di deportazione, pulizia etnica, di uno spostamento forzato di massa. Di completare la distruzione di Gaza. Sono ancora poche le sanzioni, le pressioni diplomatiche, i richiami ufficiali. Se c’è un piano per annientare Gaza, siamo davanti a qualcosa che va oltre e ha un nome preciso nella storia, mette in discussione 80 anni di rapporti diplomatici internazionali. Chi tace, chi non si impegna a promuovere la fine del conflitto, ha una responsabilità di fronte a persone costrette alla fame dai blocchi dei corridoi umanitari. La questione ha alla base il fatto storico per cui alcuni Stati europei, a seguito della loro immobilità di fronte a quanto perpetrato dalla Germania nazista, hanno promosso la creazione di un nuovo Stato, il trasferimento di una popolazione dove una popolazione già c’era, basandosi su dinamiche coloniali. Un’Europa che nel cercare di correggere la più cruenta applicazione della legge del più forte, ha essa stessa applicato la legge del più forte. Riconoscere la Palestina non è solo la scelta più doverosa, ma credo che andrebbe a rappresentare una chiara presa di posizione verso logiche per le quali non hanno senso l’Onu, i tribunali internazionali, il diritto internazionale. L’auspicio Segretario è di addivenire ad un riconoscimento pieno, scalando le marce come ha detto nel suo riferimento. Senza soffermarsi sulla questione legata a capitale, confini e Governo. Ci sono 140 Paesi che riconoscono lo Stato di Palestina. Non vedo perché noi non possiamo essere in grado di farlo in tempi celeri. Intervengono anche sull’ordine del giorno della maggioranza: non incontra il mio favore. E’ troppo debole e blando. Un dato è ancora più significativo. Se c’è la definizione dell’attentato di Hamas, la definizione della risposta di Israele come sproporzionata, non è sufficiente. Il principio di due popoli, due Stati poteva calzare settant’anni fa, non oggi, dopo tanti soprusi. 

Matteo Rossi (PSD): Abbiamo fatto un percorso di analisi nel partito, favorito da due esperienze che reputo fondamentali per creare una posizione politica che possa essere utile nel dibattito del parlamento di San Marino. Un ragazzo di origini ebraiche e un ragazzo con forti legami con il mondo islamico. Dalla fine di questo confronto, che non ha visto primeggiare nessuno, è venuta fuori una posizione in linea con quello che il Segretario Beccari sta rappresentando nei contesti internazionali. Una posizione che parla di due popoli in due Stati e di una situazione che non può andare avanti in questo modo. Il terrorismo di Hamas va condannato, non è il governo della Palestina, è un gruppo di persone mosse non sempre da esigenze in linea con quelle di un popolo che ha bisogno della sua autonomia. Sono stati compiuti atti nefasti, che però non possono essere paragonabili a quello che sta facendo il mondo israeliano. Gli atti terribili che sta compiendo Netanyahu. Sta radendo al suolo una comunità, colpendo ospedali, bambini, coloro che si attivano per agire umanamente. Per cui, alla luce di questa analisi, la posizione emersa è la più logica. Di forte condanna a coloro che si rendono protagonisti di tutto questo. E’ difficile rimanere lucidi ed obiettivi quando si vedono queste cose. Difficile appellarsi alle pratiche del diritto internazionale. Questo sistema ha retto per 70 anni, ma ci sono equilibri che si stanno sgretolando. Noi però dobbiamo rimanere fermi sul nostro mandato, fare appello al multilateralismo, spingere il nostro Governo ad attuare tutte le azioni possibili perché si riporti in quel Paese devastato la pace, affinché si possano riconoscere due popoli in due Stati, un popolo palestinese non guidato da terroristi. La nostra iniziativa, il nostro mandato, deve andare in quella direzione. Intensificare le azioni umanitarie verso le popolazioni colpite. Supportare il processo di ammissione della Palestina come membro effettivo dell’assemblea dell’Onu. E’ un percorso fatto di tappe e tempi. Tutte le azioni possibili per favorire il dialogo con il Governo israeliano per ridurre le tensioni. Io credo che questo parlamento stia dando una linea molto chiara. Non si tratta di fare il tifo per una parte o l’altra, ma lavorare affinché quello che vediamo ogni giorno smetta, affinché smettano le atrocità inaudite verso persone che non hanno colpe.

Gaetano Troina (D-ML): Io osservo e seguo quello che accade. Penso sia dovere di ciascuno di noi guardare quello che accade nel mondo, considerato che ha impatti sulle nostre vite. Siamo talmente assuefatti da notizie, da bilanci di morte, che siamo quasi diventati poco attenti a quello che accade. E’ un po’ anche la conseguenza del problema sociale che abbiamo: penso soltanto a me stesso. Questo è un principio sbagliato, figlio di quella che è l’evoluzione dei costumi di oggi e che ci porta quasi a non considerare le cose che accadono lontano da noi. Continuare a fare all’infinito dibattiti, Ordini del giorno, prese di posizione, a cosa serve, se poi nel concreto non si arriva da nessuna parte? Sono sempre stato convinto che la soluzione dei due Stati fosse l’unica possibile. Però non basta definire che ci devono essere due Stati. Oggi quei due popoli sono in un conflitto che ha raggiunto livelli di insofferenza reciproca talmente elevati, che anche prevedendo sulla cartina l’esistenza geografica di due Stati, non risolve il problema. Oggi il popolo palestinese non ha una casa, è in costante esodo da un territorio all’altro. Sono anni che la diplomazia internazionale parla, si incontra, ma non porta risultati. E’ stato citato Papa Leone XIV più volte. Ha cominciato il suo pontificato improntando il suo messaggio iniziale al tema della pace. Ripongo speranza nella sua figura. Spero che questo nuovo Papa, con l’aiuto del cardinale Zuppi e di chi verrà individuato, possa dare un contributo determinante per la risoluzione dei conflitti. Da altre parti vedo poca serietà: solo speculazione politica, il voler raccogliere consensi. Questo rischia di essere l’ennesimo ordine del giorno che rimane in un cassetto. La diplomazia sammarinese potrebbe e dovrebbe fare molto di più. 

Marinella Loreana Chiaruzzi (PDCS): La questione è una delle più spinose della politica internazionale. La crisi palestinese è una delle emergenze più gravi del nostro tempo, aggravata da una stagnazione e dalla mancanza di prospettive per la pace. La striscia di Gaza è sull’orlo del collasso, non c’è una testata giornalistica o un convegno internazionale che non porti fotografie e immagini, richiamando questa situazione grave. Israele ha parlato di una nuova intensificazione della guerra, mentre l’esercito avanza. La diplomazia internazionale sembra un po’ in affanno, anche se non demorde nelle iniziative. San Marino non si è mai tirata indietro. Si è espressa favorevolmente in ambito ONU. I contatti sono stati tantissimi, San Marino la sua parte la fa e continua a farla. L’audizione dell’ambasciatore palestinese ne è la prova più convincente della volontà di arrivare all’identificazione di un ambasciatore: è un segnale significativo di un’iniziativa politica. Anche il summit a New York sarà un altro momento significativo, ma la diplomazia da sola non è sufficiente. L’auspicio è che in tempi brevi si possa agire sui diritti civili delle persone, portando a compimento il concetto – che condivido – dei diritti dei due Stati, che devono riuscire a trovare una convivenza pacifica. Sostenere la Palestina affinché possa diventare un membro effettivo in sede ONU non è irrilevante, così come comprendere con quale governo il mondo debba relazionarsi e quale destino debba avere la capitale.

Alessandro Scarano (PDCS): Non è facile intervenire su questo argomento, si rischia di finire nell’ideologia. È quello che bisogna evitare quando si affronta la questione. Oggi più che mai bisogna essere oggettivi ed avere un intento comune: adoperarsi affinché in quella regione si riesca a giungere a una pace duratura e alla fine delle ostilità, attraverso un punto di equilibrio sostenibile tra Israele e Palestina. È una realtà caratterizzata da un conflitto violento che sta causando vittime e distruzione. Gli attacchi di Hamas, che devono essere condannati con determinazione, hanno causato vittime tra i giovani israeliani e ostaggi, dando il là a un’escalation senza precedenti, portando Israele a una reazione sproporzionata con conseguenze devastanti per il popolo di Gaza e il suo territorio.Bisogna porre un alt. Occorre che gli attori internazionali si adoperino con convinzione e determinazione per trovare una soluzione. Senza un punto di incontro sarà difficile raggiungere l’obiettivo comune, ma è fondamentale che vi sia la volontà di fare un passo in questa direzione. Molto spesso sembra invece che prevalgano le tifoserie, senza che sia possibile raggiungere una pace duratura. La situazione è molto complessa. Ci sono attori che hanno finalità e obiettivi differenti. La Repubblica di San Marino ha compiuto passi importanti, culminati con la presentazione delle lettere credenziali dell’ambasciatore palestinese. La soluzione di due popoli in due Stati è la strada da percorrere con convinzione, ma in primis Israele e Palestina devono volerlo. Il popolo palestinese deve scegliere da chi vuole essere governato. La Striscia di Gaza è governata da Hamas, un gruppo terroristico. Penso che il popolo di Gaza sia ostaggio di questo gruppo, che ostacola ogni percorso per una pacificazione. Hamas ha ricevuto somme di denaro usate per l’acquisto di armi, senza che quelle somme fossero utilizzate per la popolazione di Gaza. Vorrei mettere in evidenza come troppo spesso ci si è voltati dall’altra parte. Non può accadere di voltarci in questo caso. Concludo ribadendo la necessità di compiere tutti gli sforzi possibili affinché cessino le uccisioni, affinché San Marino – forte dei suoi valori – continui con il percorso intrapreso e faccia sentire la sua voce in tutte le sedi multilaterali.

Guerrino Zanotti (Libera): Giungono voci di violenze e abusi dell’esercito israeliano ai danni della popolazione sammarinese. La violazione dei diritti umani è quotidiana, dall’inizio del conflitto ad oggi. Abbiamo finito le parole per descrivere le atrocità di Israele ai danni della popolazione palestinese. Chi parlava di genocidio, non può più essere tacciato di antisemitismo. La condanna dell’attentato del 7 ottobre è ferma, assoluta. Non ci sono ambiguità. E’ stato un atto criminale, come tale va condannato. Ma la storia del conflitto non parte dal 7 di ottobre, ma molto prima, da episodi e periodi nei quali ci sono stati atti di violenza, di umiliazione ai danni del popolo palestinese, da parte dell’esercito e dei coloni. Le cifre delle vittime dei bombardamenti hanno raggiunto numeri impressionanti che superano le 50mila unità. Le condizioni di vita della popolazione palestinese, costretta a spostarsi con mezzi di fortuna in luoghi in cui non è garantita la sicurezza. C’è un popolo che subisce questi attacchi e sopravvive in condizioni disperate. In un contesto così drammatico è apprezzabile il percorso che San Marino ha avviato per il riconoscimento dello Stato palestinese. Un percorso che assume un significato altissimo. Non è una presa di posizione di facciata, qualcosa di sacrosanto. Una posizione netta. Non vogliamo rimanere indifferenti. Riconoscere la palestina significa affermare che il popolo palestinese esiste e ha diritto a vivere in pace. Significa andare verso la soluzione dei due popoli in due Stati. Soprattutto significa stare dalla parte dell’umanità, calpestata da chi senza scrupoli bombarda i territori sammarinesi. E’ il momento di dire che stare dalla parte del popolo palestinese non è antisemitismo. Difendere la Palestina in questo momento è essere contro l’ingiustizia. San Marino deve essere assolutamente impegnato affinché si possa arrivare alla soluzione di un cessate il fuoco immediato. 

Sara Conti (RF): Da parte di Hamas abbiamo assistito ad attacchi indiscriminati contro civili, l’utilizzo di civili come scudi umani, l’utilizzo di ostaggi ed esecuzioni sommarie. D’altro canto, non possiamo fingere di non vedere da parte di Israele gli attacchi ad ospedali, l’insediamento dei coloni nei territori palestinesi, il blocco umanitario e l’uso della fame come arma. Dobbiamo tenere in considerazione un fatto. Molte di quelle regole del diritto internazionale sono state scritte in un mondo in cui i conflitti armati erano molto diversi. Il contesto oggi è molto diverso. Quelle regole hanno bisogno di un adeguamento. Dobbiamo considerare pietre miliari le risoluzioni e le sentenze delle Nazioni Unite, della Corte penale internazionale e della Corte internazionale di giustizia. Il 12 luglio scorso, la Corte internazionale di giustizia ha espresso la sua opinione: l’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi è illegale. Le prassi contro i palestinesi violano il divieto di segregazione razziale. La risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di marzo 2025 chiede il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, l’ingresso degli aiuti a Gaza. E’ evidente a tutti ormai che l’osservanza del diritto internazionale avrebbe potuto impedire la continua colonizzazione dei territori palestinesi, e ogni atto di aggressione su civili inermi. L’indifferenza degli Stati terzi verso le violazioni ha indubbiamente favorito e sta favorendo la svalutazione del diritto internazionale. Sta mettendo in pericolo la barriere tra legalità e illegalità. Occorre riaffermare l’insuperabilità di quella barriera, esigendo l’effettiva attuazione. Per difendere quel sistema di Stati così come è stato costruito dopo la seconda guerra mondiale perchè non si ripetessero più certi orrori. Gli orrori dei governanti israeliani devono essere visti e valutati come tali, al pari degli orrori di Hamas. La politica non può tradire le aspirazioni di due popoli e quell’impegno che 80 anni fa la comunità degli Stati ha preso per dire: mai più. E allora nessuno può voltarsi dall’altra parte. Non possiamo voltarci dall’altra parte perché saremmo noi stessi colpevoli di quelle nefandezze. San Marino, come Stato che crede nel diritto internazionale, deve far sentire la sua voce.

Michela Pelliccioni (D-ML): Sono stati molti i ragionamenti partiti dall’origine del conflitto. Giusto ripercorrere le tappe. Dalla proclamazione dello Stato di Israele del 1948 fino agli accordi di Oslo. Ci sono stati tentativi di pace mai pienamente realizzati. Oggi c’è un’escalation del conflitto con risvolti drammatico. Sono stati molti i ragionamenti fatti sui fattori che hanno determinato il mancato raggiungimento degli accordi di pace. L’obiettivo comune di due popoli in due Stati ci trova d’accordo. E’ il focus da cui devono partire i ragionamenti. Ma vanno analizzati, al di là delle logiche del conflitto interno, anche fattori esterni, internazionali. Dobbiamo interrogarci sul fatto che Israele non riesce ad interfacciarsi con la Palestina come invece riesce a fare con altri Paesi arabi. Non possiamo dimenticare che l’attacco del 7 ottobre, che ha visto il rapimento di numerosi cittadini israeliani, seguiva di poco il G20, svoltosi a settembre a Nuova Delhi. Tra gli obiettivi di quel G20, c’era quello di aggiungere un tassello importante alla via della seta alternativa a quella cinese, che doveva passare dal Medio Oriente. C’erano accordi che si stavano siglando ed erano gli ultimi tra i Paesi del Medio Oriente. Sarebbero stati un passaggio fondamentale. Questo è il contesto da cui devono partire le valutazioni e i ragionamenti che hanno causato quel conflitto, oltre alle ragioni storiche esistenti. Non posso che condividere l’importanza del viaggio del presidente Usa nel Golfo. Ha un valore fondamentale nelle trattative. Si devono determinare nuovi equilibri che devono aprire ad un dialogo di pace imprescindibile. L’aspetto legato al ruolo degli organismi internazionali è un altro fattore determinante per la risoluzione del conflitto, che non ci sta risparmiando nulla. Non credo servano sentenze o provvedimenti definitivi per dire che stiamo assistendo ad un genocidio. Nessun conflitto può permettere la morte di civili, di bambini e donne inermi. E non possiamo permettere che un meccanismo di guerra sia attuato attraverso la proibizione dei diritti fondamentali. A tutto questo si deve dire basta, tramite il potenziamento del ruolo degli organismi internazionali. San Marino può far sentire il suo peso negli organismi internazionali. Questo Odg va rafforzato per quanto riguarda le attività da fare negli organismi internazionali.

Dalibor Riccardi (Libera): Il conflitto israelo-palestinese è un conflitto non solo geografico, ma umano, simbolico, identitario. È un conflitto radicato nella storia. Fondamentale riconoscere che esistono due narrazioni distinte. Per molti israeliani, la creazione dello Stato di Israele è stata una rinascita, il ritorno a una terra antica dopo secoli di persecuzione. Israele si percepisce come una nazione minacciata, circondata da nemici, colpita da attentati. Per molti palestinesi, Israele rappresenta l’occupazione, la perdita della casa, l’umiliazione quotidiana. A Gaza, il blocco economico e le operazioni militari hanno causato centinaia di migliaia di vittime civili e una crisi permanente. Entrambe queste narrazioni devono essere ascoltate. La pace non può essere costruita sull’annientamento dell’identità dell’altro. Secondo le Nazioni Unite, negli ultimi anni migliaia di civili vivono senza accesso stabile a cure mediche, all’istruzione, alla libertà di movimento. Ogni vita spezzata è una tragedia umana, non una statistica. Questa tragedia sta assumendo i contorni di un genocidio, una pulizia etnica in corso sotto gli occhi di tutti. Non si può far finta che si tratti di un conflitto tra due nazioni, né che vi sia parità tra le forze in campo. È un massacro del popolo palestinese che non ha eguali nel nostro tempo. Gli accordi firmati non hanno risolto il conflitto in modo duraturo. L’ONU ha più volte condannato gli attacchi, ma la diplomazia si è rivelata spesso impotente, anche a causa di interessi geopolitici contrapposti. La recente escalation mostra quanto urgente sia un nuovo impegno multilaterale. Un tema centrale riguarda il riconoscimento dello Stato di Palestina. Oltre 140 Paesi nel mondo l’hanno riconosciuto. Questo non significa prendere posizione contro Israele. È un atto di equilibrio e giustizia, coerente con il principio dei due popoli in due Stati. È un passo simbolico ma anche politico, concreto, capace di restituire dignità a milioni di persone e rilanciare un percorso di pace. Solo quando entrambi i popoli si sentiranno riconosciuti nei propri diritti fondamentali potrà nascere una convivenza stabile. È un’apertura, non una chiusura. Scegliere di parlare con equilibrio è un atto di coraggio. San Marino, piccola nella sua estensione, non può rimanere indifferente. Abbiamo una responsabilità morale nei confronti della giustizia. Riconoscere la Palestina non è un atto contro qualcuno, ma un atto di giustizia: un popolo ha diritto a vivere nella propria terra. Il diritto del popolo palestinese ad esistere come popolo sovrano è un diritto che non può essere ignorato o negato. Il nostro Paese ha fatto il primo passo concreto il 14 gennaio 2025. Credo anche che ogni volta che noi affrontiamo questo argomento cerchiamo di fare passi concreti. Maggioranza e Governo lo hanno sottoscritto non solo nel programma, ma continuano a farlo ogni giorno negli organismi internazionali. Invito i colleghi a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina e l’Ordine del Giorno non solo per una questione politica, ma per un impegno verso la verità e la giustizia.

 Matteo Zeppa (Rete): Io sono convinto dall’inizio che Israele stia commettendo un vero e proprio genocidio. Qui si parla di morti come se fosse una partita di Risiko, ma c’è una popolazione che è martoriata da un altro Governo. Stupisce il silenzio della comunità internazionale. Purtroppo credo sia un silenzio che continuerà. Geopoliticamente il sistema non va assolutamente bene. Sono molto deluso dal riferimento e dall’ordine del giorno. Capisco che nella diplomazia internazionale bisogna camminare sulle uova, ma la trattazione del riconoscimento della Palestina sta andando avanti da oltre un anno. Se è vero che San Marino è negli organismi internazionali ed è la più antica Repubblica del mondo, San Marino deve fare un passo deciso, non può rimandare a quello che fanno gli altri. La nostra piccolezza non è sempre un limite. Israele occupa territori che non erano di sua competenza, fa mattanza del popolo palestinese. Israele afferma che hanno ucciso i combattenti di Hamas, dimenticandosi che in quelle 50.000 vittime ci sono bambine, donne, anziani. C’è un annichilimento della popolazione. Stanno dando in subappalto gli aiuti umanitari a una società privata, quando ci sono organismi internazionali. La politica dell’attesa non salva le vite. L’argomento è molto, molto delicato. Ma credo sia un atto dovuto, per dare una risposta concreta, pensare di interrompere i rapporti diplomatici con Israele, fino a quando non mette fine alla mattanza. Io credo che San Marino debba farlo. Questo Odg, così come presentato, non troverà i voti di Rete. Non c’è un impegno concreto, non c’è una data, un riconoscimento della Corte di giustizia internazionale.

Maria Katia Savoretti (RF): Occorre capire come possiamo intervenire e come poter riconoscere e definire i confini di due Stati, di due popoli diversi. Con la guerra non si costruisce, ma si distrugge, e si rischia di distruggere tutto. Se si vuole costruire qualcosa di buono, non è con la guerra che lo si ottiene. Serve un approccio comune, a livello internazionale. San Marino può e deve fare la sua parte, facendo sentire la sua voce. San Marino ha ribadito più volte la necessità di un impegno corale. Lo deve fare per far sì che Palestina e Israele possano vivere fianco a fianco, senza lotte e guerre. E soprattutto in sicurezza. Deve continuare San Marino a condannare gli orribili attacchi terroristici, richiamando l’attenzione della comunità internazionale affinché ci si impegni per la pace e il rispetto del diritto internazionale. La guerra non è così lontana, anzi è molto vicina sotto tanti aspetti. Serve una posizione di impegno comune, come Paese, come Repubblica. Una Repubblica che ha sempre difeso i diritti umani e condannato le guerre che violano i diritti umani. San Marino è per la pace e per il reciproco riconoscimento.

Giovanna Cecchetti (indipendente): Siamo a un punto della storia in cui dobbiamo prendere una posizione forte e chiara. Oggi assistiamo al voler annientare un popolo, quello palestinese. L’attacco compiuto da Hamas nell’ottobre del 2023 è un atto vile e crudele, ma la risposta di Israele è spropositata: stiamo assistendo a un vero e proprio genocidio, al bombardamento senza regole della popolazione, degli ospedali, alla mancanza di cibo per la popolazione, si negano i diritti umani e gli aiuti umanitari. È giunto il momento che la comunità internazionale dica basta a tutto questo. San Marino è uno Stato piccolo, non è una superpotenza. Ma per la nostra storia dobbiamo assumerci con risolutezza una posizione internazionale sul riconoscimento della Palestina. Che non vuol dire stare con palestinesi o israeliani, ma con la pace e la dignità dei popoli. Perché dopo quasi un secolo non ci sono vinti o vincitori, ma un popolo che sta soffrendo. Mi auguro che l’Aula esca con un Odg condiviso che riaffermi il percorso che San Marino vuole portare avanti nei contesti internazionali.

Emanuele Santi (Rete): Oggi abbiamo un’opportunità che dipende solo da noi. Se riconosciamo la Palestina, domani in Palestina non cambierà tanto. Per noi però potremo dire di aver fatto la nostra parte. Invece sono molto rammaricato. A quasi un anno di distanza ci ritroveremo a discutere un Odg dove si dice di proseguire con determinazione nel percorso per il riconoscimento. Vuol dire: demandiamo ma non lo faremo mai. Abbiamo la possibilità di affermare con forza che noi, come San Marino, riconosciamo lo Stato della Palestina. Tutto questo nel dispositivo non c’è, continuiamo a demandare. Quando lo faremo? Dopo un anno? Boh. Se San Marino non può incidere sulla politica internazionale, ma se siamo noi stessi a non riconoscere uno dei due Stati, come possiamo dire di volere due popoli in due Stati? Deve partire dal singolo Stato, da noi. Non possiamo farci la bocca dicendo che vogliamo andare verso quella soluzione. C’è un’area della DC molto restia, e dall’altra parte la posizione di quelli che dovrebbero essere di sinistra non emerge, e non emerge nemmeno nell’Odg. Non è pensabile che ci sia un Odg che non ha nemmeno una data. Una data la dobbiamo mettere. Il percorso è finito. Dobbiamo fare solo un atto: riconoscere la Palestina. Mettete una data a quell’Odg.

Enrico Carattoni (RF): Lasciare un popolo affamato, senza elettricità, è il favore più grosso che si può fare al terrorismo. Le cause del terrorismo derivano sempre dalla volontà di umiliare un popolo. E la reazione che viene avanti è quella del terrorismo. Negli ultimi 50 anni le posizioni si sono annacquate talmente tanto da diventare inconsistenti. Mi chiedo com’è possibile che si sia scivolati verso un degrado del dibattito. Negli ultimi 70 anni abbiamo assistito allo scongelamento di posizioni politiche che sembravano difficili da risolvere. Tutto questo non è stato fatto in Palestina. È mancata la volontà seria da parte della comunità internazionale. Non è stata coltivata la possibilità da parte di tutti i Paesi di arrivare a una soluzione che consentisse di far sì che ci fossero due popoli in due Stati. La comunità è stata per molto tempo largamente inadempiente. Siamo inadempienti rispetto alle risoluzioni internazionali che da 50 anni ci impongono dal punto di vista politico di assumere questa posizione. Ci dobbiamo attenere alle risoluzioni internazionali, che devono essere il faro che guida la politica estera di San Marino.

Vladimiro Selva (Libera): Credo, da un certo punto di vista, che l’orientamento di quest’Aula sia chiaro nel riconoscere al popolo palestinese uno Stato. Questo diritto lo dobbiamo sostenere con forza in tutte le istituzioni. Il Consiglio è chiamato a un atto di responsabilità e coraggio. Noi, come Repubblica di San Marino, abbiamo le carte in regola per portare una posizione forte e coraggiosa. Mi auguro che anche da parte di chi è più prudente ci sia un momento di presa di coscienza e si riesca quanto prima ad arrivare a una condivisione, a una votazione unanime di un Odg che dia un mandato puntuale.

Giulia Muratori (Libera): Israele c’è, la Palestina no. Questo squilibrio è alla radice di ogni instabilità. Hamas non è il legittimo rappresentante dello Stato palestinese. Hamas ha commesso crimini orrendi, a partire dall’attacco del 7 ottobre 2023. Altrettanto dura è stata la reazione israeliana, che ha generato una distruzione senza precedenti a Gaza. Ospedali distrutti, operatori umanitari e giornalisti uccisi, intere famiglie spazzate via. Mi preme sottolineare che non possiamo parlare di un conflitto vero e proprio. La Palestina non ha un esercito, è in corso una catastrofe umanitaria che non può essere ignorata. Non dimentichiamo che la Corte Penale Internazionale ha emanato un mandato di arresto contro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa, accusandoli di crimini di guerra e contro l’umanità. Israele ha contestato la giurisdizione della Corte e il ritiro dei mandati. Non sono da sottovalutare le recenti dichiarazioni del presidente Trump, che ha definito la liberazione degli ostaggi un atto di buona fede, ma ha anche avanzato proposte inaccettabili, come il trasferimento forzato dei palestinesi. La pace non si costruisce cancellando un popolo dalla propria terra. Il riconoscimento della Palestina non dev’essere ostacolato da questioni formali. Si tratta di un atto politico. San Marino deve fare la sua parte, collaborando attivamente negli organismi internazionali per giungere quanto prima a un atto chiaro ed espresso di riconoscimento. Ben venga un Odg, definendo una tempistica un pochino più precisa per arrivare a un atto chiaro e definito sul riconoscimento dello Stato di Palestina.

Manuel Ciavatta (PDCS): Per chi la vive, la guerra crea uno stato di dramma, di odio, situazioni di morte e di fame per tantissime persone. Mi sono fatto una domanda: a chi interessa questa guerra? È scoppiata a seguito di un atto ingiusto di Hamas verso Israele. Per come continua ad andare avanti, e per come Israele si sta muovendo, è evidente che c’è un progetto in questo senso. Chi non ferma questo progetto, evidentemente non trova ancora le modalità per poterlo fermare. Si è parlato di riconoscimento sì, riconoscimento no. Il nostro Paese ha fatto una scelta molto chiara verso il percorso di riconoscimento, pur continuando a evidenziare cosa questo comporti dal punto di vista del riconoscimento dei territori, della capitale, dell’autorità di Governo. In quest’ultimo anno, il nostro Paese ha preso una strada chiara, in discontinuità rispetto al passato. Credo che il riferimento del Segretario agli Affari Esteri sia stato molto interessante. Intendo ribattere a chi dice che San Marino non si esprime. San Marino si è espressa più volte a favore delle risoluzioni rispetto al cessate il fuoco, rispetto al riconoscimento della Palestina. Tutt’altro che indifferenza. San Marino non è indifferente a questa situazione. Non credo che questa guerra la fermeranno né le parole, né una posizione più ufficiale di quella attuale. Intanto moriranno altre persone, altre donne, altri bambini. Questa guerra non si sta fermando. L’Arabia Saudita è uno dei soggetti del Medio Oriente che sta ragionando con l’America, unico Paese che ragiona in maniera rilevante con Israele. Mi aspetto che da questa missione in Medio Oriente qualcosa possa succedere. Spero davvero che in questo senso questa operazione, questo dialogo, possa servire davvero a riportare una pace che, davvero, credo non potrà essere riportata né richiamandosi al rispetto del diritto internazionale, né richiamandosi al rispetto del principio dei due Popoli in due Stati – che pure San Marino ha fatto e deve fare – ma credo possa essere risolta solo se, da parte di chi ha gli strumenti per poterlo fare, si imporrà la fine delle ostilità.

Alla fine del dibattito, da parte del consigliere Giovanni Zonzini (Rete) viene annunciato un nuovo Ordine del Giorno, frutto della mediazione e del lavoro di tutte le forze politiche dell’Aula. 

 

TESTO DELL’ORDINE DEL GIORNO CONDIVISO

Il Consiglio Grande e Generale, Considerato  il perdurare della grave escalation del conflitto in Medio Oriente, che ha causato e sta causando innumerevoli vittime civili, una crisi umanitaria senza precedenti e una crescente instabilità nella regione; richiamando  le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che auspicano una soluzione duratura al conflitto israelo-palestinese fondata sul principio dei “due popoli, due Stati”; la risoluzione 2735 adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in data 10 giugno 2024, che propone un accordo completo di cessate il fuoco in tre fasi per porre fine alla guerra a Gaza, esortando sia Israele che Hamas ad attuarlo pienamente, senza ritardi e condizioni, e riaffermando il sostegno del Consiglio di Sicurezza alla soluzione dei due Stati; l’intervento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri alla 79a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il 28 settembre 2024, che ha reiterato la ferma e ripetuta condanna degli orribili attacchi del 7 ottobre 2023, la richiesta di rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”, e che ha altresì “rimarcato l’impossibilità di rimanere in silenzio di fronte a un livello di distruzione e sofferenza a Gaza senza precedenti: la morte di oltre 40.000 civili palestinesi, la maggior parte  dei quali bambini e donne, il danneggiamento e il saccheggio di gran parte delle case e degli ospedali, la tragica morte di membri dello staff di UNRWA, di altri operatori umanitari e di giornalisti”; le conclusioni del Segretario di Stato per gli Affari Esteri nel medesimo discorso all’ONU, che ha confermato “l’impegno di San Marino per una pace duratura e sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati, in cui Israele e Palestina vivano in pace e sicurezza e con il riconoscimento reciproco, e la convinzione che l’ammissione della Palestina alle Nazioni Unite, come membro a pieno titolo, faciliterebbe il raggiungimento di questa soluzione”; il diritto internazionale quale base fondamentale e imprescindibile per le relazioni fra gli Stati e fra i popoli; preso atto  dell’odierno riferimento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, dal quale emergono le iniziative già avviate dalla Repubblica di San Marino in attuazione dell’Ordine del Giorno del 28 agosto 2024, votato all’unanimità, fra cui l’accreditamento dell’Ambasciatore Palestinese risulta essere atto significativo, nonché del partecipato dibattito consiliare che ne è seguito;  esprimendo forte preoccupazione per la reazione militare sproporzionata ed attuata con modalità che violano il diritto internazionale da parte dello Stato di Israele, che ha già generato decine di migliaia di vittime civili, tra cui moltissimi bambini e donne, la privazione dei Palestinesi della possibilità di accesso al cibo, all’acqua ed ai servizi sanitari, comportanti carestia e scoppio di epidemie mortali, in violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario;  segnalando altresì con preoccupazione la persistente detenzione di ostaggi civili da parte di Hamas, in violazione del diritto internazionale umanitario;  facendo proprio  l’accorato appello di diversi Paesi europei del 7 maggio u.s., volto a scongiurare un’espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza e un prolungamento della presenza militare nella Striscia, che rischiano di alimentare l’escalation e di allontanare la prospettiva di una pace duratura;  evidenziando  il costante impegno della Repubblica di San Marino, anche nelle sedi multilaterali, per la difesa dei diritti umani, il pieno sostegno del multilateralismo e il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie;  riaffermando  la risoluta condanna del vile attacco terroristico perpetrato da Hamas contro la popolazione israeliana e dell’atteggiamento israeliano contro i civili palestinesi, in palese violazione entrambe del diritto internazionale e del diritto umanitario;  ritenendo  che una pace giusta e duratura possa essere raggiunta solo attraverso un processo inclusivo e determinato, che riconosca le legittime aspirazioni del popolo palestinese e del popolo israeliano a vivere in pace e sicurezza all’’interno del proprio Stato;  sottolineando  l’assoluta urgenza di un immediato cessate il fuoco, della protezione dei civili, della possibilità di accesso immediato agli aiuti umanitari e della riapertura di corridoi umanitari sicuri da parte del popolo palestinese;  ribadendo  che il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Repubblica di San Marino si colloca in una linea di continuità con i valori fondanti della propria identità istituzionale: il diritto dei popoli all’autodeterminazione, il rifiuto della guerra, la promozione della pace, il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani;  impegna  il Congresso di Stato, per il tramite del Segretario di Stato agli Affari Esteri, a: riconoscere entro il 2025 lo Stato di Palestina, dando in tal modo piena attuazione al principio “due Popoli, due Stati”, previo riferimento in Consiglio Grande e Generale circa le modalità del riconoscimento anche alla luce delle risultanze della prossima conferenza internazionale di New York che si terrà nel prossimo mese di giugno; collaborare con quegli Stati che hanno espresso la medesima volontà, affinché l’azione della Repubblica di San Marino risulti da incentivo per una più vasta comunità di Stati; confermare l’impegno di San Marino in tutte le sedi internazionali a favore della realizzazione del principio “due Popoli, due Stati” da parte di tutti i paesi, coerentemente con la politica di neutralità attiva perseguita dalla Repubblica, quale via per garantire una coesistenza pacifica, rispettosa della dignità, sicurezza e sovranità di entrambe le Nazioni; procedere nella nomina di un rappresentante diplomatico sammarinese presso il governo Palestinese; intensificare, in collaborazione con le organizzazioni umanitarie riconosciute a livello internazionale, tutte le possibili azioni di aiuto e assistenza alle popolazioni colpite, con particolare attenzione a bambini, donne e persone vulnerabili;  continuare a sostenere, in ambito ONU, il processo di ammissione della Palestina come membro effettivo dell’Assemblea Generale; promuovere ogni iniziativa utile al raggiungimento della fine delle ostilità, alla liberazione degli ostaggi, alla protezione dei civili e alla ripresa del dialogo politico tra le parti, anche attraverso la partecipazione attiva di San Marino nei fora internazionali pertinenti; difendere e sostenere il ruolo ed il prezioso lavoro svolti dalla Corte Internazionale di Giustizia e dalla Corte Penale Internazionale, affinché le stesse possano continuare a tutelare tutti i popoli contro le violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario; riferire alla Seconda Commissione Consiliare Permanente sugli sviluppi.  

L’Odg condiviso viene posto in votazione e infine approvato all’unanimità. 

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