Preoccupazione, cautela e richiesta di trasparenza. È questo il clima che si respira tra i lavoratori frontalieri dopo la presentazione della riforma dell’Imposta Generale sui Redditi (IGR) da parte del governo sammarinese. La misura, depositata nei giorni scorsi, è finita al centro del confronto tra l’Associazione Frontalieri Italia San Marino (Afis) e il segretario di Stato alle Finanze, Marco Gatti.
L’incontro con il rappresentante del governo si è svolto in un momento cruciale: proprio a ridosso del deposito del progetto di legge. Secondo quanto riferisce la delegazione di Afis, durante il colloquio sono state espresse con chiarezza tutte le preoccupazioni riguardo alle possibili ricadute economiche della riforma sui redditi dei lavoratori che ogni giorno varcano il confine per prestare servizio nella Repubblica.
Dal canto suo, il segretario Gatti avrebbe mostrato apertura al confronto e disponibilità a valutare eventuali modifiche. Tuttavia, secondo quanto riferisce Afis, il governo intende mantenere saldi alcuni punti cardine della riforma, lasciando intendere che l’impianto generale non sarà rivoluzionato. Un atteggiamento che l’associazione definisce “apprezzabile” ma che – precisano – sarà osservato con estrema attenzione durante tutto il percorso legislativo.
Nel frattempo, Afis ha scelto di muoversi in autonomia per supportare i propri iscritti con strumenti concreti. Nella giornata di ieri, domenica 13 luglio, l’associazione ha avviato una collaborazione con Giovanni Benaglia, commercialista riminese esperto in fiscalità transfrontaliera. L’obiettivo è fornire simulazioni dettagliate sulle imposte che i frontalieri dovranno versare in base ai nuovi criteri previsti dalla riforma, sia a San Marino che in Italia.
Questo servizio – fanno sapere da Afis – sarà fondamentale per offrire ai lavoratori uno strumento chiaro e personalizzato, capace di tradurre una normativa complessa in numeri concreti. Solo così, spiegano, sarà possibile valutare l’impatto reale della riforma e agire con consapevolezza.
La riforma fiscale, dunque, è ancora tutta da decifrare per chi lavora a cavallo del confine. Ma una cosa è certa: i frontalieri non intendono restare a guardare.