Riceviamo e pubblichiamo
”Buongiorno, vorrei avere la possibilità di rispondere all’articolo in merito al servizio di Report sugli articoli contraffatti venduti nel centro storico di San Marino.
Personalmente vorrei capire perche’ si sono scomodati a venire in Repubblica a fare un servizio su quello che vendono qualche decina di commercianti su territorio sammarinese, che in ogni caso, indipendentemente dall’articolo venduto, all’Italia non gliene deve importare niente essendo un altro stato, e non hanno consultato il web, perdendo meno tempo (io l’ho fatto in 10 minuti) per andare alla ricerca delle migliaia di venditori abusivi, che non pagano alcuna tassa allo stato italiano, stato nel quale risiedono e svolgono la loro attivita’, venditori di articoli falsi, o meglio chiamati paralleli in quanto suona piu’ carino.
E’ possibile individuare ogni singolo venditore, che sia esso abusivo o abbia una partita iva, i dati sono tutti visibili, inoltre non ci vuole un Master e specializzazione in articoli contraffatti per poterli individuare, in quanto come può vedere dal collage di foto che allego, sono liberamente dichiarati falsi…
Carabinieri, Guardia di finanza e lo stesso portale che dovrebbe impedire tale fenomeno che si manifesta dall’estremo nord all’estremo sud dell’Italia, ignorano il problema e si occupano di altro.
Basta andare in tantissimi esercizi a Rimini per trovare in vendita diversi marchi contraffatti, nessuno interviene, a chi fosse convinto lo posso accompagnare personalmente mostrandogli i vari negozi e la merce.
Mentre a San Marino lo stato interviene direttamente per impedire un commercio delle dimensioni di una granello di sabbia nel deserto rispetto a quello che succede nel mondo, impedendo così in un periodo difficile per tutti, di riuscire a portare ancora a casa un reddito a diverse famiglie.
Sempre più spesso leggo comunicati e commenti da parte persone poco informate e cosa ancora più grave di politici che danno contro alla categoria dei commercianti, categoria che sostiene un rischio d’impresa di tasca propria, categoria che per pagare le tasse se un anno non ha lavorato tira fuori i soldi di tasca propria, categoria che da lavoro ad altre persone creando reddito, che paga affitti e fa lavorare le banche.
Inviterei i politici, che fin troppo facilmente hanno dato giudizi sui commercianti del centro storico, a farsi un corso di economia politica e magari prendere qualche lezione di economia e commercio, chissà che un giorno non arrivino a capire che 100 persone che producono reddito per se e per altri non siano meglio di 100 persone in più’ iscritte nelle liste di disoccupazione all’ufficio del lavoro; sempre che loro non abbiano la bacchetta magica e sappiano gia’ che stanno per creare centinaia di nuovi posti di lavoro, se così non fosse inviterei loro nuovamente a non distruggere pure quel poco che ancora un po’ funziona.
Saluti e buone feste a tutti!
Un lettore.”
La foto è di archivio e non c’entra nulla con il testo dell’articolo (ndr)