San Marino. Crollo demografico: la crisi della famiglia e quella della natalità sono le due facce di una stessa medaglia … di Alberto Forcellini

Il declino demografico non è solo una questione di calo della popolazione. È soprattutto un problema di squilibrio tra generazioni, con implicazioni sociali ed economiche. Il fenomeno è esteso su tutta la regione europea, San Marino incluso.

In una decina di anni, le nascite annuali sono diminuite di circa cento unità. Erano nati 325 bambini nel 2011, siamo scesi a 214 nel 2021 e quest’anno si rischia di scendere sotto quota 200. È uno dei motivi che ha spinto la politica ad emanare una nuova legge sulla famiglia, appena varata dalla IV commissione con il voto unanime dei commissari. Il testo accorpa in un unico disegno legislativo le norme precedenti sulla stessa materia e aumenta tutele, diritti e garanzie per le coppie con figli, anche adottati o in affidamento. Tenendo conto anche della normativa UE, è stato introdotto il congedo di paternità. Il congedo per gravidanza e puerperio è di 150 giorni retribuiti al 100%. Viene aumenta la quota dei contributi figurativi riconosciuti durante i congedi e aumentano i permessi. Come a dire: la nascita di un figlio non deve creare un problema lavorativo.

Ottima cosa, ma probabilmente non basterà perché le culle vuote sono la conseguenza di un profondo cambiamento sociale e culturale avvenuto negli ultimi 50 anni.

Fino a un paio di decenni fa, il problema era costruire o reperire nuove aule scolastiche ed evitare le classi pollaio, un fenomeno che aveva caratterizzato gli anni ’70 e ’80. Adesso è difficile riempire le aule esistenti. In molte zone, San Marino compreso, che ha sempre portato avanti la politica di offrire sedi scolastiche anche nei Castelli periferici, è sempre più frequente constatare la difficoltà a creare le prime classi perché mancano i bambini. Per il momento il fenomeno non si riverbera a livello di scuole medie e superiori, le quali stanno godendo di molte presenze. Tanto che è necessario reperire nuove aule. Ma è pressoché inevitabile che fra qualche anno il problema arriverà anche lì e sarebbe importante prevedere fin da ora quali conseguenze bisognerà affrontare sia a livello di infrastrutture, sia a livello di personale docente.

Parlando in generale, stiamo assistendo ad un paradosso: più sale il livello di benessere economico, più cala il numero dei figli. Le famiglie «povere» di un tempo facevano molti figli, quelle della società «opulenta» e dell’assistenzialismo ne fanno sempre meno.

La causa più evidente e ripetuta viene individuata nelle difficoltà della donna a gestire ménage familiare e carriera: oggi un solo stipendio non basta e la madre è costretta a lavorare fuori casa. E le istituzioni di assistenza sociale ai nuovi nati, in molti paesi non sono sufficienti. Questa però è solo una lettura parziale del fenomeno, c’è molto di più.

Negli ultimi 30 anni del ‘900 si sono manifestati numerosi fattori di mutamento, che nei paesi occidentali hanno posto in crisi il modello tradizionale di famiglia coniugale (il quale si sta invece paradossalmente diffondendo con notevole forza nei paesi asiatici). Proviamo ad elencarli: il calo e il ritardo dei matrimoni; l’aumento delle convivenze (o famiglie di fatto, o unioni libere); l’aumento delle separazioni e dei divorzi; l’aumento delle famiglie con un solo genitore; l’aumento delle famiglie ricostituite (in cui almeno uno dei coniugi o partner proviene da una precedente unione); l’aumento delle famiglie unipersonali (composte da una sola persona); l’aumento delle nascite fuori dal matrimonio. Si tratta di fenomeni che testimoniano un cambiamento complessivo della mentalità, un mutamento culturale in atto che coinvolge la struttura familiare e che esprime, nell’attuale molteplicità dei suoi modelli, l’affermazione di un sempre maggiore pluralismo culturale dentro la stessa società.

La politica nostrana e la stessa UE cercano di affrontare il problema con interventi volti a incrementare permessi ai genitori, assegni in denaro e servizi di assistenza. Tutte cose che sinora non sono servite molto, neppure nei paesi che spendono di più nei bilanci, come Germania, Spagna, Russia: anche lì la denatalità cresce ogni anno. La maternità, come la famiglia in genere, richiede fatica e sacrifici, che contrastano con la mentalità oggi prevalente: edonismo e consumismo. Ecco perché coloro che si sposano, lo fanno, in genere, sempre più tardi e quanto ai figli attendono o anche lasciano stare. La crisi della famiglia e quella della natalità sono le due facce di una stessa medaglia. L’aiuto economico da parte delle istituzioni e l’incremento dei servizi a sostegno delle mamme, sono elementi fondamentali e testimoniano il progresso della società civile. Il resto è questione di cultura (o forse di una moda?) che sarà difficile da eradicare.

a/f