San Marino. Il profitto che viene dalle cose fatte bene … di Alberto Forcellini

L’atrocità della funivia del Mottarone: una tragedia causata, pare, scientemente, per garantire l’incasso delle corse. Ma non è l’unica tragedia imputabile ad “errori umani” dietro ai quali si nasconde un interesse economico: il vino al metanolo, il ponte Morandi, la scuola di Amatrice che avrebbe dovuto essere antisismica e che è venuta giù come gelatina; la morte della giovanissima Luana, fatta a pezzi dall’orditoio della fabbrica dove lavorava.

Colpa dello Stato, del sistema, della corruzione, della mafia? Tutto vero, ma probabilmente solo in parte, perché spesso si dimentica che, dietro ogni norma, dietro ogni tecnica, dietro ad ogni controllo, c’è un uomo che compie scelte in base al suo libero arbitrio. Noi dipendiamo da quello, dalla sua scala di valori, dal rispetto per gli altri che lo anima, dal suo senso del dovere.

E allora la domanda: è così difficile declinare etica e impresa? Etica e profitto? Quello che succede in tanti settori, ha ben poco a che vedere con l’etica capitalista. “Qualsiasi azione umana deve essere sostenuta da un principio morale di responsabilità verso gli altri, altrimenti è solo un episodio della guerra di tutti contro tutti, un atto di violenza e di sopraffazione. Lo Stato moderno è nato per impedirlo, garantendo così l’uguaglianza al posto del privilegio di pochi”. (Antonio Polito – Corriere della Sera)

Eppure, basta guardare quanto succede in settori come quello degli appalti (dove anche a San Marino ci sono talvolta episodi non esattamente edificanti); delle semplificazioni, del sistema dei controlli, per capire come la corruzione sia sempre dietro l’angolo. E ogni volta che non si rispettano le regole per un profitto personale, si rischia l’incidente. Questo, alla faccia di chi sostiene che tanti, troppi cittadini, sono “feticisti dei regolamenti”.

Molti si portano dietro un’aura di furbizia che, talvolta, suscita invidia da parte di chi rimane escluso da certi affari. Furbizia come se fosse un vanto, ed invece spesso tracima nella tracotanza, nell’arroganza, in atteggiamenti sprezzanti delle regole.

Prendendo spunto dalla tragedia del Mottarone, ci sarebbe da chiedersi se tutto questo è accaduto, se quattordici vite sono state tranciate, solo per non ”fermare le macchine” e quindi diminuire un introito, oppure è conseguenza della spregiudicatezza alla quale in molti si sentono autorizzati dalla selva inestricabile di leggi, regolamenti e prescrizioni ai quali bisogna sottostare.

C’è qualcosa di più profondo se molti mettono da parte la sicurezza della gente, degli operai, dei camionisti, dei turisti, procurando tragedie nelle quali c’è sempre un qualcosa di imponderabile, ma non sono mai frutto del caso. Il problema va ricercato anche nel sistema giudiziario, nella regolarità dei processi, nella certezza della pena. Elementi che non sempre sono garantiti in paesi dove la cultura è scarsa e la paura della giustizia non esiste.

È davvero difficile esprimere una valutazione equilibrata ed obiettiva sull’onda emozionale della tragedia, questa appena successa e tutte le altre che si sono susseguite. Ma qualche riflessione è necessaria e, purtroppo, si deve costatare che l’avidità dell’uomo corrode la sua fibra morale come l’umidità e l’usura fanno con i cavi d’acciaio. Ma se peccare è umano per il singolo, è diabolico in organizzazioni complesse quali sono le aziende, che dovrebbero essere invece rette da standard di deontologia e da procedure automatiche, in cui la catena decisionale è concepita proprio per impedire che ci si metta d’accordo per violare le regole e saltare i controlli.

Tuttavia, forse è anche troppo banale e scontato soffermarsi sulla perdita dell’etica, della correttezza, del senso del lavoro, del senso di comunità, perché “quelle persone” non sono “altro da noi” in quanto la scelta tra il bene e il male capita a tutti di doverla fare. Tutti i giorni.  E tutti noi dovremmo avere ben chiaro il profitto (non solo economico) che viene dalle cose fatte bene.

a/f