Si fa presto a dire: Europa! Poi, per raggiungere un obiettivo come l’associazione (che è ben diverso dall’adesione) il percorso è lunghissimo e complicatissimo. Certo, senza Europa non si può fare, soprattutto per piccoli Stati che sono enclave di Stati più grandi inseriti nella UE. In effetti, a San Marino si parla di Europa ormai da molto tempo. Ma per capirci qualcosa bisognava che arrivasse il professor Roberto Baratta (ospite di una serata organizzata dall’Associazione Emma Rossi) per spiegare il quadro generale e quello particolare. Il professor Baratta è ordinario di Diritto internazionale e di Diritto dell’Unione Europea presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre, nonché Consigliere giuridico del governo sammarinese in materia di relazioni con l’Unione Europea, ormai da molti anni.
Le prime relazioni con la UE risalgono al 1983 e si fanno strada sul Titano attraverso istanze d’arengo, ordini del giorno consiliari, leggi, referendum. Del resto, un legame con l’Europa interessa un po’ tutti: lo Stato, i cittadini, la stessa UE. La quale ha rapporti con tutti i piccoli Stati sulla scorta di una banda giuridica già prevista nel suo ordinamento e anche nell’interesse degli Stati membri a cui appartengono i piccoli. Nel 2010, il Consiglio dei Ministri UE, facendo un’analisi della situazione, compone un quadro di relazioni giuridiche molto frammentato, perché ogni piccolo Stato, Svizzera compresa, si è mosso in maniera autonoma.
San Marino ha un accordo di unione doganale che risale al 2002; un accordo monetario del 2010, che vincola le banche e consente l’uso dell’euro; un accordo sullo scambio automatico delle informazioni firmato nel 2015, in vigore dal 2016. Quindi, San Marino ha un fortissimo legame giuridico con la UE, ma non può accedere al mercato interno in quanto Stato terzo, non può accedere ai finanziamenti, non può accedere alla ricerca, ha limitazioni per la circolazione degli studenti, dei lavoratori, e mille altre cose. Ben si possono capire quindi le difficoltà e le penalizzazioni che ne derivano per l’intero sistema economico – finanziario – sociale.
Ma i problemi ci sono anche per la UE che ha questa situazione con tutti i piccoli Stati e ha necessità di individuare un unico quadro istituzionale di riferimento. È ovvio che il suo interesse non è tanto per l’aumento del PIL, misurato su uno zero virgola, quanto per il peso in politica internazionale. Ogni piccolo Stato aderisce infatti ai massimi organismi internazionali, dove uno vale uno, e con l’affiancamento dei piccoli Stati, la UE aumenta notevolmente la sua influenza. Per questo, la Commissione UE è convinta che nel momento in cui uno Stato accoglie le normative europee, deve poter accedere a tutti i benefici, senza differenze sul piano giuridico, pur rimanendo Paese Terzo, nel rispetto delle sue specificità sociali, territoriali, economiche e non solo geografiche.
A quali condizioni? No ad accordi settoriali, no alla conferma dello statu quo, no all’adesione dello spazio economico (che non sarebbe appetibile), no ad un accordo di adesione, che rimane un’opzione futuribile. Quindi: sì ad un accordo di associazione, ma uguale per tutti i tre gli Stati: San Marino, Monaco, Andorra (il Liechtenstein si è già dissociato). Tra questi, chi ha dimostrato il maggior interesse è San Marino, mentre per gli altri piccoli Stati l’interesse si è progressivamente allontanato. Hanno ottime relazioni bilaterali con gli Stati membri di rifermento e quindi non hanno problemi. E qui casca l’asino, perché le relazioni bilaterali San Marino-Italia sono pari a zero. La politica del Titano, tutta incentrato nel progetto ben descritto dalla Commissione d’inchiesta su banca CIS, pensa di superare l’impasse puntando dritto all’Europa e in sei mesi vuole parafare l’accordo di associazione. Che invece salta, ma adesso si capisce il perché. Tra l’altro, per avviare un percorso di integrazione occorre un capillare progetto di formazione per tutti i soggetti coinvolti e di informazione per tutta la popolazione. Al termine di questo immenso lavoro, il parlamento (Consiglio) deve esprimere un parere unanime. Dopo di che ci vorrà l’approvazione del parlamento europeo e la conseguente ratifica di tutti gli Stati membri. Ci vogliono anni.
Il professor Baratta non entra nelle dinamiche politiche locali, ma il pubblico sa bene cosa è successo negli ultimi tre anni.
Siccome con l’Europa ci sono tempi lunghi e la trattativa è complessa, San Marino cambia percorso cammin facendo, e punta ad intessere forti relazioni bilaterali con la Russia e poi con la Cina, sempre per superare gli ostacoli con l’Italia. Ma questa si configura come una politica estera schizofrenica, che espone la Repubblica a molti rischi: dall’isolamento alla mancanza di credibilità. Basti solo dire che la Russia non ha accettato neppure le credenziali dell’ambasciatore di San Marino (l’allora Segretario agli Esteri Renzi aveva nominato Antonella Mularoni).
Un esperto, in un’ora di relazione, ha demolito la politica estera di tre anni. Con il senno di poi chiunque può capire che elementi basilari come la conoscenza delle questioni, il coinvolgimento dei cittadini, il confronto politico, di fronte ad un obiettivo così alto come quello europeo, siano totalmente mancati. Così facendo non solo non si si costruisce l’integrazione con la UE, ma si distrugge un Paese.
a/f