Qualche giorno fa, Enrico Lazzari, editorialista di Giornalesm, scrisse che il rinvio a giudizio di Buriani mette sotto accusa l’intero sistema giudiziario sammarinese. Poco dopo, un lettore, riflettendo sul fatto che ci sia un corvo in tribunale (anzi negli alti livelli della politica), sosteneva che c’è un gruppo di potere malato che comunica informazioni rilevanti e riservate gli uni con gli altri con obiettivi e finalità malate.
Hanno entrambi ragione, primo perché, seguendo il principio della sineddoche, ovvero di quella figura retorica che indica una parte per il tutto, se un giudice può fare impunemente il suo comodo, vuol dire che anche tutto il resto dell’apparato giudiziario è fuori controllo. Secondo, perché questo stato di cose è stato possibile grazie alla collusione tra politica e giustizia, dimostrata dal fitto scambio di informazioni riservate, direttamente provenienti da Palazzo, le quali hanno permesso al giudice di muoversi di conseguenza. Ovvero di condizionare affari e scelte politiche, e di perseguire penalmente ogni avversario che si fosse frapposto sulla strada.
È scioccante leggere l’elenco dei personaggi politici a diretto contatto con Buriani. Braccio giudiziario della cricca, come lo descrive la relazione della commissione banche.
Tutto ciò è successo per anni, specialmente gli ultimi, finché il recente rinvio a giudizio ha rotto il cerchio magico delle collusioni. Non è un elemento da minimizzare, indipendentemente dalle evoluzioni che avrà nel prosieguo, perché significa che il sistema giudiziario sta maturando gli anticorpi contro il “sistema Buriani”.
Significa che c’è un punto di svolta non solo nella politica che ha creato le condizioni per svelare la corruzione, ma anche nel tribunale, dove c’erano giudici che si erano allineati (non tutti); dove oggi ci sono giudici che non sono più allineati (almeno questo appare); giudici che sono stati allontanati, vedi Guzzetta, che poi giudice non era ma li aveva tutti sul palmo della mano; giudici che ci stanno mettendo la faccia, oltre che la professionalità, come il nuovo dirigente Canzio.
Sono segnali importanti (come la recente sentenza Asset), che vanno colti nella loro portata perché le reazioni non sono tutte, per così dire, esaltanti. A cominciare dal silenzio mediatico, soprattutto della carta stampata, che avvolge il personaggio Buriani e tutti coloro che compaiono dai testi dell’ordinanza come suoi accoliti. Ma non c’è da stupirsi, accadde la stessa cosa anche dopo la pubblicazione della relazione della commissione di inchiesta su banca CIS, che lasciò tutti esterrefatti, ma che qualcuno tentò di far passare nell’opinione pubblica come acqua fresca.
Anche il mondo politico comincia, timidamente, a crescere i suoi anticorpi. Le nuove generazioni sono più propense a prendere le distanze dai comportamenti distorti e a rivendicare le ragioni morali rispetto alle “presunte” ragioni politiche. Purtroppo, ad esse fa riscontro una generazione politica ancora intimamente legata al passato, soprattutto quando si vede la difesa sperticata e irragionevole di Buriani, degli antichi protettori, per altro sempre in circolazione, e di tutto il sistema ad essi collegato. Tutto ciò al di fuori di ogni comprensibile ragione.
Ma i veri anticorpi dovrebbero attecchire nella società civile, che oggi guarda con disincanto e sfiducia quanto sta succedendo. Si stava meglio prima, è uno dei ritornelli più frequenti. Certo che si stava meglio, perché si teneva tutto coperto, tutto nascosto. San Marino lavatrice dei soldi della criminalità organizzata. Solo pochi sapevano. E tacevano. Tutti gli altri non si chiedevano da dove arrivavano i soldi. E andava bene così.
Oggi invece il passato bussa alle porte, anche la stampa se ne deve rendere conto, seppure con tantissima ritrosia come accadde all’epoca della relazione della commissione banche, o come accade oggi con il rinvio a giudizio di Buriani. Si tace sulle notizie più inquietanti e si preferisce mandare la contro notizia. Come il comunicato dell’avvocato di Buriani, che intende far emergere l’estraneità del suo assistito rispetto ai fatti contestati appellandosi alla sentenza del Collegio Garante. Quella dello “stress” tanto per intenderci. Ma l’elenco dei misfatti è così lungo e circostanziato che sarà complicato ricondurli allo stress e bisognerà entrare nel merito delle situazioni evidenziate.
Tuttavia, bisogna ammettere che oggi si sanno molte più cose rispetto al passato, un po’ perché ci sono più testate, un po’ perché quello che non ci viene raccontato da dentro, ci viene sbattuto in faccia da fuori confine, dai giornali italiani
Ora sappiamo che dietro ai governi degli ultimi 15 anni, fino al governo Adesso.sm per intenderci, c’era Confuorti. Il “fantomatico” Confuorti, come lo definì Luca Boschi e poi Roberto Giorgetti, seguiti da tanti altri esponenti di quella maggioranza. Anche dopo l’episodio del Meeting, dove si palesò in maniera eclatante. Confuorti che sembra sparito dalla fine del 2019, ma i suoi adepti stanno ancora lavorando per ribaltare le sorti delle elezioni avvenute a dicembre di quell’anno. Secondo loro non doveva andare così, per questo sono arrabbiati e parlano di “caccia alle streghe”. Invece è una “guerra” vera e propria, che non permette ancora di guardare avanti con serenità e ci costringe a guardare indietro, perché ancora bisogna scoprire molte cose e bisogna capirle.
Retrotopia è l’opposto di utopia: questa guarda innanzi, è rivolta al futuro, quella guarda indietro, è rivolta al passato. “Retrotopia” è anche l’ultimo libro scritto dal celebre sociologo Zygmunt Bauman, che coniò questo neologismo per indicare come la società mondiale stesse ponendo le proprie speranze di un futuro migliore non più guardando in avanti al futuro, bensì al passato.
Piuttosto che di un’utopia a rovescio, come la descrive a sua volta Carofiglio, San Marino ha bisogno dell’analisi del passato e della sua elaborazione, per poter guardare e costruire il futuro. Ben sapendo che, secondo una leggenda ebraica, se bastano 36 giusti a sostenere il mondo, forse per il Titano ne occorre qualcuno in meno. E questo non appare così utopistico.
a/f