San Marino. Il futuro di Rete e del governo è nelle mani della Direzione Democristiana riunita ora in Via delle Scalette … di Enrico Lazzari

Che cosa sta succedendo dentro Rete? Che futuro ha la maggioranza e, con essa, il governo? Sono queste le domande che oggi sia la cittadinanza che il mondo politico si pongono, all’indomani del dirompente ordine del giorno (leggi qui) presentato dal Movimento Civico Rete nel corso dei lavori straordinari del Consiglio Grande Generale di sabato scorso.

Per provare a capire -e ribadisco “provare a capire”- che succede e che succederà in Rete, si deve prima scoprire cosa succederà al governo. O, meglio, quale sarà la reazione della Democrazia Cristiana all’azione consigliare che un po’ tutti hanno interpretato come un deciso attacco al Segretario di Stato Marco Gatti e una sorta di tentativo di commissariamento della Segreteria alle Finanze che lo stesso democristiano guida. E non bisognerà attendere troppo. Infatti, in Via delle Scalette, è già in corso la Direzione politica, che sembra destinata a protrarsi in serata.

Del resto, la “partita” sembra tutta e solo in mano al “Partitone”. Tanto che, al momento, maggioranza e opposizione -“simil-grillini” biancazzurri di Rete compresi- non possono far altro che attendere la reazione del “Partitone”, il quale -su questa tematica- sembra diviso fra due linee:

– da una parte il -chiamiamolo, erroneamente- “gruppo-Gatti”, solitamente in sinergia con il resto del partito ma che oggi appare quanto mai determinato a ritenere ormai chiuso ogni ulteriore rapporto di governo con Rete. Gatti e una parte di Dc, fra poche ore in Direzione, spingerà per formalizzare subito la crisi e dar vita ad un esecutivo risicato -senza Rete- per traghettare il Paese almeno al voto anticipato, qualora la maggioranza priva di Rete si rivelasse impossibilitata a varare i provvedimenti necessari;

– dall’altra i “pompieri” -fra cui il Segretario Giancarlo Venturini e il Ministro Luca Beccari– impegnati a individuare una sorta di “tregua” così da garantire al governo almeno i tempi necessari alla definizione dell’Accordo di Associazione con l’Ue, non escludendo l’arrivo a fine legislatura.

Dunque, la crisi è -al di là della sua formalizzazione o meno- un dato di fatto incontestabile. L’attuale maggioranza e l’attuale governo non hanno prospettive e, qualora dovessero superare le tensioni del momento (non si può certo escludere), non avrebbero la forza di varare alcun progetto importante per il Paese, per il suo risanamento e il suo sviluppo. Certo, una crisi ora o in autunno allontanerebbe la conclusione dell’iter di Associazione con l’Ue, ma questo non creerebbe problemi a San Marino e alla sua economia. Anzi, rinvierebbe l’entrata in vigore di norme che se da un lato andrebbero a snellire le procedure nei rapporti fra aziende sammarinesi e mercato europeo, dall’altro porterebbero inevitabilmente ad una armonizzazione fiscale che andrebbe a determinare una più o meno importante perdita di competitività del sistema sammarinese.

La “linea di azione” che prevarrà in Via delle Scalette influenzerà pesantemente anche gli assetti interni di Rete, dove la “non indispensabile” dichiarazione di voto sull’odg annunciato addirittura da almeno un componente della stessa, evidenzia una pesante spaccatura interna. Per carità, nulla di nuovo… Ma questa volta appare ampliata e amplificata al punto da rendere credibile una vera spaccatura qualora il “Partitone”, entro sera, sventoli il “cartellino rosso” a Rete e formalizzi la crisi che nei fatti è già concreta.

In ogni caso, le posizioni ufficiali dei membri di Rete che sono riuscito a contattare erano una fotocopia dell’altra: “In Rete non sta succedendo nulla di che…”; “In Rete non succede nulla… Minimizzare nel tentativo di ricompattare i rapporti con il Pdcs e quindi con la maggioranza? Parrebbe di sì… Ma non tutta Rete sarebbe d’accordo con questa linea. La costante perdita di consensi, di voti del Movimento ha creato un fronte interno sempre più ampio e determinato a chiudere il cammino di governo prima che sia tropo tardi e il consenso perduto appaia irrimediabile.

La domanda, a questo punto, più sensata sembra essere non se l’esperienza di Rete continuerà o meno, ma chi, fra Rete e la Dc, staccherà per primo la spina riversando sugli alleati la responsabilità della crisi.

Enrico Lazzari