San Marino. Ecco l’ultima relazione dell’Antimafia (articolo completo)

Nel documento consegnato al parlamento italiano è citato in un caso anche il Titano. Calleri (Fondazione Caponnetto): “A breve report su San Marino, non abbassate la guardia”

Il 21 settembre del 2017, Papa Francesco ha concesso un’udienza speciale ai membri della Commissione Antimafia, rivolgendo loro un discorso che assume, sul piano simbolico, un valore particolarmente rilevante, non solo per la levatura morale di chi lo ha pronunciato, ma perché prospetta – in maniera ferma e diretta – quella che deve essere una missione concreta di lotta alla mafia.

Un percorso che prevede, quale primo passo, una ferma opposizione al grave problema della corruzione, che “rappresenta il terreno fertile nel quale le ma e attecchiscono… una radice velenosa che altera la sana concorrenza e allontana gli investimenti”. In secondo luogo, l’impegno sul piano politico, “attraverso una maggiore giustizia sociale, perché le mafie hanno gioco facile nel proporsi come sistema alternativo sul territorio proprio dove mancano i diritti e le opportunità” e, parallelamente, l’attenzione verso il mondo dell’economia, perché non si può parlare di “lotta alle ma e senza sollevare l’enorme problema di una finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici”.Comincia con questo incipit la Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento circa l’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione investigativa Antimafia, contenuta nell’ultimo report, quello relativo a Luglio – Dicembre 2017. Una attività – riassunta in quasi 400 pagine – che vede la sua massima espressione nella guerra al riciclaggio.

Guerra al riciclaggio

Alla DIA ed al Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di finanza compete l’analisi e l’approfondimento delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette inviate dall’U.I.F..

In particolare, la DIA procede ad una prima analisi mediante interrogazioni “multiple” alle banche dati disponibili, al fine di verificare quelle potenzialmente attinenti alla criminalità organizzata per il successivo inoltro alla DNA, che provvede ad un “arricchimento informativo” trattenendo quel- le ritenute di interesse. Le segnalazioni restituite dalla DNA alla DIA vengono quindi elaborate attraverso una serie di indicatori, finalizzati a qualificare la valenza operativa dei profili finanziari, giudiziari e di polizia del complesso informativo. Così rielaborate, le segnalazioni vengono in ne sviluppate nell’ambito di:

• indagini connotate da maggiore livello di complessità per l’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali;

• investigazioni giudiziarie, consentendo di ricostruire i flussi finanziari che avvengono nell’ambito delle consorterie mafiose;

• attività di analisi di rischio e di contesto a supporto delle decisioni operative.

Numeri da paura

Scendendo nel dettaglio delle attività svolte, nel secondo semestre 2017, la Direzione Investigativa Antima a ha analizzato 45.815 segnalazioni di operazioni sospette, che ha comportato l’esame di 203.830 soggetti segnalati o collegati, di cui 143.953 persone siche e 59.877 persone giuridiche, correlate a 223.218 operazioni finanziarie sospette. Tale analisi ha consentito di selezionare 5.044 segnalazioni di interesse della DIA, di cui 932 di diretta attinenza alla criminalità mafiosa e 4.112 riferibili a fattispecie definibili reati spia/sentinella. L’analisi condotta su tali segnalazioni ha confermato che la maggior parte è stata effettuata da banche ed enti creditizi (71%), mentre ancora poco signicativo risulta il contributo dei professionisti (5%). In quest’ultimo caso, la quasi totalità del contributo proviene dai notai (97%), mentre residuano gli avvocati (2%) e i commercialisti (1%).

La criminalità organizzata all’estero e le attività di cooperazione bilaterale
La cooperazione bilaterale e quella multilaterale, in attività di polizia, rappresenta certamente il prioritario, ed evidentemente il più attuale e proficuo strumento, che è possibile dispiegare nel contrasto ai grandi fenomeni criminali di respiro internazionale, ed è attuata tramite degli ufficiali di collegamento esteri, operanti presso le sedi diplomatiche attive nel territorio della Capitale. In tale contesto, da sempre oggetto di privilegiate energie operative profuse dalla DIA, sono attuate attività di monitoraggio, in termini di analisi fenomeniche, attività informative e partenariato investigativo, dei macro aggregati criminali a vocazione internazionale, realizzate attraverso la partecipazione a tavoli tecnici con gli omologhi organismi stranieri, in esito ai quali ciascun attore accresce la propria conoscenza informativa di determinati contesti ma osi. In tale quadro, oltre ai rapporti con i Liaison Of cers dell’Unione Europea, assumono particolare rilievo le relazioni dirette con quelli degli Stati Uniti d’America, del Canada, della Svizzera e dell’Australia, come noto, paesi che, ormai da tempo, devono sopportare una pervasività di tipo ma oso di un certo respiro. Tra l’altro, nel medesimo contesto di partenariato bi/multilaterale, sono realizzate attività operative di supporto, finalizzate a dare impulso alle indagini condotte dalle strutture periferiche della DIA, tra le quali, quelle finalizzate alla cattura di latitanti all’estero, con risultati che hanno consentito, solo nell’ultimo triennio, di assicurare alla giustizia sette latitanti, l’ultimo dei quali, stabilmente resi- dente in Messico, nel dicembre 2017. Inoltre, il rapporto di cooperazione è stato implementato con l’istituzione di apposite Task Force congiunte tra le Autorità italiane e gli Organi investigativi tedeschi, austriaci ed olandesi, nell’ambito delle quali la DIA svolge, tra gli altri, funzione di approfondimento analitico dei fenomeni criminali, di matrice italiana, operanti oltre confine. Attraverso le predette Task Force, che si riuniscono con cadenza periodica, vengono valutate le nuove minacce criminali – in ragione soprattutto della loro dimensione transnazionale e della loro capacità di riciclaggio dei capitali illeciti attraverso rinnovati impulsi di interazione informativa, nella prospettiva di sviluppare nuove azioni in tema di contrasto alla criminalità organizzata, sulla base di strategie operative comuni, in un alveo di piena condivisione di nuove metodologie investigative.

Parlando di Regno Unito spunta il nome di San Marino

Secondo la National Crime Agency “… ogni anno miliardi di sterline di provenienza criminale quasi sicuramente continuano ad essere riciclati attraverso le banche del Regno Unito e le loro filiali. L’entità del riciclaggio dei proventi criminali – continua la nota – è quindi una minaccia per l’economia e la reputazione del Regno Unito”. Quanto sopra appare idoneo a confermare come il Regno Unito costituisca, per la criminalità organizzata di stampo mafioso, appetibile area di interesse al fine precipuo di riciclare il denaro attraverso società finanziarie e attività imprenditoriali: quanto precede, anche in ragione della flessibilità del mercato anglosassone, che si estende dai grattacieli della City di Londra ai “paradisi bancari” delle Isole Cayman. Benché il Regno Unito sia paese noto per l’esistenza di una rigida normativa anticorruzione, l’interesse della criminalità organizzata è facilmente intuibile, riguardando non solo l’export di un modello criminale, ma una prassi che vede consolidare l’orientamento delle mafie verso il settore finanziario. Cosa nostra, presente già dagli anni ottanta per la gestione dei traffici di stupefacenti, ha cercato, nel tempo, di ridurre al minimo la propria “visibilità” capitalizzando, così, maggior libertà di azione, anche per ciò che concerne, quindi, la possibilità di garantire la latitanza di numerosi soggetti mafiosi. La conferma che cosa nostra riesca a sfruttare le opportunità offerte dal mercato economico-finanziario del Regno Unito emerge dalla confisca, disposta dal Tribunale di Trapani, eseguita dalla DIA, nell’ottobre 2016, nei confronti di un imprenditore del settore edile e turistico-alberghiero, ritenuto prestanome di personaggi di assoluto rilievo criminale. La misura ablativa, che ha attinto un patrimonio immobiliare complessivamente valutato oltre cento milioni di euro, ha riguardato un villaggio turistico del litorale di Campobello di Mazara (TP) – che avrebbe ospitato in diverse occasioni mafiosi latitanti – e una società venduta, in seguito ad una “triangolazione” realizzata con altra società con sede a San Marino, ad una holding inglese.

Il commento di Salvatore Calleri, Presidente della Fondazione Caponnetto a RepubblicaSM
“Tale caso è già stato trattato e non rappresenta una novità, ma sicuramente dimostra l’interesse per la parte finanziaria sammarinese, per determinate triangolazioni, da parte delle organizzazioni mafiose italiane. A breve uscirà il report 2018 della Fondazione Caponnetto ed in attesa di ciò mi sento di dirvi una cosa: non abbassiamo la guardia… Il silenzio sulla presenza ma osa non significa che la mafia non c’e, ma che forse non si sa cosa fa”.

David Oddone – La RepubblicaSM